Tutto quello che leggi sui giornali è assolutamente vero, a parte i rari casi in cui hai una conoscenza diretta dei fatti (Erwin Knoll)
Io ad Adro ci vivo e a Domani avevo scritto, in tempi non sospetti, del problema della mensa e dell’autobus: sono passate una manciata di settimane, ma i tempi erano altri. Per parlare di Adro ora si dovrebbe ripartire dai fatti.
I fatti sono pochi e chiari: per circa due anni qualcuno non ha pagato la mensa e alcuni nemmeno l’autobus. Effettivamente, alcuni bambini a scuola in autobus non sono più venuti: hanno fatto a piedi il chilometro circa che serve per arrivare alle aule. Dopo Pasqua il sindaco ha chiesto che i bambini delle famiglie insolventi non usufruissero della mensa, minacciando di non far trovare il pasto per chi non avesse regolato i conti. Di fatto, mai nemmeno un coperto è stato tolto dalle tavole.
Da parte del dirigente scolastico, della gestione della mensa e del Comune è stato messo in atto un silenzioso tentativo di mediazione. Non si sa come sarebbe andata a finire, perché è capitato il colpo di bacchetta magica che ha trasformato i protagonisti in rospi: l’intervento dei media. Una lettera a un quotidiano locale, la telefonata alla redazione del tg regionale, la richiesta di intervento delle tv commerciali. Ed è iniziato il rodeo.
Chi non pagava ma poteva permettersi la spesa si è affrettato a correre ai ripari e ha saldato il debito, gli altri no. Non tanti: una ventina di famiglie. A quel punto, però, le telecamere erano puntate, i riflettori accesi e l’entità esatta del debito non è più stata una questione, le modalità della gestione del recupero dei crediti nemmeno. E’ partito il derby nativi contro immigrati. Il gesto dell’ex-anonimo benefattore è caduto in questa sciagurata congiuntura ed è finito nel tritacarne. Si sono rotte le cataratte della dignità, è scattata la valvola della guerra tra poveri. Le mamme, incolte da una parte e analfabetizzate dall’altra, hanno digrignato i denti e i giornalisti hanno trovato una mangiatoia alla quale cercare di appagare i loro istinti più bassi, usando come grimaldello la loro arma preferita: la sintesi. Purtroppo, hanno applicato la sintesi ai fatti, dove sarebbe servita l’analisi, e hanno usato l’analisi sui principi astratti, dove serviva la sintesi. I fatti sono spariti e le speculazioni hanno dilagato. Tutti hanno iniziato a pontificare, che ne sapessero qualcosa o meno. Si sono analizzati torti e ragioni senza badare alle necessità, se non troppo tardi, quando è stato necessario appellarsi a quelle nazionali della crisi e non a quelle specifiche del contesto.
Visto da qui, l’esito è stato uno solo: il sindaco leghista, già eletto (al suo secondo mandato) con un 60,2% dei voti (maturato grazie a una politica già ben chiara), ha visto i suoi consensi schizzare verso l’alto, spianando la strada alla sua carriera politica provinciale. Già, perché alla fine era questo uno dei grandi interessi in gioco: in una provincia che di sindaci leghisti al capolinea del secondo mandato ne ha già tanti, prendersi visibilità è determinante per avere qualche garanzia in più di trovare un’altra poltrona. Direi che Oscar Danilo Lancini si è messo in tasca qualche certezza e può ringraziare tutti quelli che hanno pensato di scavargli la fossa. Ogni volta che ha fatto la figura dell’intransigente razzista, le sue quotazioni in loco hanno spiccato un balzo in avanti. Perché questa è la realtà, ma nessuno s’è preso la briga di capirla. Era un giochino troppo bello organizzare la corrida tra italiani ed extracomunitari davanti ai cancelli della scuola per domandarsi quali sarebbero state le conseguenze di un gratificante servizio in onda sui telegiornali o nelle trasmissioni in prima serata.
Un altro effetto taciuto sono state le conseguenze sui bambini: piccole ronde e modesti pestaggi (adeguati all’età tenera dei protagonisti) contro i “marocchini” (fossero nordafricani o asiatici, l’appellativo resta invariato) che se pure erano stati compagni come gli altri per anni, grazie alla rabbia scatenata nelle mamme e alle immagini della tv, sono diventati antagonisti.
La mensa di Adro non ha mai fatto mancare un pasto, a differenza di altre mense che hanno fatto molta meno notizia. Ma far scattare la scintilla ad Adro è stato molto più facile e scaldarsi le mani al rogo anche, senza badare a chi mettesse la pelle per alimentare la fiamma. In molte aree di provincia c’è tanto da fare per la promozione di un’etica vera e di una cultura aggiornata, ma è più facile se i professionisti dell’informazione non vengono qui a fare i loro affari (tra l’altro sfruttando l’immagine e le parole di minorenni).
Dimenticavo, di conseguenze ce ne sono altre: davanti alle telecamere si sono esposti in tanti e le conseguenze non mancheranno per loro. Il territorio è piccolo, tutti si conoscono e chi ha dei conti da regolare davvero lo sa fare in silenzio.