Le sentenze vanno rispettate e se le si vuole contestare è meglio farlo nelle sedi deputate, cioè con i ricorsi. Vedo che Alessandro Sallusti, direttore o ex direttore de “Il Giornale”, parla invece di persecuzione per la condanna inflittagli dall’Ordine dei giornalisti di due mesi di sospensione dalla professione per avere continuato a far scrivere su Il Giornale l’attuale senatore Renato Farina, a suo tempo radiato dalla professione per avere violato la legge che vieta a un giornalista di lavorare per i servizi segreti, come invece ha fatto lui con il Sismi, cioè con i servizi segreti militari italiani.
Che si collabori con i servizi per un fine nobile, come ha sempre sostenuto Farina, poco importa: il divieto vale in ogni caso, non distingue tra casi nobili e non. Sallusti straparla di persecuzione perché una identica condanna per l’identico motivo l’ha subita prima di lui Vittorio Feltri, direttore de “Il Giornale” prima di Sallusti e ora tornato a fare il direttore.
Pochi giorni fa sono stato condannato, assieme a l’editoriale “L’Espresso”, a pagare a Farina 15.000 euro, sui 100.000 che pretendeva, come risarcimento per espressioni che qualcuno, rifilandogli una patacca, ha asserito via e-mail come scritte in una puntata del blog che avevo sul sito de L’Espresso fino al 3 settembre 2008.
Tralascio il testo della sentenza, emessa dal giudice Serena Baccolini che non so quanto correttamente non ha mai ritenuto di dovermi interrogare. Basti sapere, per ora, che le deduzioni messe assieme dal giudice per arrivare alla codanna mia e de L’Espresso si basano sull’avverbio “infatti”. Ripeto: tralascio, per ora, di entrare nel vivo della questione, che in appello farà arrossire più d’uno, e mi limito a dire che leggendo il testo che si pretende sia quello della puntata “incriminata” del blog anche chi non conosce bene la lingua italiana si rende conto che Farina non c’entra niente.
Ciò che invece voglio dire è che la mia condanna non mi impedisce di sostenere che Farina, in quanto cittadino italiano, ha il diritto di pubblicare le proprie opinioni su un giornale, quale che esso sia. La sospensione per due mesi di Feltri prima e di Sallusti dopo, pur essendo magari personaggi che non ho in grande stima, mi pare fuori luogo: hanno permesso a Farina di esercitare un suo diritto di espressione delle proprie idee, diritto sacrosanto che resterebbe tale anche se farina avesse ammazzato qualcuno, cosa che peraltro non ha fatto.
Voltaire era pronto a dare la vita per sostenere il diritto anche dei suoi nemici alla libertà di espressione. Io appartengo più alla scuola dei Voltaire che a quella che ispira i vari Farina, Feltri, Sallusti e quant’altri. Ciò detto, ci sarebbe da appurare se Farina era pagato o no per la pubblicazione dei suoi commenti su “Il Giornale”. Essere liberi di pubblicare le proprie idee è un conto, essere liberi di ingannare l’Ordine della propria professione o calpestarne le decisioni è un’altra cosa.
Se Feltri e Sallusti hanno retribuito Farina, esattamente come si fa con qualunque giornalista collaboratore, allora hanno calpestato una decisione dell’Ordine. Liberi di farlo, s’intende, ma poi c’è da pagare il prezzo delle proprie scelte di libertà quando ledono sentenze che in Italia hanno valore non solo formale, teorico o ipotetico.
Peraltro ho comunque un dubbio: i giornali pagano anche le opinioni o i commenti di specialisti che non sono giornalisti. Si paga la rubrica dell’esperto di vini, dell’esperto di finanza, del cuoco (credo si dica ristoratore.) o dello stilista di moda, che finché non decidono di iscriversi all’albo dei pubblicisti NON sono giornalisti. Perché quindi non pagare un Farina non più giornalista, ma magari più o meno esperto di qualcosa su cui dire la sua?
Se devo essere sincero, preferirei che l’Ordine sospendesse e magari radiasse i troppi colleghi che pubblicano foto di minori in barba alla Carta di Treviso, cosa che invece l’Ordine di Milano ha dichiarato, a fronte di una mia segnalazione, perfettamente legittima forse quando si tratta di bambini “negri” o comunque dei Paesi disgraziati. O che sospendesse e magari radiasse i troppi colleghi che scambiano i propri blog per fogne nelle quali mettere in bella mostra insulti, diffamazioni e calunnie varie contro il Tale o il Talaltro, magari pure collega.
L’Ordine mi Milano a suo tempo fu occhiuto accusatore a vanvera di Daniela Hamaui, all’epoca direttore de “L’Espresso”, per una foto di minorenne vestita forse un po’ troppo alla moda da adulta, però poi “licenzia” la Carta di Treviso e non vede blog usati per linciaggi demenziali che durano demenzialmente mesi e a volte perfino anni. Ma tralasciamo le mie preferenze. Quello che trovo incredibile è che nessuno muova un dito per far notare che:
- “Il Giornale” di fatto è a tutti gli effetti come fosse di Silvio Berlusconi anziché di suo fratello Paolo. E’ infatti sotto gli occhi di tutti che i direttori cambiano a seconda dei desiderata di Silvio, pubblicamente declamati;
- hanno poco da fare ramanzine e lezioni di comportamento agli altri direttori come quelli de Il Giornale: Paolo Berlusconi infatti risulta avere commesso cose più gravi di un Dino Boffo o di un Giuliano Pisapia.
Pino Nicotri, inviato storico dell'Espresso. Fra i suoi libri inchiesta: "Il silenzio di Stato", "Tangenti in confessionale", "Mafioso per caso" (Kaos Editore), "Fiat, fabbrica italiana automobili e tangenti", "Lucciole nere". Anima il blog "Giornalisti senza Bavaglio" . Nicotri fa parte anche del gruppo "Senza Bavaglio" ed è consigliere generale Inpgi e consigliere Lombarda.