L’ALTRA GUERRA DELL’AFGHANISTAN: EROINA, DROGATI IN FIN DI VITA, DIFFICILE SALVARLI
12-09-2009
di
Andrea Pira
Due milioni di tossicodipendenti ( su tre milioni di abitanti ) vagano fra le macerie alla ricerca di droga o di medici che li possano curare.
Tra le macerie del ex centro culturale russo della capitale afghana Kabul hanno trovato rifugio 1600 persone, tutte tossicodipendenti. Molti vanno lì solo per drogarsi, altri, almeno 650 hanno fatto di quel palazzo dismesso la loro casa. Il centro una delle realtà nascoste dell’Afghanistan, un simbolo di un fenomeno dalle dimensioni. Secondo i dati ufficiali, nel paese centro asiatico la tossicodipendenza riguarderebbe 920 mila di afghani, ma le ultime stime del Dipartimento di Stato americano parlano di due milioni di tossicodipendenti. Una catastrofe sociale in un paese che contata trenta milioni di abitanti. Un fenomeno nuovo, legato alla riduzione del prezzo dell’oppio, sceso di un terzo rispetto all’anno scorso. La droga a basso prezzo ha invaso il mercato locale, spingendo nel tunnel i cittadini afghani.
L’Afghanistan da tempo il principale produttore di oppio al mondo, battendo ogni record con il raccolto del 2007, ma da allora la coltivazione ha iniziato a calare.
I dati del rapporto delle Nazioni Unite sulla produzione di oppio in Afghanistan parlano di un calo delle coltivazioni pari al 22 percento. I campi di papavero, che nel 2008 coprivano 157 mila ettari sono passati quest’anno a 120 mila ettari. Più modesto il calo della produzione, un 10 percento in meno che ha visto il raccolto passare dalle 7.700 tonnellate del 2008 alle 6.900 di quest’anno. Riduzione dovuta principalmente alle leggi di mercato. L’offerta supera la domanda, la produzione più di quanto il mercato mondiale richieda. E così produttori e trafficanti si adeguano. I primi passando ad altre colture, i secondi cercando nuovi acquirenti svendendo la droga nel mercato afghano. Le conseguenze di questa nuova strategia sono visibili all’esterno del centro di riabilitazione di Kabul,aperto per iniziativa del Ministero della Salute afghano e gestito dall’Ong Nejat Centre. Ho aspettato qui per oltre due mesi racconta un ragazzo della provincia settentrionale di Faryab all’ agenzia Irin news. Con lui sono in molti. Ehsanullah ventotto anni, in lista d’attesa da tre mesi. Almeno altre 200 persone aspettano accampate nelle vicinanze del centro per poter ricevere un trattamento gratuito. Da quando attivato nel maggio 2009 il centro ha dato aiuto a oltre 400 persone, dipendenti soprattutto dall’oppio e dall’eroina. Ma le condizioni sono difficili. Molti tra i pazienti sentono su di loro lo sguardo della popolazione. Le persone fanno sarcasmo, ci chiamano podary (dipendenti dall’eroina) spiega Shir Agha. Molti soffrono per la povertà e la fame, per loro la droga é uno dei modi per sfuggire alla realtà del paese. Mi dimentico dei miei dolori dice Ali, uno degli abitanti del ex centro di cultura russo non penso al passato n al futuro, ma quando l’effetto della droga finisce allora ho bisogno di una nuova dose. C’ é chi definisce l’oppio il proprio dottore e fuma quando lo stomaco fa male. La povertà accomuna consumatori e coltivatori. I produttori spesso non hanno altra scelta e sono costretti dai talebani a coltivare papaveri da oppio. Dicono che coltivando i papaveri dimostriamo il nostro sostegno alla lotta contro gli americani sembra giustificarsi un agricoltore di nome Abdul Majid. I coltivatori sono presi tra l’incudine e il martello. Se coltiviamo i papaveri il governo distrugge i campi, se non lo facciamo i talebani pensano che siamo schierati contro di loro ecco il dilemma degli agricoltori afghani. Ma i coltivatori non hanno benefici da queste coltivazioni e sono costretti a giorni e notti di miseria, racconta Dost Mohammad, un agricoltore, intervistato dall’agenzia Reuters. Si schiera contro i programmi di eradicazioni (bruciare o fumigare i campi) delle autorità. Lavoriamo duramente per mesi, il governo non può distruggere tutto in un giorno. Ma la protesta di chi coltiva l’oppio non risparmia neanche i trafficanti. Sono immuni. Non vengono colpiti né dal governo né dai talebani. Per il primo sono uomini d’affari, per i secondi una fonte di guadagno. E spesso trafficanti e governo si incontrano. Come nella persona dell’ex ministro della Difesa afghano Marshal Muhammad Qasim Fahim, indicato dal presidente Hamid Karzai come suo vice nella rielezione che sembra quasi sicura sarebbe coinvolto nel traffico di droga, che fonti di intelligence americana dicono coinvolto nel traffico di droga. Mentre il mercato inizia ad essere dominato dai primi narco-cartelli, un fenomeno che rende l’Afghanistan simile alla Colombia e rischia di far perdere ai trafficanti la purezza ideologica dovuta alla lotta contro gli americani per virare verso il più vile denaro. In mezzo i coltivatori. Per loro la scelta dell’oppio quasi obbligata, nessun altra coltivazione potrà mai essere cos redditizia. L’Unodoc, l’organizzazione dell’Onu per la lotta contro la droga e il crimine, diretta dall’italiano Antonio Maria Costa, individua la radice del problema. Ad essere sradicate non devono essere tanto le piante, quanto la povertà, che rende inscindibili i problemi del paese e la droga.
Sono nato a Nuoro, un tempo considerata l'Atene sarda, e da lì ho intrapreso il viaggio verso nuovi orizzonti: Roma, l'Olanda, la Cina. Sono orientalista e sinologo. Da maggio 2009 collaboro con l'associazione di giornalisti "Lettera 22". Ho scritto per il Manifesto, il Riformista, il Mattino e la Nuova Sardegna; parlando di Cina, Indonesia, Afghanistan, Yemen e Iran.