Ore difficili ad Haiti, dopo la tensione per la proclamazione dei risultati elettorali parziali di legislative e presidenziali del 28 novembre. Il colpo di scena arriva a tarda sera del 7 dicembre (3 del mattino dell’8 in Italia), quando il Cep (Consiglio elettorale provvisorio) pubblica i risultati provvisori: in testa Mirlande Manigat al 31,37 % e al secondo posto Jude Célestin (22,48%), il candidato del partito Inite del presidente René Préval. Escluso dal ballottaggio per una manciata di voti (6.800 su 811.000 totali) sarebbe Michel Martelly, detto “Sweet Mickey” noto cantante di kompa, che ha un largo seguito tra i giovani e sembrava favorito.
Risultato che non corrisponde con quello del Consiglio di osservatori indipendenti, che dava Manigat e Martelly al ballottaggio. I sostenitori del cantante mettono a ferro e fuoco il Paese. Port-au-Prince è bloccata, pneumatici dati alle fiamme, lanci di pietre e barricate. A Pétion-Ville (comune limitrofo) gli sfollati del campo di piazza Saint Pierre sono dovuti scappare. Manifestazioni si sviluppano anche in diverse città di provincia, mentre l’aeroporto internazionale di Port-au-Prince è stato chiuso. Una cooperante italiana raggiunta per telefono a Delmas dice:
Siamo chiusi in casa e vediamo i fuochi sul corso qui a finaco. Neppure il guardiano notturno ha voluto tornare a casa sua. Le strade per Pétion-Ville sono tutto bloccate e temiamo che lo restino per giorni.
Fino dalla preparazione delle elezioni ci sono state difficoltà. L’Ufficio nazionale di identificazione (Oni), aveva recensito circa 4,6 milioni di nomi, senza però tener conto dei decessi a causa del sisma. Per votare è necessaria della carta d’identità, ma gran parte della popolazione non la possiede, così a pochi giorni dal voto si sono create lunghe code per ottenerla, spesso in vano.
Il 28 novembre, giorno delle consultazioni elettorali, i malfunzionamenti e le frodi massicce superano le previsioni. Le irregolarità vanno dalla totale disorganizzazione, alla propaganda continua anche durante il voto, alle liste elettorali incomplete. Molti elettori provvisti di carta non sono riusciti a votare, perché il loro nome non è segnato. Altri perché non hanno ottenuto la carta d’identità. La partecipazione finale sarà sotto il 20 per cento, nonostante in molti avrebbero voluto votare.
Voti multipli, intimidazioni e violenze, seggi saccheggiati e dati alle fiamme, schede elettorali ed urne e rubate e poi restituite piene di voti “preparati”. Molti eventi si verificano nell’immobilismo della polizia nazionale e delle forze della Minustah. Almeno due sono i morti. Secondo la Rnddh (Rete nazionale per la difesa dei diritti umani), se è vero che diversi partiti hanno partecipato ai brogli, «è il partito Inite il principale autore di frodi massicce e atti di violenza sistematici, in tutto il Paese».
Ma mentre la Minustah si affretta a dichiarare: «Secondo gli osservatori internazionali, le irregolarità constatate non sono considerate sufficienti a invalidare il processo elettorale», in evidente contrasto è la considerazione del segretario generale dell’Onu Ban Ki-Moon: «Le irregolarità che hanno segnato le elezioni ad Haiti sembrano più serie di quanto inizialmente descritte».
Il pomeriggio stesso, 12 candidati alla presidenza avevano chiesto l’annullamento della consultazione, a causa dei brogli constatati a favore del candidato di Inite. Ma il giorno successivo Mirlande Manigat e Michel Martelly, si dissociano dal gruppo, in quanto «in possesso di nuovi elementi», che danno loro la speranza di passare al secondo turno. Negli stessi giorni, a Port-au-Prince, sono insistenti le voci di un negoziato segreto dell’Onu con i due candidati, la cui presa di posizione sull’annullamento avrebbe fatto saltare il processo elettorale.
Subito dopo la pubblicazione dei risultati parziali, solo l’ambasciata Usa fa una dichiarazione sibillina, dicendo che gli Stati Uniti sono pronti a «supportare gli sforzi per una revisione delle irregolarità al fine di ottenere risultati elettorali che corrispondano alla volontà espressa dal popolo haitiano attraverso il voto».
Marco Bello è giornalista e fotografo, dal 1992 si occupa di America Latina e dal '98 di Africa e di cooperazione internazionale. Arrivato ad Haiti per la prima volta nel 1995, vi ha poi vissuto e lavorato al settimanale in lingua creola "Libète", legato ai movimenti sociali haitiani. Oltre a Port-au-Prince, ha vissuto anche a Parigi, in Burundi e in Burkina Faso. Nel 1999 ha vinto il premio giornalistico internazionale "Lorenzo Natali" con il collega Paolo Moiola.