Non sarebbe facile citare appuntamenti istituzionali con la presenza delle più elevate rappresentanze politiche ed economiche nazionali, come quello annuale dello scorso 31 maggio con il governatore della Banca d’Italia. Le sue parole, seguite nella massima attenzione, raramente sottoposte a successive espressioni di non pieno consenso, conferiscono alla sua relazione, specie nelle conclusioni finali, il carattere di lectio magistralis elevata al rango di magistero super partes.
Di fronte a una tradizione così consolidata sarebbe temerario esprimere, e soprattutto dimostrare, una qualche ipotesi di differenziata valutazione. E tuttavia, per la vastità dei temi generalmente toccati dall’allocuzione del governatore, proprio la deferenza con cui vengono generalmente ascoltati, e successivamente commentati, suscita una qualche congettura in forma di legittima riserva mentale.
Il governatore, secondo storica prassi, esprime una valutazione sullo stato dell’arte complessivo del paese, come vertice di una tecnostruttura importante e osservatorio privilegiato del mondo della finanza. Tale valutazione ha tuttavia, storicamente, una specificità: si presenta sempre come una concatenazione di concetti identificati ed esposti accortamente come sequenza di assiomi.
Così accade, come appunto anche nella relazione di fine maggio, che convengano, nel consenso alle parole del governatore, sia il segretario della Cgil come il Presidente del consiglio. Ma proprio tale circostanza può suscitare il dubbio sull’unilateralità di chi presiede (o presiedeva, prima dell’euro) una tecnostruttura importante ma anche coinvolta e corresponsabile, sia tecnicamente sia politicamente, delle vicende analizzate.
Tale unilateralità di visuale si riflette nell’inevitabile individualità del suo pensiero che difficilmente, pur corroborato da presumibili super raffinate consulenze, saprà soppesare comportamenti, scelte ed esigenze di altri settori della vita pubblica che pure, o proprio perché dal mondo del credito dipendono in sommo grado.
È stato scritto e ripetuto anche stavolta (Corsera del 1 giugno) “le parole del governatore sono applaudite da tutti. Il giorno dopo dimenticate da molti”. Ecco perché ci siamo sempre chiesti se nei confronti di questo rito di Bankitalia (dall’euro ormai derubricata quasi esclusivamente a istituto di vigilanza) forse si esprime deferenza ma assai minore riconoscimento di autentica benemerenza.
Pierluigi Sorti, 76 anni, economista, studi all'estero. Dirigente d'azienda e docente esterno universitario in materie aziendali, per circa dieci anni, a Napoli, Urbino e Roma. Promotore di iniziative di carattere sociale, ha collaborato per tre anni, fino alla chiusura, con la rivista socialdemocratica "Ragionamenti". Socialista in gioventù, oggi è un militante PD, già iscritto ai DS dal congresso fondativo (Firenze 1998). Alle “primarie” del 25 ottobre 2009 non ha sostenuto nessuno dei tre candidati alla segreteria del PD.