Per chissà quale timore la vita continua come prima. Un anno fa, «ripulite» le fermate dell’attentato al metrò, né un fiore, né una candela della memoria. Normalità imposta da chi? Com’è lontana la New York dell’11 settembre: attorno alla voragine delle Due Torri per mesi la testimonianze del dolore e della pietà rispettate per non dimenticare
Le bombe di Mosca: la gente pattina al Gorky Park come non fosse successo niente
25-01-2011
di
Daniela Miotto
Mosca – Ancora. Un’altra bomba, altro attentato. Nella primavera 2010 la metropolitana, persone che andavano al lavoro e a scuola. Oggi la gente che si sposta per affari o per chissà cosa.. Le notizie sono poche, qualche comunicato ufficiale, il Ministro per la salute promette aiuto psicologico, quello dei trasporti rapidità di intervento. Cerco su internet qualche notizia dai giornali russi on-line. Poche parole, 31 morti e 100 feriti. Forse le notizie vere le leggerò solo sulla stampa straniera domani. Ho cercato su mail.ru per vedere se c’erano persone che raccontavano qualcosa, se c’era rabbia, paura. Finora non ho letto nulla. Quando a primavera esplosero le bombe in metropolitana per qualche giorno evitai le fermate colpite per pudore, per rispetto ma poi la prima volta che scesi ai binari rimasi allibita dal “nulla” : ne un fiore ne un bigliettino, una foto. Come se non fosse successo niente. Non penso assolutamente che la gente qui sia meno sensibile, ma che vi sia una “pulizia calcolata” dei luoghi e dei sentimenti per esibire la normalità e l’efficienza. Abitavo a New York l’11 settembre e per mesi nessuna foto, nessun biglietto, nessuna candela fu toccata perchè il luogo colpito non può da un giorno all’altro tornare “normale”.
Le parole: attentato, Caucaso, integralisti sono subito sulla bocca di tutti. Diagnosi veloce, colpevole facile da individuare. Penso alle persone, alla paura nel fumo e nella confusione. Ci sono stata pochi giorni fa in quell’aeroporto e “dovrei” ripartire dopo domani. Ci si arriva con un trenino un po’ malandato rosso e verde che parte da una stazione rubata alla Mosca del dottor. Živago. L’aeroporto è incasinato, una costruzione moderna ma piena di chioschetti che vendono panini e gente che non rispetta le file. Per uscire dagli Arrivi e scendere nei sotterranei a prendere la macchina c’è una scaletta in mattonelle beige che ricorda quella dei condomini delle nostre vecchie periferie. Tre giorni fa ero lì, trascinando una valigia pesantissima ed ho proprio pensato che sarebbe stata una trappola per topi nel caso di un fuggi-fuggi d’ emergenza. Mi vengono i brividi solo a pensare quello che è successo Ieri pomeriggio siamo andati a Gorky Park, una passeggiata sotto la neve e sono rimasta a bocca aperta nel vedere centinaia di persone pattinare non nella solita pista ovale che tutti conosciamo ma sulle stradine, sui vialetti ghiacciati del patco: eravamo gli unici senza lame sotto i piedi , famigliole, fidanzatini pattinavano con la musica di una marcetta di altri tempi. Per la prima volta mi sentivo finalmente tra gente normale che passava il pomeriggio all’aperto, senza lusso, “firme” e ricchezza da esibire. Ero felice di aver trovato la consuetudine, la regolarità forse anche la banalità di Mosca. Invece…
Daniela Miotto insegna a Torino, dove vive quando suo marito non la trascina in giro per il mondo. Attualmente abita a Mosca senza conoscere una parola di russo. Sbircia il mondo a volte senza capirlo, ma è convinta che curiosare sia una delle attività più stimolanti e divertenti che si possano fare