Josè Saramago, L’ultimo quaderno, traduzione R. Desti, Feltrinelli
Anche se sono passati quattro mesi dalla morte del Premio Nobel lusitano, ci fa un po’ effetto il titolo di questo volume che raccoglie i suoi ultimi scritti. Perché vuole dire che da questo momento non avremo più la possibilità di leggere le sue storie e, in questo caso, le sue riflessioni sul mondo e le persone che ci stanno attorno. Potremo sempre rileggerlo, ripercorrendo le strade portoghesi del suo “Viaggio in Portogallo” o quelle europee dell'”Elefante”; ritornare a Fatima con Ricardo Reis o metterci alla ricerca della donna misteriosa di “Tutti i nomi”; accompagnare Gesù Cristo verso il suo inevitabile sacrificio, o perderci nella Città dei Ciechi…
Ci resta questo “Ultimo quaderno” in cui, come nei precedenti “Quaderni di Lanzarote” (Einaudi) e “Il Quaderno” (Bollati Boringhieri), Saramago commenta ciò che vede o che legge o sente tra marzo e novembre 2009: il terremoto in Abruzzo, Berlusconi, Pessoa, Galeano, la pandemia influenzale, Israele, il Chiapas, Sarkozy, i film o gli scrittori più amati, Ernesto Sabato, Umberto Eco, la moglie Pilar, i suoi cani…
La sua vita quotidiana, insomma, in “un mondo che sta andando di male in peggio”.
Amin Maalouf, Un mondo senza regole, traduzione di F.Ascari, Bompiani
“Siamo entrati nel nuovo secolo senza bussola”: il mondo, la nave sulla quale siamo imbarcati, va ormai alla deriva, rischia il naufragio. E la causa di ciò è da ricercarsi in quegli “squilibri” – intellettuali, finanziari, climatici, geopolitica, etici e morali – che caratterizzano la nostra epoca. Sono queste le inquietudini di Amin Maalouf – lo studioso libanese cui è stato recentemente conferito, a Cosenza, il Premio per la Cultura Mediterranea -, che vede affievolirsi (e a volte addirittura spegnersi) i “lumi” della ragione; sostenitore di una “libertà” che credeva si potesse estendere al mondo intero e che invece ha difficoltà a imporsi. Un’approfondita indagine che cerca di esaminare la maggior parte delle crisi che il pianeta sta attraversando per infine proporre una sorta di “rivoluzione culturale”, che metta al primo posto la cultura e la conoscenza delle culture altrui, per un futuro improntato al dialogo e all’integrazione.
Pablo Neruda, Un giorno ancora, a cura di V. Nardoni, Passigli
“Aún” (questo il titolo originale) venne scritto da Pablo Neruda di getto, in due soli giorni, tra il 5 e il 6 luglio del 1969. Sono vent’otto frammenti che compongono un poema di rara bellezza – per la prima volta tradotto in italiano – che dà vita a un racconto di sé che il poeta affronta “senza esprimere giudizi”. Esserci, insomma, esserci “ancora” (“aún”). Raccontarsi per rigenerarsi, annotando circostanze, ricordi e riflessioni, su sé stesso e sulla sua terra.
“Un giorno ancora” è un poema “urgente e asciutto” – sottolinea Valerio Tardoni nella sua bella Prefazione -, una scrittura “accaduta” che riesce ad esprimere tutto il vigore e tutta la profondità della sua ispirazione.
Paolo Collo (Torino, 1950) ha lavorato per oltre trentacinque anni in Einaudi, di cui è tuttora consulente. Ha collaborato con “Tuttolibri” , “L’Indice” e “Repubblica”. Ogni settimana ha una rubrica di recensioni su "Il Fatto Quotidiano". Curatore scientifico di diverse manifestazioni culturali a Torino, Milano, Cuneo, Ivrea, Trieste, Catanzaro. Ha tradotto e curato testi di molti autori, tra cui Borges, Soriano, Rulfo, Amado, Saramago, Pessoa.