Trattare gli operai come pezzi di legno è il privilegio da sempre accarezzato dai padroni delle ferriere. I diktat di Marchionne rompono l’unità sindacale, mettono in un angolo la Confindustria, distruggono lo stato sociale. E il governo delle destre guarda e tace: gongolando
Fiat, lo sciopero è giusto: non c’è democrazia senza rispetto per il lavoro
11-01-2011
di
Luigi de Magistris
Il primo articolo della Costituzione, nata dalla resistenza al nazifascismo, dice che l’Italia è una repubblica democratica fondata sul lavoro. Non vi può essere, quindi, democrazia senza lavoro. Il lavoro è un diritto, addirittura il primo previsto dalla Carta. Il lavoro non è una concessione che offre chi detiene il potere. Chi governa deve creare le condizioni perché il lavoro sia un diritto. La politica ha consolidato un sistema secondo il quale la concessione del posto di lavoro è garantita dai partiti che spesso vanno a braccetto con le imprese. Politica e capitale. Dare il lavoro come concessione, come piacere, diviene un privilegio per il beneficiario – non più persona ma nuovo schiavo – che rimane avvinto da un vincolo di appartenenza con il concedente al quale deve riconoscenza, fedeltà, voto al momento elettorale. Le classi dominanti – responsabili dell’attuale capitalismo senile – che governano hanno realizzato un blocco economico, che è anche sociale e culturale, attraverso la distruzione del welfare e il consolidamento delle privatizzazioni. In assenza di politiche industriali che mirano allo sviluppo, all’innovazione e alla ricerca, la Fiat, in combutta con un Governo sempre più eversivo dell’ordine costituzionale, cerca di imporre un ricatto, al limite dell’estorsione: una delle principali aziende italiane investe e continua a produrre in Italia a condizione che si riducano i diritti dei lavoratori. Il lavoro in cambio dei lavoratori. L’offerta di lavoro con la rinuncia ai diritti: a un salario equo, alla dignità nelle fabbriche, a manifestare il pensiero, a scioperare, a organizzarsi nei luoghi del lavoro. L’operazione di Marchionne tende a consolidare la rottura dell’unità sindacale, annientare il contratto nazionale, scongiurare la democrazia nelle fabbriche. L’operazione della Fiat è organica al disegno autoritario che il Governo sta attuando con la concentrazione del potere e la distruzione dei diritti. La lotta della Fiom e dei lavoratori è lotta per i diritti. La difesa dei lavoratori è salvaguardia della democrazia e tutti i democratici dovrebbero unirsi in questa lotta. Aderire allo sciopero generale è difendere la Costituzione, non lasciare soli i lavoratori in un referendum viziato da un ricatto indecente. E’ amara, ma non sorprende, la spaccatura nel centro-sinistra, una parte di esso è organico al sistema, non vuole il mutamento dei rapporti di forza tra capitale e lavoro, non anela alla ridistribuzione dei redditi e all’abbattimento delle disuguaglianze. Nelle piazze il 28 si devono unire la vera opposizione politica con l’opposizione sociale. Quel giorno potremmo intravedere l’alternativa al berlusconismo, ma anche il superamento di un’opposizione finta e paludata. Il 28 vedremo chi sta con i diritti e chi sta con i poteri, chi sta con i lavoratori e chi con i poteri forti. Lavoriamo per unire le parti deboli dimostrando che esse sono la forza della democrazia.
Luigi de Magistris, oggi europarlamentare IdV, nasce a Napoli nel 1967. Si laurea in giurisprudenza a 26 anni ed entra in magistratura. Lavora per 15 anni come pm presso i Tribunali di Napoli e Catanzaro, occupandosi di indagini delicatissime come Toghe Lucane, Why Not e Poseidone, incentrate sul legame tra politica, massoneria e criminalità organizzata in merito ai finanziamenti pubblici. Trasferito quando le inchieste arrivano a coinvolgere nomi di spicco del mondo politico italiano, lascia la magistratura per dedicarsi alla politica. Nel giugno del 2009, con quasi 500 mila preferenze, entra al Parlamento Europeo come indipendente dell'Italia dei Valori e viene eletto presidente della Commissione Europea per il controllo sui bilanci.