C’era una volta il “salvagente”. In realtà c’è anche adesso, anche se sembra se ne faccia molto meno uso, almeno da quando si è appreso che i bambini imparano a nuotare più facilmente grazie ai cosiddetti “braccioli”. All’inizio due poi uno… Tuttavia alcuni genitori ritengono sia preferibile lasciar entrare i piccoli in acqua senza protezione, magari sostenendoli per un po’ dalle ascelle o per la pancia. Mentre altri, invece, pensano funzioni meglio il metodo traumatico di tuffare direttamente in acqua i propri pargoli per costringerli a cavarsela da soli fidandosi dell’istinto di sopravvivenza, pur se rimanendo a distanza di sicurezza per poter accorrere in soccorso.
Ma mi ricordo di aver visto, tra le foto di famiglia degli anni Cinquanta, dei grandi copertoni di automobili, o forse addirittura di camion, rigorosamente neri, a cui si aggrappavano, tra le onde alte, gruppi di ragazzetti schiamazzanti e spensierati. Almeno così pare, riguardando la vecchia foto in bianco e nero, un po’ sfocata.
Se traspongo quell’immagine ai giorni nostri, vedo semmai, chissà perché, grossi gommoni, su cui si avventurano, ammassati e disperati, quasi naufraghi, migliaia di immigrati clandestini che sperano di raggiungere, dall’Africa, le nostre coste. E tuttavia noi quelle immagini non le vediamo e non vogliamo nemmeno vederle, soprattutto quando siamo in vacanza, spaparanzati sui nostri lettini a prendere il sole, al massimo discutendo animatamente coi vicini d’ombrellone sulla diatriba Fini-Berlusconi, provando a scommettere come andrà a finire. Ma restano pur sempre discorsi da spiaggia.
Ripensando però alla simbologia del salvagente, penso che la situazione politica italiana sia, forse da sempre, proprio simile a quella di chi, pur di sopravvivere e di evitare il rischio di affondare, se ne sta prudentemente aggrappato al copertone un po’ consunto, ma stranamente resistente, dei luoghi comuni cari all’idea pseudo-democratica da spiaggia, che da noi tuttavia dura tutto l’anno, del tipo: “Bisogna rispettare la volontà dell’elettorato”, “Tanto ognuno fa sempre i suoi interessi, sia a destra che a sinistra”, “Un politico non dovrebbe mai tradire il mandato di chi lo ha eletto”, “Non saremo mai capaci di costruire una vera alternativa”, e così via. Ma basta prendere in esame questi quattro salvagenti per accorgersi… che dovrebbero far acqua da tutte le parti, mentre ancora continuano a sorreggerci, lasciando ancora, gattopardescamente, che “tutto cambi perché tutto resti come prima”.
È vero, per esempio, che la “volontà generale”, come ci ha ben insegnato Rousseau, è da sempre considerato uno dei pilastri della democrazia, fin da quando fu riconosciuto fondamento essenziale della cosiddetta “rivoluzione atlantica” che partì con la rivoluzione americana e trovò grandioso sbocco nella rivoluzione francese. In Italia se ne discusse, senza successo, al tempo delle “Repubbliche giacobine”, anche se poi il concetto fu decisamente ripreso da Mazzini, pur senza risultati immediati, tanto che con l’Unità, il “plebiscito” significò il massimo di volontà popolare, mentre il suffragio rimase per lunghissimo tempo ristretto, se si ricorda che solo nel 1946 le donne andarono al voto.
Oggi invece, quasi per contrappasso, leggi elettorali assurde permettendo, il copertone della sovranità popolare rischia più che mai la deriva populista, così come il mandato degli elettori sembra diventare pericolosamente più importante dell’articolo 67 della Costituzione, dove si dice che gli eletti devono rappresentare tutto il Paese, e non solo la maggioranza che li ha prescelti. Il che vuol dire semplicemente che anche la minoranza ha i suoi diritti, quale che sia il gruppo politico che va al potere. Possibile che ce ne dimentichiamo sempre? Per non parlare della tendenza, ormai inveterata, alla generalizzazione qualunquistica (“Tanto sono tutti ladri” ) che ci permette di alzare un tale polverone dentro il quale restiamo immersi… Ma è il solito salvagente che ci impedisce di essere sommersi. Un altro modo per restare a galla, nel mare della sospensione trasformistica, è l’idea che l’alternativa non ci sia, che tanto non c’è molta differenza, che chi è di destra può passare a sinistra, e viceversa, che il “ribaltone” è sempre possibile, che l’Italia è il Paese del compromesso, delle mezze misure, degli accordi sottobanco… e, tutto sommato, va bene così, in fondo, questo sistema ci assolve tutti, no?
Chissà se saremo mai capaci di imparare a nuotare con impegno, nel mare magnum della complicata situazione politica italiana, o avremo eternamente bisogno del vecchio salvagente per rimanere banalmente a galla?
Giusy Frisina insegna filosofia in un liceo classico di Firenze