"Terraferma" di Crialese grida l'indignazione per il riportare nei luoghi dell'orrore chi scappa da morte, fame e paura. La Germania non poteva gridare durante la Shoah. Noi possiamo, ma quanti benpensanti alzano la voce?
Quando un film italiano è più civile del Parlamento italiano
15-09-2011
di
Enrico Peyretti
L’unica differenza tra la nostra Italia di oggi, di cui siamo tutti responsabili, e la Germania nazista, è che noi ora possiamo – perciò dobbiamo – gridare forte, come grida, col linguaggio proprio del cinema, questo film, “Terraferma” di Emanuele Crialese. Esso è più civile del Parlamento e di chi lo ha voluto composto così. È più civile dell’insieme dei media e della critica intellettuale, morale, e politica. La legge del mare, che i pescatori dell’isola hanno nel sangue, obbliga a salvare ogni vita umana. La legge italiana lo vieta. Questa Italia, di cui siamo tutti responsabili, anche chi è contro il governo, è disumana. La disumanità infetta tutti.
Ma chi conserva un cuore, nonostante contraddizioni e cadute, può liberare l’umanità da quella peste, solo se disobbedisce. La legge umana può essere obbedita solo delegittimando e disobbedendo attivamente alla legge della discriminazione selettiva delle vite. Il fenomeno delle migrazioni va affrontato in qualche modo politico, eccetto questo. I “volenterosi carnefici di Hitler”, col loro silenzio, erano più scusabili di noi, che non rischiamo la vita come loro. Ma ci giochiamo la qualità umana, che è peggio.
Enrico Peyretti, intellettuale impegnato nel movimento per la nonviolenza e la Pace. Ricercatore nel Centro Studi “Domenico Sereno Regis” di Torino, sede dell’Italian Peace Research Institute. È membro del Centro Interatenei Studi per la Pace. Fra i suoi libri: “Per perdere la guerra” (Beppe Grande, Torino); “Dov’è la vittoria?” (Il Segno, Gabrielli); “Il diritto di non uccidere, schegge di speranza” (Il Margine, Trento)