Non sono “Thelma e Louise” e non sono neanche “due facce della stessa medaglia”. Di fronte all’interessante fenomeno che sta accadendo in America Latina negli ultimi anni crollano tutte le banalità e i luoghi comuni giornalistici nei quali in Italia spesso si incappa quando bisogna raccontare delle donne al potere.
Prima Michelle Bachelet presidente del Cile dal 2006 al 2010. Poi Cristina Kirchner in Argentina al governo dal 2007 e superfavorita alle elezioni di domenica prossima fino ad arrivare a Dilma Rousseff, insediatasi il 1 gennaio di quest’anno come “delfina” dell’ex presidente Lula e smarcatasi in men che non si dica mostrando una grinta e un savoir-faire politici da far invidia a chiunque. I paesi più importanti dell’America Latina ( e nel caso specifico del Brasile del mondo) sono negli ultimi anni guidati da donne.
Un fenomeno nuovissimo per il continente ma anche fuori. Certo, la differenza che intercorre tra Cristina Kirchner e Dilma Rousseff è simile a quella che passa tra un Nicholas Sarkozy e un’Angela Merkel. Il fatto di appartenere allo stesso genere, quello femminile, è unificante come il fatto che abbiamo tutti normalmente due mani, una testa, due gambe. Ci vuole, insomma, di più per poter parlare di un cambiamento. Tuttavia il cambiamento si avverte e profondo. Non solo in Argentina e Brasile ma anche in Costa Rica dove è stata eletta Chinchilla Miranda e in molti altri paesi dove le donne cominciano a far sentire il loro peso politico con un effetto domino impressionante e veloce. Non è un caso che il fenomeno avvenga in un continente come l’America Latina in pieno boom economico e non in recessione, come se davvero il risveglio sia fortemente legato ad un’evoluzione rapida e positiva della società.
E così adesso le donne sudamericane in politica sembrano avere più coscienza della forza trasformativa del potere, molto di più di quanto non abbiano gli uomini. In questo senso sia Dilma Rousseff che Cristina Kirchner stanno esplorando in forma nuova settori già percorsi dai loro colleghi politici che le hanno precedute. Un’idea, quella dell’esplorazione, che da sempre affascina chi scrive tanto da avermi spinto a ripercorrere addirittura l’esplorazione per eccellenza, quella dell’Antartide, la “terra incognita” come veniva misteriosamente definita già nelle prime mappe esistenti. Il continente bianco per secoli, anche quando se ne ignorava l’esistenza, è stato prima che un pezzo di terra un archetipo dell’esistenza, una sorta di concetto regolatore dei pensieri più profondi dell’essere umano. Essere andati in Antartide, come è capitato a me, oltre a allenare ad una certa dimestichezza con temperature estreme ha lasciato una sorta di impronta ancestrale, un costante anelito al nuovo anche quando il nuovo sembra non essere propriamente a portata di mano.E torna sempre utile, per capire chi davvero sta aprendo un cammino in questo squarcio di millennio e chi no.
Cristina Kirchner
Domenica l’Argentina va al voto per scegliere il nuovo presidente. Superfavorita è la presidente in carica Cristina Fernández de Kirchner. Cominciamo da lei per capire come sta cambiando il continente latinoamericano. A guardare la sua biografia tutto congiura contro la Kirchner. Ama i bei vestiti, le operazioni di chirurgia plastica, ha sempre vissuto, anche politicamente, all’ombra del marito Néstor, già presidente. È vero, da studentessa durante la dittatura ha militato tra la gioventù “montonera” del partito peronista ma non ha mai imbracciato la lotta armata. Non un granché come curriculum. Si è parlato per lei anche di disturbi bipolari, insomma non proprio il massimo. Però c’è un però. Accade spesso anche nelle biografie più omologate. Ed è stata la morte del consorte a sancirlo il 27 ottobre 2010. Cristina poteva ritirarsi ed uscire di scena in punta di piedi. Invece no. Cristina accetta in qualche modo il rischio che l’esistenza le ha messo davanti.
Non solo non lascia ma sembra afferrare il potere in mano con più forza e coscienza della propria identità. Coraggio, possiamo chiamarlo coraggio, dettato dalle circostanze della vita più che da una scelta, ma pur sempre coraggio. E i risultati cominciano a vedersi. Come spesso è accaduto nella sua storia dopo un periodo “down” l’Argentina adesso è di nuovo “up”. Anche se il piatto forte dell’economia nazionale resta l’agroindustria l’economia è, infatti, riuscita a diversificarsi con la novità dell’export di soia e pesce verso l’Asia ormai divenuto più importante di quello storico di grano e carne verso l’Europa. E con un settore manifatturiero in netta ripresa insieme a settori più tradizionali anche loro in crescita. Nella Terra del Fuoco poi stanno nascendo nuove produzioni come quella di cellulari e hardware. Persino aziende italiane come la Fiat e Telecom Italia ne stanno traendo benefici e anche la Pirelli ha deciso di tornare nel paese.
Gli argentini sembrano dare ragione a Cristina ed esserle riconoscenti. Alle primarie del 14 agosto la presidentessa ha preso il 50,24% dei voti. Solo il 12,2% è andato al secondo classificato, il radicale Ricardo Alfonsín, figlio del presidente della transizione alla democrazia e alleato Francisco de Narváez, che si proclama peronista.
Quanto al voto di domenica le gioverà sicuramente il fatto che all’ultimo il Jefe de Gobierno della città di Buenos Aires Mauricio Macri, spesso indicato come il “Berlusconi argentino” e leader del centro-destra, ha alla fine deciso di non candidarsi rimandando la scelta al 2015, quando la costituzione impedirà alla Kirchner di ripresentarsi. Intanto per le presidenziali del 23 ottobre i sondaggi la danno per superfavorita, fino al 55% di preferenze.
Chi è insomma Cristina Kirchner? Credo che la migliore definizione l’abbia fornita Newsweek di questa settimana che l’ha soprannominata “Lady Teflon”. Si, proprio il teflon, il materiale antiaderente per eccellenza. Lady Cristina in fondo è un pò così ed è questa la sua identità. Del resto quando arriva al potere nel 2007 l’Argentina stava uscendo dal buco nero della crisi economica del 2001. Ma Cristina se l’è fatta scivolare via senza problemi congelando i prezzi di gas e cibo. Nel 2008 ha nazionalizzato il sistema pensionistico tirandosi dietro ogni tipo di critica e pure gli agricoltori le hanno fatto per un periodo la guerra dopo che aveva aumentato le tasse di esportazioni per l’agroindustria. Persino quando i suoi alleati hanno perso il controllo del Parlamento Cristina ha tenuto i nervi saldi e di fronte ad un’inflazione del 20,25% è riuscita a far mantenere rigorosamente i dati ufficiali alla soglia del 10%. Ha dato anche una grossa mano alla piaga della povertà con 2 miliardi di dollari consegnati alle famiglie più bisognose ma lo ha fatto sulla scia populista dell’icona argentina Evita ribattezzata all’epoca “madre dei poveri”.
Basterà tutto questo perché Lady Teflon venga ricordata tra cento anni e bene? E’ presto per dirlo. Quel che è certo è che con Cristina le categorie del bene e del male non appaiono più in modo così manicheo. C’è del bene e c’è del male nella sua condotta politica. E c’è il carattere. Che la spinge a non mollare senza attaccarsi a nulla. Come il teflon.
Dilma Rousseff
Per una presidente in cerca di rielezione, una presidente che si appresta a celebrare il primo anno di governo. Dilma Rousseff è stata la prima donna a ricoprire questo ruolo in Brasile. Una conquista non da poco e anche abbastanza sudata. Dilma ha un passato di militante durante gli anni bui della dittatura. A differenza di Cristina ha imbracciato la lotta armata e per questo si è fatta tre anni in carcere dov’è stata torturata. “Dilma la dura” così è sempre stata conosciuta negli ambienti politici, anche quando è diventata prima Ministra das Minas e Energia e poi Ministra della Casa Civil (una sorta di nostro ministero degli Interni con poteri secondi solo alla presidenza). Tanto che a lei il lifting è servito sì ma solo per addolcire la sua immagine durante la campagna presidenziale e per renderla “digeribile” anche dall’oligarchia brasiliana che ai tempi la dittatura l’aveva invece sostenuta.
Una guerrigliera insomma, anche nelle cose della vita. La scoperta di un serio linfoma proprio l’anno prima delle elezioni non le ha impedito nè di lottare contro la malattia nè di difendere e battersi per i suoi ideali politici. Se la Kirchner è coraggiosa per circostanze penso si possa riconoscere alla Rousseff un coraggio di scelte, anche quando sono impopolari e scomode. In pochi mesi ha già licenziato ben quattro suoi ministri, tutti accusati poco onorevolmente di corruzione, ha aumentato i salari minimi dei poveri brasiliani portandoli a 545 reais, poco più di 230 euro mensili, ha annunciato tagli sui budget di governo e sulla spesa pubblica.
È sotto di lei che il Brasile ha dato il rush finale al suo boom economico mondiale anche se bisogna riconoscere ai governi precedenti di aver preparato il terreno. È lei che il presidente Obama ha voluto incontrare nel primo viaggio in America Latina Ed è sempre lei che smarcandosi da Lula ha fatto capire che all’Onu che i diritti umani in sede Onu sono una priorità e che il Brasile ( in precedenza astenuto nella votazione delle sanzioni all’ l’Iran ) potrebbe votare in modo diverso (anche se con la Siria il Brasile si è astenuto).
Insomma, Dilma è una donna di polso necessaria per un paese che da “emergente” è diventato “terra emersa” definizione dell’ex segretario di stato Usa Madeleine Albright. Alcuni punti rimangono in ombra. La sua totale disponibilità nei confronti dei diktat imposti dalla Fifa per i prossimi appuntamenti sportivi nel paese, un “codigo florestal” ambiguo sulla questione “Amazzonia”, un proletariato che non sa ancora di esserlo e che non riesce ad uscire dai modesti sussidi governativi. Problemi da risolvere da risolvere o temi da sfuggire ? Solo i prossimi anni di governo potranno dirlo.
Maria Zuppello, italiana per nascita, ha vissuto in Francia, Stati Uniti e adesso in Brasile. Gira il mondo come videogiornalista, ha lavorato per CNN, EURONEWS, REDE RECORD, RAI, SKY. Ha viaggiato in più di cinquanta paesi, tra cui l'Antartide, l'Artico, l'Islanda e ovviamente, per legge del contrappasso è finita ai tropici. Si definisce letteralmente una "sopravvissuta", cammina sopra le brutture della vita e cerca di trasformarle con la forza della narrazione.