Vive sul muro della cucina, indispensabile strumento per le donne che durante la colazione, a ore varie, pianificano intanto la giornata (almeno la propria, sicuramente quella dei figli minori, talvolta del proprio marito). Il calendario è fondamentale non tanto per sapere che giorno è oggi o quale sarà la data di domani, quanto per registrare gli infiniti appuntamenti e impegni con cui una famiglia media italiana convive suo malgrado. Si va dalle normali visite dal dentista – per lo più a breve scadenza – a quelle ottenute con maggior difficoltà nelle strutture pubbliche – che andranno segnate almeno 3 o 4 fogli-mese dopo.
Il mese di maggio e i primi giorni di giugno sono tutto un appunto circa le “deliziose” recite scolastiche + saggi di musica + pizze di classe che costringeranno non tanto i vostri figli quanto voi a continui permessi dal lavoro, trasferte dall’altra parte della città, esborso per costumi, biglietti, regali all’insegnante… Sullo stesso calendario anche più misteriosi segni: pallini o crocette che segnalano la data dell’inizio ciclo di signora e eventuali figlie femmine, cifre che solo voi sapete corrispondere al mensile della domestica, barrette indicative delle assenze prolungate del marito fuori città per lavoro, inviti importanti che – in quanto tali – vengono fatti con largo anticipo, compleanni di familiari e amici e…
Per tutto questo il calendario-uso-agenda di oggi deve essere grande e indispensabilmente dotato di ampi riquadri (non righe) per le suddette annotazioni, gradevole nei colori, non invadente nelle immagini.
Dare al tempo un ordine fu un’imprescindibile necessità dell’uomo civilizzato ed è uno dei segni dell’entrata dell’umanità nella storia. Tralasciando le testimonianze di sicura misurazione del tempo presso ogni civiltà evoluta – dagli aztechi agli egiziani – infiniti sono gli esempi nei quali tale pratica ha preso forma e lasciato traccia di sé nella nostra cultura occidentale. Per alcuni secoli, in quelli che possiamo chiamare proto-calendari di particolare interesse fu ritenuto il movimento della luna, la cui continua e attenta osservazione motiva il nome di lunari per le tavole che documentavano lo scorrere del tempo attraverso le sue varie fasi. Poi, dal 46 a.C. – sebbene il nome rimanesse lo stesso – divenne prevalente consuetudine ordinare i mesi sul sole, arbitro delle stagioni, contando i giorni necessari al compimento di un suo intero giro attraverso gli equinozi e i solstizi. Ideato durante l’impero di Giulio Cesare, il calendario chiamato giuliano in suo onore registrava l’andamento dell’anno che aveva inizio il 1 di gennaio, durava 365 giorni e prevedeva la presenza di un anno bisestile ogni quattro. Con il passare dei secoli, però, il conto della durata dell’anno solare si rivelò sempre più impreciso tanto da provocare un accumulo di dodici minuti di maggior durata ogni anno che, sommati tra loro, corrispondevano, iniziato il XVI secolo, a dieci giorni in eccesso con una conseguente e intollerabile sfasatura di equinozio e solstizio. Fu papa Gregorio XIII a correggere l’errore introducendo, nel 1582, il nuovo calendario da lui detto gregoriano, immediatamente adottato nei paesi occidentali a maggioranza cattolica e in seguito – anche se lentamente – accettato anche nel resto del mondo. La necessità di diffondere velocemente la nuova scansione temporale, cancellando il più velocemente possibile le vecchie abitudini, arrogò al papa, e a lui solo, il diritto di decidere quali tipografi potessero stampare calendari, concedendogli licenza solo dopo aver controllato che gli antichi errori non venissero perpetuati.
Occupandoci di calendari su supporto cartaceo – perché è soprattutto con essi che conviviamo – si osserva che infinite sono le sue tipologie e qualità ma, evidente in tutti, almeno dall’affermarsi del cristianesimo, è l’indissolubile legame con la liturgia cattolica che porta ad evidenziare anche graficamente, con l’uso del grassetto o del colore rosso, le domeniche e le festività religiose.
Attraversando la storia si incontrano veri e propri capolavori manoscritti e splendidamente miniati, commissionati e posseduti dai ricchi principi medioevali e dall’alta gerarchia ecclesiastica o gli altrettanto interessanti, se pur talvolta di minore valore artistico, lunari che dagli inizi del XV secolo, costituirono spesso l’unico esemplare di carta stampata in una casa abitata da analfabeti.
Il calendario fu insieme alla Bibbia, alle carte da gioco e ai tarocchi, uno degli oggetti che più beneficiò dell’invenzione della stampa tipografica ad opera di Gutenberg (1450 ca.).
Dapprima perpetui e illustrati con poche immagini in bianco e nero, successivamente, con la possibilità di realizzarne molti esemplari con un costo contenuto, essi divennero annuali e si diffusero in due diverse forme, il calendarietto-libretto tascabile o da borsetta e quella del foglio murale, singolo fino all’entrata nel secolo XIX quando, la diffusione della litografia, abbassò ulteriormente i costi delle stampe in bianco e nero e colorate.
Esempi mirabili di calendari da muro, costituiti da un’unica tavola, spesso di dimensioni molto ampie e, a seconda della sua destinazione e del suo costo, più o meno decorata, sono oggi visibili nelle collezioni pubbliche Bertarelli di Milano e nell’Archivio Storico della città di Torino.
Raggiunta la forma di insieme di dodici fogli, arricchito con copertina recante il numero dell’anno, il corredo alla scansione dei giorni e dei mesi andò a farsi sempre più ricco e sempre più strettamente legato alla vita quotidiana del quale costituiva un indispensabile sussidio. Su di esso si poteva trovare di tutto: dalle ore del sorgere e del tramonto del sole, alle ricette di gastronomia e d’efficaci medicamenti casalinghi, a “segreti” risolutivi, per esempio, di macchie impossibili. Una parte rilevante era destinata alla cura dei campi o alla coltivazione domestica di ortaggi e piante; presenti, spesso, indicazioni su luoghi da visitare e sintetiche descrizioni di feste popolari; sparsi qua e là detti e proverbi…
Penso che negli occhi di molti stia comparendo, in questo momento, l’immagine del più diffuso dei calendari italiani, quello per decenni presente in ogni bar, trattoria, casa propria e di amici: il calendario, o meglio, l’Almanacco di Frate Indovino.
Ideato da tal Padre Mariangelo da Cerqueto (al secolo Mario Budelli) frate cappuccino, già direttore del periodico francescano “Voce Serafica di Assisi” esso comparve come allegato al giornale, nel natale del 1945, con l’intento di offrire ai lettori un almanacco nel quale venivano riportate le previsioni meteorologiche per tutto l’anno seguente. Le 2.000 copie stampate andarono a ruba soprattutto fra gli agricoltori avidi di conoscenze meteorologiche, anche se solo “indovinate” per programmare il lavoro nei campi in un’epoca in cui non c’erano ancora i satelliti.
Se inizialmente esso era arricchito solo dalle previsioni del tempo moltissime furono le vere e proprie rubriche che vi comparvero negli anni e che, in una divertente commistione tra sacro e profano sono ancora oggi dispensate al lettore: “Consigli ai coltivatori, alle donne, per la salute, per tutti”, “Lo sapevate?”, “Vedo prevedo, stravedo”, “Il grillo sparlante”, “Attenti al segno”, “Oroscopo sgangherato”, “Cosa accadrà?”… Decine di migliaia, oggi, le copie stampate di questo calendario che conserva, dalla sua prima edizione, una grafica decisamente popolare priva di qualsiasi pretesa di valore artistico a beneficio di una rapida e semplice comunicazione.
Non prendendo in considerazione i calendari come l’elitario e costosissimo Pirelli, i diffusissimi ma spesso imbarazzanti calendari promotori di qualche nuda bellezza italica o quelli donati dai negozi ogni fine anno, va invece ricordata una tipologia tra le più interessanti nella produzione grafica italiana. Chiunque abbia frequentato in Italia un ufficio pubblico si sarà fermato, infatti, almeno una volta, a contemplare un tipo di calendario che, più di ogni altro, è oggi oggetto di raccolta e vero e proprio collezionismo. Ci si riferisce al celebre calendario dei Carabinieri forse il più famoso tra i tanti calendari militari.
Essi probabilmente derivano dalla consuetudine, introdotta nella metà dell’Ottocento, dagli allievi dalle varie scuole militari, di inviare un biglietto stampato a familiari ed amici in occasione delle feste di Natale. Da queste sembra derivino i calendari dei vari reparti dell’esercito. Non è possibile datare con sicurezza i calendari a carattere patriottico militare ma è certo che essi avevano raggiunto una veste grafica più che accettabile intorno al primo decennio del Novecento. Inizialmente essi venivano stampati in formato piccolo e molto curato nella grafica: con copertina a colori, storia del rispettivo reggimento o dell’Arma a far da cornice ai mesi dell’anno. Poi assunsero un formato più grande e vennero corredati da immagini raffinate e da fili, cordoncini e nastri a tenere insieme le varie pagine. Sospesi durante la prima guerra mondiale (lo saranno nuovamente nella seconda) i calendari militari ebbero una grande diffusione negli anni Trenta quando ogni Arma, Corpo, Reggimento, Istituto od Ente militare pubblicò il proprio calendario. Oggi, che incisioni e disegni sono stati sostituiti dalle fotografie, i calendari militari presentano un’inaspettata qualità che – si guardino ad esempio quelli dell’aeronautica, della marina, dell’esercito – ben testimonia la peculiarità delle singole armi.
Lucia Masina insegna storia dell'arte e storia della grafica all'Accademia di Belle Arti di L'Aquila. Negli anni Ottanta collaboratrice free-lance dell'agenzia di pubblicità e marketing Saatchi & Saatchi si è dedicata, in particolare, allo studio delle vicende artistiche tedesche e delle esposizioni universali. Tra il 2001 e il 2004 ha diretto la redazione delle sezioni Arte e Architettura della nuova edizione del Grande Dizionario Critico di Arti Visive, Letteratura, Musica e Teatro "Le Muse" per l'Istituto Geografico De Agostini. Nel 2008 ha pubblicato per i tipi del Bagatto Libri il saggio "L'Ottocento - Il secolo illustrato".