Col passo riguardoso di Scilipoti, gira attorno ad Obama come uno scolaretto al quale il maestro ha negato l’incontro: quel “no” della Casa Bianca al colloquio bilaterale Italia-Usa ai margini del G8. Con Cameron aveva giocato a ping pong, risate e colazione assieme a Carlà (“dolce attesa”) e Sarkozy, sfilata nella galleria dei fotografi con i leader europei che contano. Povero signore di Arcore escluso. E B cerca la rivincita dopo aver spiegato al fotografo l’immagine da immortalare: mano sulla spalla, amicizia da sfoderare nelle ultime ore del ballottaggio. Per fortuna Obama incontra Napolitano a Varsavia e finalmente capisce dall’inglese sciolto del capo dello stato cosa succede nel nostro sventurato Paese
Gli ultimi due minuti del Cavaliere
27-05-2011
di
Ippolito Mauri
È un sentimento nuovo eppure ne ha diritto: la compassione per Berlusconi smarrito fra i grandi con l’aria del parente povero fuori posto al summit di chi decide il destino del mondo. Non si rassegna all’esclusione: quel “no” della Casa Bianca al faccia a faccia con Obama impegnato a discutere di cose serie con le persone che ritiene serie. Al Cavaliere che bacia Gheddafi e poco dopo lo bombarda non sa proprio cosa dire, ma il Cavaliere non si rassegna. Mentre Sarkozy osserva l’orologio e piega il microfono per dar voce il summit, B gironzola attorno al signore della Casa Bianca, abbronzato, come sempre. Spiega al suo fotografo (mimica perfetta) come pretende l’immagine da spargere nelle Tv alla vigilia dei ballottaggi. E si avventa su Obama pronto al discorso. Gli abbraccia le spalle: “How are you, mister president?”, briciole di una lingua sconosciuta che prova a balbettare. Le altre parole sono farfugli. Allora Barack si alza per invocare una traduttrice che il Berlusconi prêt–à–porter ha già messo in allarme. Mentre la signora traduce le malversazioni dei giudici della sinistra che perseguitano la guida suprema del governo di Roma, lo sguardo dell’inquilino della Casa Bianca non nasconde lo sbalordimento. Di cosa sta parlando? I lettori sono pregati di rivisitare con spirito benevolo le sequenze dell’agguato, soprattutto l’espressione del nostro presidente. Desolata. Sa di avere i secondi contati e di non poter sciogliere la sorpresa dell’interlocutore bramato al quale aveva riservato una barzelletta doc. Mentre l’interprete traduce, il Cavaliere osserva Sarkozy: impaziente, sbuffa, guarda l’orologi: cos’è questo fuori programma? E il panico lo distrugge. Pallido senza il cerone delle riprese Tv, ancora non sa che le televisioni del circuito chiuso stanno raccogliendo lo sfogo segreto. Meno di due minuti dopo una vita dedicata ai traffici col potere, diciamo la verità: un’ingiustizia della storia. Ore e giorni a corteggiare Licio Gelli e Umberto Ortolani trascinati nei sotterranei di Milano Tv (nonna di Mediaset) dove le telecamere del condominio Milano 2 tradivano la povertà di un imprenditore indebitato, ambizioni frustrate di chi voleva mettersi in concorrenza con la Rai. Ore e giorni ad imbandire tavole prelibate agli ospiti che lo rassicuravano: “Tranquillo, i soldi sono in Svizzera” (diario di Mino Pecorelli, giornalista P2 assassinato mentre stava per dare alle stampe un dossier su Andreotti). Giorni e mesi col Craxi presidente il quale firma il decreto che gli concede le dirette televisive rompendo il monopolio di stato come voleva la P2. Mesi e anni ad inseguire la politica dei politici che decadono costringendolo ad inventare il partito azienda in marcia verso palazzo Chigi. Mesi e anni a trasformare gli ufficiali delle Fiamme Gialle che hanno scoperto strani depositi bancari nei paradisi fiscali, in onorevoli senatori e onorevoli deputati fedeli come sguatteri alle sue parole. Ore e ore in Tv ad urlare contro chi fa rispettare le leggi o le regole della par condicio; anni per dormire nel letto regalo di Putin, anni per esibire l’amicizia col primo ministro Tony Blair, quel viaggio nella Sardegna dei vip con la bandana che copre la crescita mal riuscita dei capelli. Improvvisamente, appena due minuti. L’indifferenza frettolosa dell’ultimo appiglio è la delusione che lo affloscia. Torma al posto con occhi vuoti. Due minuti, una mostruosità: deve inventare qualcosa per trasformare la disfatta in una specie di trionfo. E un pensiero lo consola: i giornalisti a libro paga sanno sempre come confortarne il morale. Noi che non lo amiamo dovremmo essere contenti, invece no. Il Cavaliere proverà a resistere ma il film-verifica dell’imbroglio del mito di un’Italia riportata fra le grandi del mondo, imbroglio al quale non credevamo eppure consolava la desolazione sapendo che anche i grandi erano caduti nella trappola del nostro Bertoldo, questa verifica ci fa capire di essere proprio gli ultimi a dargli fiducia. Non tutti, ma tanti con diritto ad accesso Tv. L’altra sera da Santoro, la sera prima non so da chi, domani sera chissà con chi, Maurizio Lupi, vice presidente della Camera – Comunione e Liberazione – “figlio di un operaio, cresciuto nella periferia di Milano”, credente scrupoloso, famiglia dal cristianesimo trasparente, difendeva il Cavaliere come un figlioccio indignato. Da cosa e da chi non riesce mai a spiegarlo. Bisognerebbe sapere chi ha ragguagliato Obama per combinargli un incontro.