È cambiato il sindaco di Mosca, come sapete. Per 18 anni il padrone della città era stato Luzhkov; in realtà, come in ogni buona famiglia russa, comandava la moglie, “la Baturina”, reginetta incontrastata del business immobiliare. Finalmente il nuovo avanza, il ricambio è alle porte, l’ignoto incombe. Ora il sindaco è Sobyanin. Bene: finalmente dopo anni di immobilismo, si sveglieranno, si renderanno conto che la città è un disastro, non si respira per l’inquinamento, il traffico è caotico (non immaginate quanto), un sacco di vecchietti dormono nei sottopassi della metro.
Leggo sul Moscow News che il primo problema affrontato è stato quello della vendita dei ritratti del primo cittadino moscovita. Sembra che la gente abbia fatto a pugni per comprare la sua foto da esporre in casa come venerata icona. Ora, nei negozi sono sold out, finite, terminate. Pare che su Internet vi sia un mercato nero a prezzi esorbitanti (fino a 6 mila rubli). Un tempo il mercato nero riguardava il pane ora tocca alle foto del sindaco e alle borse di Louis Vuitton. Presa da morbosa curiosità sono andata a vedere chi è questo adone, questa bellezza locale. Perbacco tanta confusione per questo ometto brizzolato, occhi un po’ orientali, viso un po butterato? Va bene che qui i sindaci, se sopravvivono, rimangano sulla poltrona per decenni e la foto diventa un investimento a lungo termine ma un poster di qualche bel ragazzo dai capelli biondi e lo sguardo profondo, dov’è?
Controllo Passaporti
Qui il nostro beneamato ministro della funzione pubblica ci sguazzerebbe. Brunetta avrebbe una montagna di dipendenti da licenziare, costi da tagliare, pubblica amministrazione da riformare. Non c’è nulla da dire, questa è la patria della burocrazia. Per venire in questo paese ogni volta, e dico, ogni volta bisogna fare un visto. Devi portare documenti, compilare moduli, giurare di tutto e di più, pagare bolli. Una fatica. Poi finalmente hai il tuo bel visto. Arrivi a Mosca al controllo passaporti.
Non so se sono io sfigata ma sempre, prima di me, arriva un volo, che dico, un container pieno di orientali, tanti, tanti, e piccoli e tutti sanno di aglio. Io mi trovo immancabilmente in fila con loro. Mi posiziono correttamente dietro l’ultimo ma chissà perché rimango sempre in fondo, tutti mi passano avanti. Rispetto delle file pari a zero. Dopo ore (non scherzo) di coda tocca a me passare dal gabbiotto del poliziotto. Si vede subito che sei nella vecchia Unione Sovietica. Un bugigattolo triste, male illuminato, tutto incerottato.
Il poliziotto ti guarda con lo sguardo spento, una vita dedicata ai timbri, non so se mi spiego, e poi digita sul computer, ti riguarda e digita ancora. Ti guarda ancora e ridigita. Poi chiede qualcosa in russo (ma perbacco, siamo al controllo passaporti, una parola di inglese, la possibilità di ritrovarsi di fronte uno straniero è cosi strana?). Poi ti riguarda e ridigita. Ma li hanno informati che la guerra fredda è finita? Che è caduto il muro di Berlino? E che visto che sono italiana un privilegio ce lo avrò pure visto che Berlusca e Putin sono culo e camicia?
Fiorellino
Anche andare alla toilette qui è complicato. Sono al ristorante, mi alzo per andare in bagno e mi trovo due porte con degli strani simboli. L’impossibile alfabeto cirillico… Uno sembra un fiorellino, l’altro uno scarabocchio. E ora? Dove entro? Potevano pensare anche a noi povere fanciulle straniere. Che ne so, su una porta disegnare due baffoni e sull’altra una coda di cavallo oppure su una un pistolino e sull’altra due tettine.
Aspetto indecisa. Finalmente arriva un’altra signorina che in russo mi dice qualcosa. Io sorrido da deficiente, come al solito, poi questa si mette correttamente dietro di me. Oh no, si è messa in fila e la scelta della porta spetta sempre a me. Allora con un sorriso le faccio cenno di passare che io ero lì per caso. Vada, vada. E lei imbocca la porta del fiorellino. Avrà pensato che queste straniere sono gentili senza sapere che nel frattempo me la stavo quasi facendo addosso.
Le donne russe
Noi comuni mortali lottiamo con il grasso superfluo, con le doppie punte con la subdola cellulite. Loro no, sono degli OGM, Organismi “Gnoccamente” Modificati.
Le donne russe sono alte, magre-magre-magre, con occhi azzurri, capelli biondi, gambe lunghe-lunghe-lunghe e poi sono sempre giovani. Non invecchiano mai, hanno tutte solo 25-30 anni. In circolazione donne normali, di 45-50 aani, non se ne vedono: o sono tutte morte o sono state spedite in Siberia o molto più probabilmente sono “recluse” in casa a cucinare zuppa di cavolo tutto il giorno.
Normalmente queste OGM hanno una faccia angelica, ammiccante piena di promesse indecenti e molto rassicurante. Sfido che poi tutti gli uomini guardandole abbiano quello sguardo stralunato e quel leggero filo di bava che scende dalla bocca. Non c’è storia, non c’è competizione. Noi, anche negli anni d’oro (tanti anni fa) non avremmo potuto competere con loro minimamente. Ci sarebbero serviti altri 50 cm di gambe, 10 Kg in meno, magici fluidi per i capelli e qualche pensiero un po’ più osé.
Qui le OGM non camminano, ma volano su tacchi che sfidano la forza di gravità, non hanno gonne ma micro-fascie per coprire a malapena le vergogne. Sono soavi, leggiadre, sembrano senza problemi, sorridono sempre. Brutta bestia l’invidia.
E i loro uomini
Vi siete mai chiesti perché il dottor Zhivago è interpretato da Omar Sharif (egiziano), perché l’ispettore russo di “Gorky Park” è William Hurt (americano) e per non farci mancare nulla è Sean Connery (scozzese) ad interpretare il comandate in “Caccia ad ottobre rosso”? Semplice, gli uomini russi sono brutti, anzi a pensarci bene, orribili.
Girando per Mosca non ho ancora visto un signore almeno così così. La tipologia è molto scarsa: modello sovietico: omone grande e grosso, pancia enorme, viso rubicondo, capelli pel-di-carota ed espressione da “vodka-dipendente”. Abbigliamento casual (ma tanto casual) con immancabile giubbettino beige modello Ahmadinejad, camicia a fantasia improbabile color “cane che fugge” e mocassini marroni.
Oppure modello mafioso: magro, quasi scheletrico (genere Fassino), sguardo torvo, capelli neri impomatati, rigorosamente vestito di nero (nero frusto, aria un po’ sporchina). Sulle nocche evidenti tatuaggi e anello vistoso segno di qualche appartenenza strana. Oppure modello modaiolo-arricchito: l’aspetto fisico non è importante il must è l’abbigliamento rigorosamente firmato e mono-marca per cui potete ammirare l’uomo-Prada, l’uomo Dolce&Gabbana, l’uomo-Gucci. Qui il più comune è l’uomo Michelin.
Daniela Miotto insegna a Torino, dove vive quando suo marito non la trascina in giro per il mondo. Attualmente abita a Mosca senza conoscere una parola di russo. Sbircia il mondo a volte senza capirlo, ma è convinta che curiosare sia una delle attività più stimolanti e divertenti che si possano fare