Luigi De Magistris ha lasciato la toga. Oggi, eletto al Parlamento europeo nelle liste IdV, guarda l’Italia da Bruxelles. Ascolta giudizi e impressioni dei parlamentari di altri paesi. Cosa pensano di noi?
Vi sono deputati europei che conoscono molto a fondo l’Italia, sono bene informati e vanno al di là delle apparenze, riuscendo a fare un’analisi approfondita. Il filone di pensiero che predomina è l’identificazione Italia-Berlusconi. Un po’ come una volta poteva essere Italia-mafia o Italia-spaghetti. Una domanda ricorrente che viene posta è: come mai gli italiani, benché si sappia quasi tutto di Berlusconi, continuano a votarlo? L’immagine del nostro paese, dunque, è molto negativa. Però accade un fenomeno curioso, che mi ricorda l’atteggiamento verso i meridionali emigrati al nord: c’è un pregiudizio negativo, ma quando dimostrano di essere meridionali di valore vengono apprezzati più degli altri. Stessa cosa accade in Europa. Ho notato che l’intera realtà delle istituzioni europee, quando incontra italiani di valore che si impegnano indipendentemente dalla bandiera politica, mostra un apprezzamento molto forte. È incoraggiante perché significa che c’è un riconoscimento dell’importanza dell’Italia. Perciò l’attuale decadenza italiana è qualcosa che rattrista non solo noi italiani “non berlusconiani” e “non castali”: c’è anche una stragrande maggioranza di europei che vorrebbero un’altra Italia. Ho colto ad esempio l’imbarazzo palpabile dei deputati del PPE costretti a schiacciarsi sulle posizioni berlusconiane, in occasione della risoluzione sul pluralismo e la libertà dell’informazione. Questa situazione non potrà durare a lungo, perché l’Europa non può permettersi di essere condizionata da Berlusconi.
In che senso “non può permettersi”? Pensa che l’Europa cercherà di intervenire nella nostra politica interna?
Segnali di questo tipo ci sono. Il quadro è in movimento. Non è un caso che, specie dopo gli scandali delle escort e le frizioni tra il Governo e le gerarchie ecclesiastiche, in Italia vi sia oggi un riposizionamento dei poteri forti verso il cosiddetto “terzo polo”. Segnali ce ne sono, ad esempio, sulla questione dei fondi europei: l’Italia sta al primo posto per la violazione della normativa sulla gestione dei fondi. Io peraltro ho un destino un po’ strano: come presidente della commissione per il controllo dei bilanci mi sto occupando delle stesse cose di cui mi occupavo da magistrato… Mi accorgo della posizione molto severa della Commissione europea verso le nostre politiche dell’immigrazione: la violazione del diritto d’asilo, la pratica dei respingimenti indiscriminati. Insomma: non tira una buona aria per l’Italia. Berlusconi continua a dire che chi sostiene queste posizioni è un “anti-italiano”. In realtà è esattamente il contrario: noi chiediamo semplicemente all’Europa un aiuto per liberarci di questa pessima immagine dell’Italia all’estero.
Lo scorso 1 dicembre sono entrati in vigore il Trattato di Lisbona e la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. Quali sono, dal suo punto di vista, le luci e le ombre di questo passaggio istituzionale? Paolo Barnard, per esempio, riferendosi in particolare ad alcuni protocolli aggiuntivi, ha definito il Trattato di Lisbona un “colpo di stato”. La nuova Carta introduce però anche nuovi strumenti di democrazia partecipata, come la possibilità di presentare alla Commissione proposte di legge sottoscritte da almeno un milione di cittadini europei.
Il Trattato di Lisbona è un passo indietro rispetto alla Costituzione europea. Però è anche un passo avanti importante per chi ha a cuore la democrazia, e con essa un ruolo sempre più forte dei parlamenti. Noi fino ad oggi abbiamo discusso di istituzioni europee sapendo che i manovratori erano i governi nazionali. Adesso invece, su diverse materie fondamentali, il Parlamento condivide maggiormente le decisioni con il Consiglio d’Europa e la Commissione europea, assumendo così un ruolo centrale. È chiaro che bisogna fare ancora molti passi avanti. Il Trattato di Lisbona mi sembra povero, per esempio, rispetto a quello che io chiamo lo “stato sociale di diritto”: le garanzie del welfare, la tutela dei più deboli, le politiche del lavoro. C’è ancora una forte impronta liberista e sono necessari miglioramenti per quanto riguarda i pericoli legati agli interventi militari. L’Italia dei Valori ha presentato due provvedimenti secondo me importanti: bandire le armi nucleari entro i prossimi dieci anni e aggiungere ai crimini contro l’umanità l’aggressione di uno stato nei confronti di un altro. C’è bisogno di una politica estera e di difesa comune dell’Europa. E’ chiaro che l’obiettivo finale deve essere quello di un pacifismo senza armi, ma non è immediatamente raggiungibile. Io immagino una Europa che va dal Portogallo alla Russia. Ciò avrebbe una conseguenza importante: il superamento della Nato. Questo sarebbe già un grande cambiamento, che consentirebbe di evitare in futuro provocazioni come quella dello scudo spaziale di Bush, che pretendeva il posizionamento di missili ai confini tra l’Europa e la Russia. Anche sui diritti individuali vi sono aspetti che vanno migliorati. Penso che si debba essere più netti sulla definitiva abolizione della tortura. Su questo punto presenterò una mozione nei prossimi giorni. Sulla pena di morte anche la recente risoluzione sugli spazi di libertà e di giustizia in Europa (Programma di Stoccolma) conferma un atteggiamento di totale chiusura. Mentre sulla tortura permane invece qualche ambiguità di troppo: dire che “non si tollerano le torture” è poco. Detto questo, considerando i tempi della politica europea, credo che complessivamente si siano fatti dei passi avanti.
Riguardo alle prospettive future dell’Unione, oltre all’allargamento ad est da lei auspicato, che destino avrà la visione euromediterranea dell’Europa? Che rapporto dovrebbe svilupparsi, secondo lei, tra l’Europa e i paesi affacciati sul Mediterraneo?
Faccio parte del gruppo euromediterraneo. Credo che l’Europa debba avere buoni rapporti non solo con gli USA, con la Cina e l’India ma, dal punto di vista politico, anche con l’area mediterranea. L’Italia dovrebbe aver tutt’altra politica rispetto a quella di un’asse con Gheddafi, fondato sugli affari (come la costruzione di lager per i migranti o la realizzazione di opere pubbliche nelle quali lavoreranno le solite famiglie di imprenditori legati alla politica). C’è poi il problema della Turchia. E c’è il problema della missione in Afghanistan, rispetto alla quale l’IdV si è astenuta: personalmente avrei votato contro, coerentemente con l’articolo 11 della Costituzione italiana. Stiamo mandando allo sbaraglio i nostri militari spacciando una guerra per “missione di pace”. L’Europa, che oggi purtroppo è scomparsa dallo scacchiere mediorientale, dovrebbe diventare protagonista nell’area mediterranea. Anche perché ho l’impressione che l’attuale posizione dell’amministrazione Obama sul Medioriente sia piuttosto debole. Anche in vista dell’appuntamento della Conferenza sul clima di Copenaghen (7-18 dicembre 2009), purtroppo le notizie che arrivano non sono buone: anche stavolta, nonostante l’impegno dell’Europa, non si riuscirà a condividere una svolta radicale sulla riduzione delle emissioni.
Recentemente il ministro della sanità polacco Ewa Kopacz, riferendosi alla distribuzione del vaccino dell’influenza H1N1, ha denunciato al Parlamento europeo quella che ha definito una vera e propria “truffa” delle multinazionali farmaceutiche (ad esempio la Novartis). Cosa ne pensa?
Condivido le preoccupazioni del ministro Kopacz. Mi sto occupando personalmente di questa vicenda e sto raccogliendo materiale molto interessante sul quale a giorni pubblicherò un post sul mio blog (www.luigidemagistris.it). Mi preoccupa questo allarmismo creato attorno alla pandemia da influenza A. Del resto vi sono dei precedenti. Non tanto con la Sars, quanto con l’aviaria: la Regione Lazio, allora guidata da Storace, acquistò vaccini per miliardi di euro, a fronte di un numero esiguo di patologie. Allo stesso modo l’attuale massiccia campagna di vaccinazione desta perplessità. Si pensi alla distribuzione di vaccini diversi tra le forze dell’ordine e i comuni cittadini: un vaccino più sicuro per i primi e meno sicuro per i secondi. Inoltre la storia della medicina insegna che spesso vi sono effetti collaterali devastanti. Sto raccogliendo tantissimi casi. Non vorrei avessimo più morti per i vaccini che per l’influenza. Anche le informazioni mi sembrano molto scadenti: tutto è finalizzato a diffondere il panico tra i cittadini, enfatizzando questa pandemia. Mi insospettisce che si debbano firmare clausole di esonero da responsabilità quando si fa il vaccino. E vorrei conoscere la quantità di mercurio e di piombo che si trova nei vaccini. Per quel che vale, i miei figli non li faccio vaccinare. Ma non voglio fare polemiche politiche: qualunque governo si troverebbe in difficoltà di fronte alla enorme pressione delle multinazionali. Bisogna, comunque, tenere alta l’attenzione: non possiamo escludere che in futuro qualche virus possa sfuggire al controllo creando situazioni pericolose.
Molti giovani italiani fanno fatica a sentirsi cittadini europei. Cosa fa e cosa può fare in concreto l’Europa per aiutare questi giovani a superare la gerontocrazia che soffoca il cosiddetto “ricambio generazionale”? Perché un ragazzo dovrebbe avere fiducia nell’Europa e nelle sue istituzioni?
L’Europa guarda con molta attenzione ai giovani. È grave che in Italia vi sia poca informazione su cosa succede in Europa. Non conoscenza che toglie ai giovani opportunità di lavoro. Attraverso la Commissione e le Agenzie, l’Europa apre ai giovani una serie di possibilità. Per esempio: esistono progetti molto interessanti in materia di ricerca, attraverso i quali i fondi vengono assegnati direttamente ai ricercatori, purché si appoggino alle Università. Opportunità che spesso restano sulla carta, anche perché molte Università non hanno le strutture idonee ad intercettare questi fondi. In Europa esistono posizioni anche avanzate. Si punta sulla capacità dei giovani di fare economia. I giovani dovrebbero guardare all’Europa quale punto di riferimento per una economia di tipo diverso, basata sul rispetto e la tutela dell’ambiente. Una economia che richiede la creatività e l’impegno delle giovani generazioni.
Riccardo Lenzi (Bologna 1974) è redattore e free lance. Ha scritto due libri: "L'Altrainformazione. Quattro gatti tra la via Emilia e il web" (Pendragon, 2004) e, insieme ad Antonella Beccaria, "Schegge contro la democrazia. 2 agosto 1980: le ragioni di una strage nei più recenti atti giudiziari" (Socialmente, 2010)