Ricordate quando il Vaticano menò gran scandalo perché Sabrina Ferilli disse che avrebbe fatto uno spogliarello pubblico coram populo se la Roma avesse vinto il campionato? Eh no, sul sacro suolo della Città Eterna non si può, tuonarono le alte gerarchie ecclesiastiche. La squadra del cuore di Sabrina vinse lo scudetto e lei sfilò con la bandiera della Roma e un normale due pezzi. Come una qualsiasi massaia romana sulla spiaggia di Ostia. Molto più castigata di un’ancella di Palazzo Grazioli, molto meno succinta di una velina televisiva.
Ma la Curia insorse con tutti i cardinali in coro e i soliti politici, baciapile per convenienza. Quelli di destra, ça va sans dire, e quelli di sinistra, sempre imbarazzati quando c’è da mostrarsi appena un po’ laici e indipendenti da Santa Romana Chiesa. Ora il sultano libico arriva in Italia, pretende stuoli di femmine ai suoi piedi, le catechizza, ne converte un paio e le obbliga alla consegna del silenzio. Che costa 70 euro a testa. Bisogna essere dei miliardari morti di fame per sganciare simili miserie. Bisogna essere delle autentiche poveracce per accettare. Meglio battere il marciapiede. Basta un’ora per raccogliere di più e salvare la faccia, che almeno non viene sbattuta in prima pagina.
Ma il Vaticano, la Curia romana, i porporati tutti non aprono bocca, non riprovano, non profferiscono verbo. Immagino che il loro silenzio costi molto di più di 70 euro e siano loro a presentare il conto. Ai prezzi che sanno e nei momenti in cui il satrapo italiano, omologo di quello libico, non potrà dire di no. Nel frattempo i padri della Chiesa, che pretendono di essere anche i patrigni delle nostre coscienze, zittiscono quelli che hanno ancora un senso del decoro e un minimo di buon gusto tacciandoli di moralismo. Monsignor Angelo Scola, patriarca di Venezia, patrono degli affaristi di Comunione e Liberazione, dà del moralista al padre paolino don Antonio Sciortino, direttore di Famiglia Cristiana, per aver osato criticare la politica immorale del capo del governo.
Ma dove va questa Chiesa che amministra due morali? Una per i potenti disobbedienti e una per i miti obbedienti. Una per i miscredenti e una per i credenti.
Non ci interesserebbero i due pesi e le due misure del Vaticano, dopo tutto la Chiesa è un’organizzazione privata, se i suoi ministri non si intrufolassero ogni santo giorno nella nostra vita quotidiana con la prosopopea, l’arroganza e l’improntitudine di chi ha la Verità sulla punta della lingua.
Con la pretesa di essere non solo ascoltati ma obbediti pure dai non credenti al pari di una qualsiasi pubblica istituzione. Fa molto male la sinistra a non denunciare queste intrusioni. E perché non le denuncia? Perché anche Pierluigi Bersani è credente devoto ai Meeting di Comunione e Liberazione? Perché i voti dei cattolici contano? Perché il Pd si porta dentro una componente cattolica che non ammette affronti alla religione e sgarbi al papa? Dobbiamo concludere che il papa considera più grave una dichiarazione di laicità pronunciata da un segretario di partito che la proclamazione dell’islam come religione d’Europa da parte di un autocrate nordafricano sul sacro suolo romano? Certo che sì, meglio spartirsi l’Europa con i musulmani che lasciarsela corrompere dal relativismo e dall’agnosticismo.
Il sultano libico atterrato a Roma con trenta stalloni, che pretende cinquecento hostess, non è roba da mille e una notte, ma da Milleduesima notte, il romanzo in cui Joseph Roth racconta del soggiorno a Vienna di un debosciato scià di Persia che pretese di essere sollazzato da una nobildonna viennese e il governo asburgico accondiscese.
Guardando le foto delle poveracce che hanno risposto all’appello in cambio di 70 miseri denari, ragazze belle, alte, taglia 42 e con i tacchi a spillo, ci si rende conto che non tutte le belle ragazze del Bel Paese sono a Salsomaggiore a contendersi la coroncina di Miss italia. Quelle prostrate ai piedi di Gheddafi sono molte di più e molto più avvenenti. Ma perché Patrizia Mirigliani, la patronne dello sfiorito concorso, non ha chiamato a ravvivarlo il gran visir libico al posto di quello sciacquetto di Emanuele Filiberto di Savoia.
Meglio il monarca sorto dal nulla tra le sabbie della Quarta sponda dell’esangue rampollo sabaudo che parla male l’italiano. Almeno lui paga 70 euro per ogni paia di gambe. Mentre il principe dei Saclà sa solo farsi pagare. A pensarci bene, è ancora aperto il problema Sanremo. Se non la conduzione, un’ospitata con le amazzoni e la passerella con costumi sempre diversi. Perché no? Se l’idea è buona, stai sicuro che il suo amico Berlusconi gliel’ha già proposta.
Ivano Sartori, giornalista, ha lavorato per anni alla Rusconi, Class Editori, Mondadori. Ha collaborato all’Unità, l’Europeo, Repubblica, il Secolo XIX. Ultimo incarico: redattore capo a Panorama Travel.