I Gadoev e gli attori sul set durante le riprese. Edoardo Palma, regista; Stefano Grilli, direttore della fotografia; Damiano Fontanabona, fonico; Matteo Cervellati, operatore video; Luca Mussoni, aiuto regista e post produzione. Filippo Pagotto, Valentina Grasso, Daniele Bergonzi, attori. Cristina Buono, produttrice.
«Questa è la Terra… C’è stato un tempo in cui era così… C’è stato un tempo in cui c’era il mare».
Inizia con queste parole la storia di Charls Lee, inventore genialoide che conosce cose ormai dimenticate, come la letteratura e la fisica e che si mette in testa di ricreare il mare. Personaggio strambo e poetico forgiato dalla mente di cinque ragazzi di Bologna, che li ha portati a vincere, con il “miglior film”, il 48 Go Green Festival, contest internazionale dedicato a tematiche ambientali, in cui si sono sfidati 400 team di videomaker di tutto il mondo. Hanno più o meno trent’anni, rispondono al nome di Gadoev e il 17 maggio atterreranno a Cannes per proiettare questo loro ultimo corto, Charlie, the man who brought back the sea. Una tappa che fa parte del primo premio ricevuto al Go Green ed in cui la produzione cinematografica italiana sfilerà al fianco dei migliori cineasti internazionali.
Un cortometraggio di 6 minuti per una favola dal sapore d’altri tempi, ma ambientata nel futuro, realizzata in sole 48 ore. Questa la peculiarità del Go Green, che è una vera sfida contro il tempo: vengono estratti un tema e tre elementi obbligatori, poi parte il conto alla rovescia ed i concorrenti devono ideare un corto, girarlo e montarlo in sole 48 ore.
«Quando è stata estratta la tematica ho pensato, “ecco, la più difficile che ci potesse capitare” – racconta Edoardo Palma, regista della Gadoev – era saltata fuori proprio la salvaguardia degli oceani, ma noi eravamo a Bologna ed in sole 48 ore era impossibile girare tutto il corto al mare.. Quindi ci siamo dovuti ingegnare, ma forse è anche perchè l’abbiamo vissuto come una bella scommessa che il lavoro è ben riuscito».
Raccontaci le tappe della produzione del corto… Prima che fosse dato il via alla competizione non sapevate neppure di cosa avreste dovuto parlare, vero?
«Esatto. Sapevamo solo che c’erano 12 tematiche ambientali, ma non quale ci sarebbe toccata. Poi c’hanno dato 3 elementi fissi, un personaggio, un oggetto e una frase e noi abbiamo dovuto costruire la storia intorno ad essi, in modo da renderli il più coerente possibile».
Quindi c’avete lavorato giorno e notte…
«In pratica sì. Giusto un po’ di sonno per non crollare…In un’ora avevamo l’idea, poi ho iniziato a scrivere la sceneggiatura mentre gli altri preparavano il set, abbiamo contattato gli attori e la mattina presto abbiamo iniziato a girare».
Gadoev durante le riprese
Tutto a Bologna?
«Sì, tutto girato all’interno del Crash. Solo l’ultima scena è stata ripresa a Marina di Ravenna, l’ultimo giorno mentre io stavo già montando, perchè non si poteva chiudere il filmato senza avere almeno un’immagine del mare».
Per arrivare al primo premio, avete dovuto superare tre fasi di votazione.
«Proprio così. Il primo, secondo noi il più difficile, era un’eliminatoria giocata coi voti raccolti sui social network. Non credevamo di farcela perché c’erano team, specilamente americani, che avevano sicuramente più contatti di noi. E invece siamo arrivati tra i primi 16».
Il vostro corto quindi ha fatto il giro della rete, Facebook, Twitter. Secondo voi perché tanto successo?
«Forse perché è una favola, al contrario degli altri video, non è pessimista, ma, senza sottovalutare i danni dell’uomo al pianeta, lascia comunque spazio alla speranza. Così ci siamo accorti che il video, primo postato tra i nostri amici ha iniziato a girare su un circuito virale ed è stato votato da moltissime persone».
Nella seconda fase avete superato la selezione della giuria specialistica e siete rientrati tra i primi 5, poi un nuovo voto online vi ha decretato vincitori, e adesso vi aspetta Cannes…
Sì, proietteremo due corti nello Short Film Corner: “Gesti”, con cui l’anno scorso abbiamo vinto il 48 Houres Film Project, e “Charlie the man who brought back the sea”.
Cosa avete imparato da quest’esperienza?
«Il Go Green, coi suoi tempi strettissimi – racconta il regista – ci ha insegnato l’importanza del gruppo. Ci sono team che in queste occasioni arrivano addirittura a sfasciarsi. La conoscenza reciproca, l’organizzazione e l’intesa che abbiamo acquisito lavorando insieme, sono state il nostro punto di forza».
Immagino che realizzare un video in 48 ore dia tanta adrenalina, qual è il bello questo tipo di concorsi per voi?
«La cosa più bella è la spontaneità. In una circostanza come questa non hai il tempo di consultare libri, manuali. Ti devi fidare di quello che hai già acquisito e del tuo istinto. Non puoi essere troppo critico verso te stesso, lavori d’impulso e d’improvvisazione».
Giada Oliva, giornalista, si è occupata a lungo di Paesi in via di sviluppo e di cooperazione internazionale. Attualmente lavora nell'ambito della comunicazione politica e continua a seguire ciò che accade dall'altra parte del pianeta.