Ci ri-siamo. L’indissolubile connubio tra camorra, alta imprenditoria e istituzioni torna d’attualità. Ancora, incessantemente, indecentemente. In una recente retata dei carabinieri del ROS, sviluppatasi nell’ambito delle indagini contro il clan dei casalesi, è stato arrestato Nicola Ferraro, ex consigliere regionale dell’Udeur, insieme a suo fratello Luigi, imprenditore che gestiva la ditta di famiglia.
Se si può comprendere il perché della continua ricerca di questa mutua collaborazione da parte della camorra, entità che da sempre tende a volersi affermare nelle vesti di anti-Stato, e del mondo dell’imprenditoria allettato dai facili guadagni non più sottoposti al vincolo dell’etica e della liceità che una società democratica impone; rimane il dubbio sul perché in terra di Campania sempre più politici si “vendono al nemico” sostenendo il progetto malavitoso e accettando così di collaborare attivamente alla distruzione della democrazia e della legalità che essi stessi in teoria, molto in teoria purtroppo, dovrebbero rappresentare.
L’elenco dei politici che negli anni sono stati sospettati di collusione o di cui addirittura è stata provata la collaborazione con ambienti camorristici è veramente lunga. Giovandomenico Lepore, procuratore capo della Repubblica nella città di Napoli, ha affermato che il 30 per cento dei politici campani è colluso con la camorra. Non è un dato difficile da ammettere che sia amaramente veritiero, sopratutto alla luce del fatto che su un totale di 92 comuni esistenti nella provincia napoletana, nel corso degli anni, ben 70 sono stati sciolti per infiltrazioni camorristiche, alcuni sono stati toccati da questo provvedimento anche più volte.
Nelle televisioni degli italiani praticamente settimanalmente riecheggiano i festeggiamenti per gli arresti di frange della camorra armata senza che si comprenda che si sta, certo legittimamente, ma gioendo per la cattura di chi commette atti che si trovano all’ultimo anello della catena delittuosa. L’allontanamento dalla società di spietati killer è un evento sicuramente positivo ma che sembra funzionare bene anche come “fumo negli occhi”. Viene così indotto un senso di appagamento, di convincimento che tutto si sta facendo al meglio per combattere la camorra ma che in realtà rischia di nascondere il fatto che verso la fonte principale del potere mafioso, cioè lo stretto rapporto esistente, e che va via via sempre più a consolidarsi, tra la camorra e istituzioni quasi sempre politiche, non si sta facendo molto.
Anzi. Verso chi è fortemente sospettato di questi gravissimi delitti, che poi generano a cascata tutti gli altri, si vorrebbe quasi indurre un clima di garantismo, di derubricazione del reato quando invece è chiaro che questo cancro necessiterebbe di fermezza e rigore morale per poter essere definitivamente eliminato. È parere personale ma la lotta tra Stato e mafie è talmente delicata che il prezzo dell’allontanamento dalle istituzioni di una persona ritenuta, forse anche erroneamente, in odor di camorra è accettabile piuttosto che rischiare di trovarsi nella situazione di concedere le leve del comando a qualcuno che più che per i cittadini lavora alacremente per il bene del clan. Bisogna fare in modo che diventi chiaro che i perversi intrecci tra politica e mafia non sono una conseguenza dell’operato criminale ma sono invece all’origine di tutto il potere mafioso. è solo recidendo di netto questo insano rapporto che si potrà decapitare i vertici malavitosi in maniera definitiva. Purtroppo tutto il resto è accessorio e transitorio.
Ma torniamo ai fatti di attualità di questi giorni. Il 12 luglio scorso il reparto dei Ros, il raggruppamento operativo speciale dell’Arma dei carabinieri, in un operazione congiunta con la Dda, la Direzione Distrettuale Antimafia, di Napoli hanno arrestato 17 persone accusate, a vario titolo, di estorsione, turbativa d’asta, associazione camorristica, concorso in traffico illegale di rifiuti speciali e tossici.
Dalle indagini emerge un quadro in cui il clan dei casalesi, proficuamente sostenuto e spalleggiato da politici e amministratori compiacenti, facevano in modo che la gestione di molti lavori strategici per l’amministrazione di quello che è ormai diventato “l’affare rifiuti Campania” venisse affidata ad aziende vicine ai camorristi così da arricchire la malavita stando ben attenti a non risolvere l’annoso problema che i campani sono costretti a sopportare sulla loro pelle e che è alla base della stragrande maggioranza della ricchezza della camorra.
Tra i nomi dei destinatari dei mandati di cattura compaiono quelli di camorristi di primo piano come il super latitante Antonio Iovine – boss dei casalesi condannato all’ergastolo nel processo d’appello del maxiprocesso Spartacus – e Nicola Schiavone – figlio del noto boss Francesco Schiavone detto Sandokan – ma anche, anzi ancora, quelli di uomini politici di spicco.
Questa volta è toccato finire in carcere a Nicola Ferraro e non è la prima volta che il nome di questo politico originario di Casal di Principe (CE) compare tra i sospettati di collusioni camorriste essendo già stato coinvolto nello scandalo delle assunzioni all’Arpac che gli aveva procurato addirittura un decreto di divieto di dimora in Campania, poi revocato. I magistrati, nella recente disposizione, dichiarano che l’intera ascesa politica dell’uomo è stata favorita dai suoi contatti con i clan Bidognetti e Schiavone, senza che venisse disdegnato anche l’aiuto da parte del clan Belforte.
Il gip, nell’ordinanza, scrive:
Maurizio Mazzotti, dirigente del settore pianificazione, programmazione e assetto del territorio del Comune di Caserta nonché responsabile del procedimento Urban, Nicola Ferraro, consigliere regionale Udeur e soggetto influente sulla pubblica amministrazione del Comune di Caserta, Paolino Maddaloni, vice prefetto delegato per lo stanziamento dei fondi, e Sergio Solmi, titolare dell’impresa Orion predestinata a vincere la gara, turbavano il pubblico incanto relativo ai lavori per l’installazione, nella gara pubblica bandita dal Comune di Caserta, delle centraline per il monitoraggio della qualità dell’area nel territorio comunale di Caserta per importo complessivo di 530 mila euro.
Il progetto iniziale che riguarda queste centraline era stato approvato dal comune di Caserta nel 2004 e prevedeva un esborso di denaro pubblico di 387 mila euro, la spesa poi era lievitata senza controllo raggiungendo la cifra astronomica di un milione e 400 mila euro. Soldi destinati alla camorra che venivano riciclati attraverso un circuito economico che comprende imprese, complessi turistici, appartamenti e terreni. Il valore dei beni sequestrati si aggira intorno al miliardo di euro, in epoca di crisi finanziaria un’enormità di denaro che fa comprendere come l’economia della camorra non sia stata sfiorata dalla recessione che ha colpito il Paese.
Al contrario più il Paese e i suoi abitanti si impoveriscono, più le mafie si arricchiscono. Questo è un concetto che deve essere chiaro a tutti.
Susanna A. Pejrano Ambivero (Milano, 06 Agosto 1971) ha una formazione medico scientifica, spesso impegnata in battaglie sociali e culturali soprattutto nell ambito del contrasto alla mentalità mafiosa. Vive nel profondo nord, a Cologno Monzese (MI), località tristemente nota per fatti di cronaca legati a 'ndrangheta e camorra.