Attesa
Sono la candelina accesa che ti pensa sempre, in tutte le chiese. Sono il tuo acquario, il tuo cuscino, il tuo nido. Il palmo della mano sulla quale, potente come un desiderio, ti immagino galleggiare. Gonfio di premura, il mio seno si prepara a saziarti. É cosí presto ancora. Come si puó spiegare ad un corpo di mamma felice, che occorre pazientare? Che ieri eri appena un chicco d’uva, e oggi una pesca… sempre remoto, inafferrabile, in questo universo interiore. Dalla bellezza piú profonda di tutti i paesaggi che ho conosciuto. Ma il corpo di mamma felice é sordo, incantato: come la gente quando si innamora.
Mondi
Donna incinta, lacrima facile. Con i diminutivi ribattezzo l’impalpabile tenerezza dell’alba, quando gli uccellini cantano per risvegliare il mondo, ed io concludo un’altra notte semi-insonne. D’altro canto, anche la soglia del dolore sopportabile si é abbassata. Alle volte immagino che ti racconteró cosa succedeva, intanto, “fuori”, mentre tu crescevi dentro di me. Fuori, da sempre, per ogni abisso di violenza, si dá il volo del coraggio. Il grido “ashab iurid iskaat el-nidan” (“il popolo vuole rovesciare il regime”) che tuona per mesi in Egitto, Tunisia, Siria, Bahrein, Libia, Yemen, perpetuo come l’addio consapevole di “Bella, ciao”. Anche Vittorio Arrigoni rinasce presto, perché lui e quelli come lui non se ne vanno, realmente. I violini di Vivaldi e la musica di De André mi travolgono in una malinconia poetica, come le musiche religiose fatte piú di anima e meno di parole. Sono i nostri giorni di viaggio, stellina. Nel silenzio del tempo che passa, ci stiamo avvicinando. Sono attratta alla sensazione di casa, di lingua materna, di inizio, e di navigare senza onde: forse, a quella serenitá innocente che ti nutre e ti fa crescere, beato dentro il mondo, ma fuori da esso.
Il tuo nome
Sei Samir. Un nome dalle molteplici origini e varianti, presente anche nel turco, nel nepalese, nel bengalese, nel bosniaco e nell’albanese. In arabo, سمير, é “dolce compagno fidato”, e anche “conversatore della sera”. In sanscrito, समीर, significa “vento gentile”.
Mare Sardegna
La vita é nata nel mare. Il mare é Donna. Mia madre é nata in Sardegna, e quando mi aspettava, é tornata a nuotare nel suo mare. Come faccio io ora che aspetto te, Samir. Qui il Signore é Eolo, e i suoi otto figli / Apri piano, Ulisse, la sua otre / Levante liscia la Torre di San Giovanni in ruota d’amore / Scirocco senza pudore la fa arrossire d’ardore. / Ostro affila di rosso gli scogli. / Ponente pettina di verde i capelli dell’acqua. / Libeccio, di bianco. / Grecale, di azzurro. / Tramontana, ancora di ambra. / Maestrale fischia inferocito per giorni e giorni / cercando a tentoni tra i pini – come Polifemo nella caverna- l’Ulisse che l’ha accecato. / Poi, quando stanco s’accascia, il cielo ritorna turchino / vuoto e infinito / come il pensiero umano, / e nessun vento era vero: tutto era un sogno d’Ulisse, / artista impazzito dal vento, / che scambia per Sirene le vele del porto.
Nuotare in tre
Nuotando attorno agli scogli di San Giovanni, incrociamo un branco di pesci grigioperla. Hanno giá finito di mangiare la loro insalatina delle rocce, e ora sono completamente immobili. E cosa stanno facendo? Non lo sappiamo, ma li imitiamo. Stiamo fermi a galleggiare solennemente. Ascoltando, con loro, Mozart sott’acqua. Perché sott’acqua, come te nel pancino, é dolcissimo l’abbraccio fra l’onirico e il reale, fra il miraggio e l’emozione, fra l’attesa della vita fuori e l’estasi di un eterno sereno. Ci separa la consapevolezza dell’esistere e dell’esistenza del mondo. Ma la tua innocenza é anche la nostra: é il tuo regalo per noi.
Vigilia
Ascolto il battito del tuo cuore attraverso il tracciato in ospedale, ad occhi chiusi: mi fa pensare ad un puledrino felice, a cui manca solo la colonna sonora di Ennio Morricone. Saró la carezza sul visino e sulla schiena, il morsetto sui tuoi piedini. Ti vedo camminare, giocare, ridere. Proteggeró la tua serenitá, il tuo sonno. E la tua gioia che sboccerá come un fiore. Non riesco né voglio dormire. Ascolto sull’i-pod, “What a wonderful world”, di Louis Armstrong, sussurrandone le parole sotto le lenzuola, per non svegliare le compagne di stanza 8.3, reparto ostetricia, secondo piano, pianeta Terra. Ufficialmente. In realtá, morbide nuvole di panna.
Pablo Neruda dice “é per nascere che siamo nati”. Pablo, sono lunghe 38 settimane di attesa. Oggi sono quella gioia bruciante di sentirti presto respirare, piccolo mondo, sul petto. Sei stato a lungo nutrito di tutto ció che biochimicamente é la mia vita. Mi sopravviverai, e di me resterá nel tuo cuore il modo in cui sussurro il tuo nome. Non basta un Dio a cui pregare per te, amore mio. Voglio tutti gli déi per te, piccolo mondo.
Nascita
Mentre entro in sala operatoria sul lettino con le ruote, grossa docile gatta nella vestaglietta bianca, mi scorrono nella mente i mesi di impegnative, di attese, di esami, di incontri con personale medico con accenti diversi, sensibilitá diverse, diagnosi contraddittorie. Risento Parole che mi avevano compresa o preoccupata. Rivedo i volti di medici e dottoresse che avevano valutato diverse fasi della gravidanza. Per alcuni, ero una “primipara” contenente un “feto”: tutta una questione di crescita ponderale, acido folico e glucosio. Per altri, ero “la mamma di Samir” a cui, come a tutte le neo-mamme, é savoir-vivre anche regalare un sorriso rassicurante. Anche se sono la trecentocinquantesima donna incinta che visitavano quest’oggi. Rivedo il volto di tuo padre e di tutto ció che é famiglia, casa del cuore. Rivedo i miei genitori e, in un flash, i miei nipoti non ancora nati. Mi sento un ponte mobile fra le generazioni, anello di congiunzione fra arcipelaghi di esperienze vitali. Rivedo le compagne del reparto, senegalesi, marocchine, macedoni, cubane, pakistane, ucraine, e italiane – con le quali si é forgiata immediatamente un’amicizia solidale per sfogarsi, ridere dell’insonnia, aiutarsi a camminare verso il bagno tra flebo e cateteri, tradurre in altre lingue indicazioni incomprensibili per alcune, prestarsi qualcosa da leggere e soprattutto, appoggiarsi una manina sulla schiena quando questa pareva spezzarsi. Sono serena ma continuo a sentire il disco rotto su un Padrenostro continuo nel cervello. Amen. E riprende. Pregare non é mai un atto consapevole. E´ intrecciato al respiro, alle volte.
Ho sentito il tuo piccolo pianto, sembravi un gattino che ne dice quattro a chi lo ha svegliato. Quando lo staff medico ha confermato che stavi benissimo, mi é salita la spuma di tutte le emozioni, barricandosi nella gola. Le preoccupazioni finalmente dissolte, rimaneva solo la felicitá. Avvolto in un panno bianco, profumato di giglio, la pediatra ha accostato la tua guancia alla mia. Ho cercato di darti un bacino, ma ero talmente felice che il mio viso pareva crollare come un muro antico. Le lacrime, finalmente, zampillavano, le parole intorpidite. Non riuscivo a dire altro che il tuo nome, e “grazie” a coloro che avevano assistito alla tua nascita. Ti ho dato il bacino che potevo darti, in quelle circostanze. Peró ti ho annusato a pieni polmoni, e so che anche te, col tuo nasino, hai annusato me.
Augurio
Pennellate rosse del Tiepolo sopra Venezia, all’alba. Giorno di sole estivo, con foglie giallo oro sugli alberi. Attorno alla cittá, un bosco degno della tavolozza dei Macchiaioli toscani. Dolce e chiara la notte, luna piena come una lampada in cielo, ospite curiosa sul terrazzo e alla finestra fiorita di ciclamini. Aria di cambio e di rinnovamento in Italia, in Europa, nel Mediterraneo e nel mondo.
www.nzwide.com/swanlake.htm. Il Lago dei Cigni é l’immagine di quando la levitá diventa poesia. Quelle ballerine, e in particolare la prima ballerina, non sono materia: sono un soffio, un pensiero, un sogno. Una creazione della fantasia e dell’arte. Dolcissimo inno alla bellezza piú sublime, quella dell’armonia immateriale. Allora la levitá diviene pura luce. Quante giornate di esercizi avrá dovuto fare quella ballerina, fin dall’infanzia, da sola e con il suo gruppo! Quanti sacrifici avrá affrontato con grinta, mirando al proprio traguardo, cioé alla propria autorealizzazione! Ti siano dolci compagni fidati di viaggio la gioia nelle prove, la levitá nei passi e il sudore quotidiano negli esercizi, il coraggio nella ricerca, nell’innovazione e nel cambio, la forza positiva nella fatica e gli orizzonti ampi negli stimoli, la dignitá, la sobrietá, l’equilibrio, l’orgoglio, e l’umana tenerezza.
Samir, cittadino del mondo, vedrai il 2101. Metterai nel tuo zaino le ore, le opere e i suoi invernali giorni estivi. Inseguirai, come tutti noi, i sogni di “Mille e una notte”. Parlerai lingue diverse con tanti dolci compagni fidati di viaggio, gruppi diversi di camminanti con cui vivrai Arrivi, Partenze e caminos que se hacen al andar. Ogni tanto il mondo ti parrá troppo grande e alle volte troppo piccolo, ma apprenderai a nuotarci dentro. Ed esplorarlo sará il tuo istinto. Ti auguriamo tanti giorni en perfecta paz interior, come questo giorno. In te che nasci, la tavolozza grande ritrae l’energia rinnovatrice di tutte le albe del cosmo, dipingendo ancora una volta: Gracias a la Vida.
Specialista in cooperazione internazionale. Autrice di "Romanzo di frontiera" (Albatros, Roma 2011), magia e realtá delle donne latinoamericane alla frontiera Messico-USA; "In Amazzonia" (Milano, Feltrinelli, 2006); "La Ternura y el Poder" (Quito, Abya Yala, 2006); "Una canoa sul rio delle Amazzoni: conflitti, etnosviluppo e globalizzazione nell'Amazzonia peruviana" (Gabrielli Editore, Verona, 2002); co-autrice di "Prove di futuro" (Migrantes, Vicenza, 2010).