Eugenio Scalfari ha compiuto 80 anni. È un padre del giornalismo al quale noi tutti, cronisti e società civile d’Italia, dobbiamo molto. Gli auguri sono d’obbligo e volentieri glieli facciamo pubblicamente. Auguri, Eugenio, per i tuoi 80 anni e grazie per quanto hai dato e continui a dare al giornalismo. Sei stato (con Montanelli) uno dei pochi a creare giornali e, da direttore, farne successi editoriali e imprese economicamente in utile. Ti auguriamo di conservare la salute, la curiosità, l’abilità nel raccontare le storie dell’economia e della politica. E anche la capacità di indignarti, di polemizzare, insomma, di continuare a fare Scalari.
GIANNELLA – Scalfari, Montanelli… Due nomi, una professione, quella del direttore di quotidiani nazionali. E proprio questa professione, in un’indagine promossa dal Corriere del Lavoro e Adeco, è risultata la più amata dagli italiani. 72 su 100 a un ideale genio della lampada disposto ad esaudire un desiderio in merito al futuro professionale, farebbero la richiesta di diventare direttore di giornale.
BIAGI – Il motivo di questo primato è comprensibile. Eugenio Scalari, Ezio mauro, Ferruccio De Bortoli e altri colleghi ottengono un vantaggio incolmabile per la combinazione di tre fattori: il reddito, la soddisfazione professionale e l’utilità sociale. E poi è indubbio che in tempi di comunicazione globale in cui guerre e terrorismi creano un crescente «desiderio di informazione», il compito di un direttore è molto pesante, sia sotto l’aspetto della creatività sia sotto quello della responsabilità Scalfari ci insegna che, intanto, ogni mattina, un bravo direttore deve arrivare al giornale con un’idea che stupisca i suoi redattori (questo imperativo lo aveva ereditato da un altro grande direttore: Giulio De Benedetti che è poi è diventato suo suocero avendo sposato la figlia Simonetta). E ci insegna anche che un giornalista deve essere una persona perbene, con la schiena diritta, non avere soggezione e non avere paura della solitudine. Che deve essere al servizio del lettore, il suo vero padrone, verso il quale comportarsi con lealtà. Io temo la malafede, non temo l’errore, siamo esseri umani e tutti possono sbagliare: la verità la possedeva uno solo e non credo che tra i giornalisti la più grande aspirazione sia di finire in croce.
GIANNELLA – Che cos’erano i giornali quando voi avete cominciato?
BIAGI – Erano giornali in cui i fatti non c’erano, le inchieste nemmeno, l’autorità era sacra e il clero era santo. La famiglia avvolta in un velo di ipocrisia. Ricordo quando una ricca signora di Verona scappò con l’amante, il suo autista, e il grande Egisto Corradi stava stendendo l’articolo per il Corriere della Sera: lo avvicinò il direttore Mario Missiroli, e gli chiese: “Il particolare dell’autista non lo metterei. Può annacquare?”. Mi diceva Fellini: “Enzo, se non siamo cresciuti completamente imbecilli è un miracolo”. Oggi i fatti ci sono, magari nascosti in una pagina interna, ma il peccato di omissione non si pratica più. È troppa la concorrenza e un’omissione incrinerebbe il più grande patrimonio di cui di cui disponga un giornalista: la credibilità. Le inchieste pure ci sono, anche se vedo con preoccupazione che diminuiscono: ecco, se potessi dare un consiglio ai direttori di oggi e ai loro redattori, direi: “Tornate ad innamorarvi delle inchieste, andate a vedere, perché non si possono raccontare storie vere stando alla scrivania. Il mondo si sta complicando, si sta muovendo, e noi, come hanno fatto le bravi inviate in Iraq, dobbiamo sempre essere sul campo”.
********
Ed ecco cosa racconta la figlia di Enzo Biagi, Bice, al giornalista Stefano Corradino dalle pagine web di Articolo 21. Si intitola “Se mio padre fosse vivo oggi sarebbe al confino…”.
Enzo Biagi il prossimo agosto avrebbe compiuto 90 anni. E chissà cosa avrebbe detto o scritto oggi, a proposito di una legge-mordacchia che ottenebra l’informazione e la giustizia e impedisce ai cittadini di conoscere i fatti, di scoprire la verità. “Ogni tanto me lo chiedono” afferma la figlia Bice Biagi ad Articolo21. “Anche in questi giorni. E talvolta me lo domando io stessa: e mi ricordo di quando mio padre raccontava che sotto il fascismo non si poteva raccontare neanche di un suicidio…”
Sabato a Pianaccio la seconda edizione del Premio giornalistico intitolato a suo padre. In un momento piuttosto caldo per l’informazione italiana. Un momento critico: i giovani giornalisti fanno molta fatica. Hanno il precariato alle spalle (o davanti) eppure sono qui a testimoniare che la speranza di un’informazione libera c’è ancora.
Chi avete premiato?
Il premio (10mila euro, ndr) al giovane cronista di provincia quest’anno è andato a Marco Bonet. Un ragazzo di 28 anni, giornalista professionista laureato in legge e che lavora al Corriere del Veneto. Scelto praticamente all’unanimità tra una settantina di concorrenti. Molti di loro provenienti dal sud. Bonet ha scritto un pezzo molto originale su l’ex ministro Zaia.
Se fosse in vigore la legge sulle intercettazioni forse anche questo articolo sarebbe incorso nel divieto di pubblicazione.
Non mi avrebbe stupito più di tanto. D’altronde il momento non è buio, peggio! Si sta disconoscendo interamente un diritto sancito dalla Costituzione. Se un anno fa ero angosciata ora ho paura.
È di otto anni fa l’editto che espulse dal video suo padre. Le attuali liste di proscrizione sembrano ancora più indecenti.
Non mi piace fare graduatorie. Togliere il lavoro a chiunque è ignobile. Penso che otto anni fa l’editto bulgaro sia stato sottovalutato. Qualcuno pensava fosse un fatto circoscritto a tre persone (ed erano in ogni caso molte di più…) In realtà era solo la premessa di un disegno più ampio: impedire che la gente possa essere informata.
Di cosa ha bisogno la libertà di informazione per essere tale? Autonomia dai partiti? Risoluzione del conflitto interessi? Una schiena più dritta per i giornalisti?
Tutto ciò che hai detto. Certo, serve un codice etico, morale nei giornalisti. Ma innanzitutto serve la consapevolezza che siamo in un momento storico inedito. Negli ultimi anni abbiamo dibattuto del futuro dei giornali, del rischio che internet ucciderà la carta stampata, della pubblicità troppo invasiva… Sono tempi che rimpiangeremo. Oggi in ballo c’è la libertà. Quando in un governo si dice che la Costituzione è un ostacolo per governare…