Davvero la destra di Gerusalemme vuole "ragionare" sulla pace moltiplicando gli insediamenti di coloni che rubano terre ai proprietari palestinesi? Il mondo arabo vive le sue primavere all'ombra di antiche egemonie che non vorrebbero lasciare il campo, ma ormai devono farlo con una memoria storica concreta e non affidata alle protezioni armate
Ecco il primo passo per una patria palestinese: non solo Obama e non solo Israele dopo 63 anni di guerre e ipocrisie
26-09-2011
di
Alfonso Hegera De Haro
Dopo la prima guerra mondiale, nei sei mesi della Conferenza di Pace del 1919, l’attenzione del mondo si era concentrata nel disegnare le frontiere tanto in Europa come in Medio Oriente. Nella conferenza il quartetto Francia, Regno Unito e Italia integrati dagli Stati Uniti si sono presi autorità e responsabilità nel delimitare le frontiere delle nazioni rivali. In quei giorni si chiedeva a Weizmann annunciato come guida di Israele, con quale diritto gli ebrei avevano la pretesa di un loro stato.
E Weizmann rispondeva che “la memoria è un diritto”. Oggi non esiste ancora una definizione pacifica di Stato ed è così che il riconoscimento di altri stati risulta essenziale. Ma oggi, a differenza di ieri, è cambiata la memoria storica come fonte di diritto. Il problema che oggi si discute alle Nazioni Unite riguarda chi deve partecipare alla demilitazione di questi memoria storica e nel caso dello Stato Palestinese. Fra gli scenari possibili il meno indeterminato (veto Usa al Consiglio di Sicurezza nel caso di un voto in favore di una Palestina membro pieno diritto dell’Onu) è l’ipotesi che bisogna evitare. Se dovesse succedere, gli Stati Uniti risulterebbero meno credibili tanto nella promozione di una soluzione che preveda due stati, com’è suo interesse per non apparire più potenza egemonica nei conflitti regionali per poter da appoggiare senza sospetti la primavera araba. Anche i palestinesi non possono prescindere dagli Stati Uniti nel rifiutarne il patrocinio durante nuove negoziazioni e sopportare le conseguenze di una riduzione economica degli aiuti.
Altro scenario possibile è che la Palestina ottenga il riconoscimento di uno stato da una risoluzione dell’Assemblea delle Nazioni Unite. Riconoscimento che può essere accompagnato dalla promozione del suo status come Stato e non osservatore permanente. In questo scenario l’Assemblea Generale potrebbe approvare altre risoluzioni, condivise dal Consiglio di Sicurezza: delimitazione delle frontiere e degli insediamenti (che continuano a erodere proprietà palestinesi). E così la memoria storica si concretizzerebbe in un risultato di convergenza collettiva e non di un negoziato bilaterale con amnesie selettive.
Alfonso Hegera De Haro, saggista, insegna scienze politiche a Madrid.