La Lettera

Per ripulire la democrazia inquinata i ragazzi hanno bisogno di un giornale libero

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È abbastanza frequente che editori della carta stampata chiudano i loro giornali. Anche a me è capitato quando dirigevo “L’Avvenire d’Italia”, e oggi si annuncia una vera e propria epidemia a causa della decisione del governo di togliere i fondi all’editoria giornalistica. Ma che chiuda Domani di Arcoiris Tv, che è un giornale on line, è una notizia …

La Lettera

Domani chiude, addio

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L’ironia di Jacques Prévert, poeta del surrealismo, versi e canzoni nei bistrot di Parigi, accompagna la decadenza della casa reale: Luigi Primo, Luigi Secondo, Luigi Terzo… Luigi XVI al quale la rivoluzione taglia la testa: “Che dinastia è mai questa se i sovrani non sanno contare fino a 17”. Un po’ la storia di Domani: non riesce a contare fino …

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Teatro bene comune per il palcoscenico di dopodomani

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Teatro Municipal - Foto di Elton Melo

“Non si può bluffare se c’è una civiltà teatrale, ed il teatro è una grande forza civile, il teatro toglie la vigliaccheria del vivere, toglie la paura del diverso, dell’altro, dell’ignoto, della vita, della morte”. Parole di Leo …

Inchieste » Quali riforme? »

Il governo Berlusconi non è riuscito a cancellare l’articolo 18, ci riuscirà la ministra Fornero?

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Il governo Monti ha perso il primo round con Susanna Camusso che fa la guardia alla civiltà del lavoro, fondamento dell’Europa Unita. Sono 10 anni che è morto Marco Biagi, giuslavorista ucciso dalle Br. Si sentiva minacciato, chiedeva la scorta: lo Scajola allora ministro ha commentato la sua morte, “era un rompicoglioni”. Rinasce l’odio di quei giorni? Risponde Cesare Melloni, …

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90 anni fa nasceva il PCI. Qualcuno era comunista: io lo sono stato e non me ne vergogno

23-06-2011

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Sono stato un pasdaran della svolta dell’89. Lo sono stato in perfetta continuità con ciò che avevo imparato nel PCI. Già. Proprio così. Nel momento in cui, con la fine della guerra fredda, cambiavano radicalmente le condizioni per condurre le antiche battaglie di libertà e giustizia sociale si trattava di cambiar passo assieme al mondo che cambiava. A costo d’intraprendere una lunga traversata del deserto.

Sono trascorsi novanta anni da quel giorno del 21 gennaio 1921 a Livorno. Ma il PCI che incontrò la mia generazione nacque dopo. A Salerno. Cosa fu il “partito nuovo” di Togliatti se non il disegno di interpretare il mondo nuovo che usciva dalla fine della seconda guerra mondiale portando all’azione politica grandi masse di popolo fino ad allora tenute ai margini della storia? Azione politica sorretta da una visione del mondo che si rimetteva in movimento. Capacità di reinventare un partito,che non volgesse le spalle alle ragioni esistenziali della sinistra, entro un intreccio di limiti, confini ferrei ma anche potenzialità.

Un partito nuovo. Comunista e italiano. Strumento e mezzo efficace per tener ferma la barra dell’emancipazione del mondo del lavoro. Sua missione irrinunciabile e, a un tempo, sua base di crescente e allargato consenso sociale. Vedi alla voce, gramsciana, di egemonia. In seguito condannata da un provinciale riformismo dimostratosi alla prova dei fatti imbelle e culturalmente subalterno alla deriva neoliberista durata ben cinque lustri. Ma questa è un’altra storia. Quella di un ceto dirigente in fuga disordinata. Quando non in cerca d’autore. Storia e cronaca spesso segnate da una propensione all’accattonaggio costituito da una irresistibile ansia di legittimazione “democratica”. Dimenticare il PCI e insieme…. sé stessi. Altra epoca ancora.

Cosa fu il tanto spesso vituperato compromesso storico di Enrico Berlinguer, se non il tentativo di forzare la camicia di forza del bipolarismo cercando un’ardua terza via che di fatto, pur nel suo cruento fallimento, con l’assassinio di Moro, anticipò la crisi del mondo diviso in blocchi? Berlinguer fu sempre alla ricerca di un nuovo paradigma culturale e sociale di cui avvertiva, dolorosamente, l’urgenza ai fini di offrire una prospettiva e uno sbocco politico alle lotte del passato. Guardava al mondo stretto in quella morsa e cercava- mi si passi il termine – “d’allearsi con la storia” ai fini d’influenzarla rinnovando il proprio campo, rendendolo più ricco e articolato e “mondano”. E dunque “offensivo”. Non a caso guardava con interesse e speranza proprio a quella “soggettività” (non è una brutta parola) che si è tornata ad esprimere, ben al di là dei confini costituiti dai partiti, il 12 e 13 giugno scorsi. Da qui l’attenzione ai movimenti dei giovani e delle donne. Da qui, anche -per dirlo nel gergo militare d’un tempo- le “battaglie d’arresto”. Difensive, ma obbligate: dalla scala mobile alla presenza davanti ai cancelli della Fiat.

Sullo sfondo, la consapevolezza di dover porre mano ad una riforma nel modo d’essere del PCI per aprirlo al contributo di settori della società che tendevano a costituirsi trasversalmente come “nuovi soggetti politici”.

E così, nel 1989 alcuni di noi cercarono la strada per uscire da ciò che si profilava come un’impasse storica immaginando la costruzione di una nuova sinistra sulla scorta di una ricerca già avviata. Nel PCI.

Nessuna visione gattopardesca, però. In noi (o almeno in alcuni di noi) era chiara la necessità di sbarazzarci di antichi vizi, rituali anacronistici, rigidità oligarchiche sedimentate nel corso del tempo, logiche di potere interno (il famoso gruppo dirigente) coltivate a lungo entro la rendita di posizione acquisita in lunghi anni d’opposizione che scontava ormai anche un alto tasso di consociativismo politico con tutti i rischi connessi. Roba vecchia.

Adesso, è nato un altro “partito nuovo”. Così fu furbescamente definito nel 2007 il PD. Tanto per indorare la pillola ai militanti più anziani, i quali risultano alla fine determinanti nei voti congressuali. Un po’ come lo SPI nella CGIL. Senonché il leader storico più citato nei discorsi dei maggiori dirigenti del PD fu subito e ancora resta De Gasperi. Qualcosa vorrà pur dire.

Quand’ero bambino nella mia famiglia, di poveri braccianti, si canticchiava ancora un motivetto : “con De Gasperi alla testa non si mangia la minestra…”. Storicamente ingeneroso, naturalmente. E rozzo assai. Ma allora la Celere sparava sui braccianti. Prova ne sia che mia madre diciassettenne fu –cito a memoria dal verbale dell’epoca-“attinta sotto la spalla destra da un proiettile calibro 9 parabellum” che si fermò nei pressi del fegato. Dall’alto (della camionetta) verso il basso. Evidentemente. Correva l’anno 1948. Era il 14 luglio. Eh vabbè. Un semplice rimbalzo, fu stabilito nel corso del frettoloso processo, contro il parere dell’onesto chirurgo di campagna che aveva rimosso il proiettile intatto.

Roba del secolo scorso. Un’altra Italia. Già. C’era il PCI, di cui l’autore di questi sparsi pensieri ancora non si vergogna. Nonostante l’impegno profuso nel superarlo.

Mauro Zani è stato segretario provinciale del PCI e del PDS di Bologna dal 1988 al 1991. Deputato dal 1994 al 2004, poi eletto al Parlamento europeo. Non ha mai aderito al Partito Democratico: nel 2007, all'ultimo congresso dei Ds, fu tra i promotori della mozione n.3 insieme a Gavino Angius e Gianfranco Pasquino. Il suo blog è http://maurozani.wordpress.com
 

Commenti

  1. Daniele Patelli

    Chi ha aderito al PdS cancellando una memoria storica e decine d’anni di sacrifici e di morti martiri non è altro che un traditore e affronterà il giudizio del proletariato a tempo e a luogo, altro che mozione 3!

  2. Angelo Tumino

    Solo in parte d’accordo con pagelli. Un certo tradimento c’e stato, soprattutto alle lotte dei nostri genitori. Sono sicuro che sua madre si e’ beccata il proiettile non certo per il partito nuovo di Togliatti, forse solo perche’ lottava per una societa’ diversa. In un commento il discorso sul comunismo sarebbe molto lungo e, non esito ad ammetterlo, difficile. Mi sembra evidente, pero’, che il passaggio dal Pci al PDS ecc. Non e’ stato altro che il passaggio dal padrone sovietico (stalinista) al padrone americano. Padrone quest’ultimo non sinonimo di libertà’, come pensa quell’emerita nullita’ imbecille di Veltroni, ma l’America iperliberista. Troppo facile pensare che solo lei era comunista, e tutti gli altri? sintomatica e’ la vicenda di Bologna dopo decenni di amministrazione comunista (del pci), prima rossa comunista poi rossa di vergogna. Qualcosa di marcio doveva esserci nel vostro modo di essere comunisti…

  3. Angelo Tumino

    Patelli non Pagelli, chiedo scusa.

  4. mauro zani

    Giudizio del proletariato? L’ho già sentita questa quando le Br ammazzarono il “traditore” Peci e l’operaio comunista Rossa, e Moro nel corso di un’operazione ancora oggi oscura perchè mai chiarita dagli assassini.
    Comunque , “a tempo e luogo” dove e quando vuoi ti aspetto. Non è difficile trovarmi. Su, che aspetti? vieni caro, vieni….

  5. Lorenzo

    Ritengo che allora si chiuse troppo in fretta l’esperienza storica del PCI.Purtroppo allora la classe dirigente del partito non fu all’altezza di elaborare una strategia nuova per il “nuovo” che avanzava.I fatti odierni dimostrano come ancora nel mondo ci sia bisogno di comunismo.

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