Un Paese è forte quando il suo popolo lo ama. Quel popolo non è mai stato così eterogeneo prima d’ora e i 150 anni d’Italia sono attesi anche dai non italiani. Con non-italiani si intende quella parte della popolazione di origine non italiana ma che ormai né è parte a tutti gli effetti, aldilà di qualsiasi iter burocratico o differenza culturale. Gli immigrati oggi costituiscono un’abbondante fetta della nostra popolazione ed è anche loro il diritto di sentirsi italiani. Alcune testimonianze che riporteremo di seguito dimostrano come l’Italia sia ancora il bel Paese di una volta, l’isola felice che molti vogliono raggiungere nonostante alcune problematiche irrisolte e la crisi pseudo culturale di questi ultimi tempi. Un ragazzo cinese e una ragazza albanese: due etnie completamente diverse ma un’identica esperienza in comune, quella italiana.
Quando l’Italia era la terra promessa, il paese della costa di fronte
La prima volta che ho visto l’Italia non è stato il primo di settembre del 2006, ma ben prima. Mi ritrovavo in vacanza a Valona, a sud dell’Albania. Era una bellissima giornata d’agosto con un cielo nitido, mi trovavo sulla riviera del mar Ionio ed è stato proprio lì che ho visto la Puglia, un pezzo del Paese della costa di fronte. La costa per antonomasia che nel bene o nel male è stata la salvezza, ma purtroppo anche la tragedia del popolo albanese in vent’anni di immigrazione.
Ero una studentessa. Arrivai in Italia con uno status privilegiato il quale mi ha sicuramente facilitato il percorso personale e burocratico. Avevo già una buona conoscenza della lingua, avevo studiato la storia, la cultura, gli usi e costumi dell’Italia, ma tutto ciò non bastava. Non è stato tutto facile, avevo vinto una borsa di studio nel mio Paese che mi ha permesso di continuare il mio percorso ma l’approccio in Italia è stato totalmente diverso da come lo aspettavo.
Oggi in Italia la seconda comunità straniera più numerosa è quella albanese (i dati Istat 1° gennaio 2010: 467 mila residenti, 11% del totale degli stranieri).
Alcuni hanno avuto la cittadinanza, hanno un lavoro fisso, case acquistate, in poche parole sono riusciti ad integrarsi bene insieme con le loro famiglie. Il loro inizio però è ben diverso dal mio. Sono arrivati qui con gli esodi massicci del luglio 1990. Ancora prima, nell’89 Romeo riesce a sfuggire. Faceva il pescatore a Valona e proprio con il suo peschereccio e un gruppo di amici sfugge dall’Albania quando il comunismo era ancora molto repressivo. Per quanto tale poteva essere il regime (nonostante la repressione e le difficoltà che essa comportava), la sua era una generazione che aveva studiato, letto ed era cresciuta con il mito dell’Italia degli anni ’70 e ’80.
Seguivano Canzonissima, Sanremo inventandosi le cosi dette “parabole lattina di birra” per sintonizzarsi sulle frequenze della RAI. Ricorda cosi quel giorno Romeo: “Eravamo assolutamente convinti, in quelle circostanze, che due erano le opzioni: o vita cioè libertà o morte se la Guardia Costiera ci avrebbe fermati”. Arrivano a Brindisi, ricorda come il porto si è riempito, tutti lì a guardare questo peschereccio o meglio queste persone, l’accoglienza e l’ospitalità della gente comune, della Caritas e della Croce Rossa. Cittadini agiati che hanno offerto pure le loro case per ospitarli, ma loro erano i primi rifugiati che avevano il diritto dell’asilo politico.
È nel 1997, con il crollo delle società finanziare, che il flusso migratorio ha ripreso ad assumere dimensioni allarmanti. Riescono a sfuggire tutti e il gommone diventa il mezzo di trasporto accessibile a tutti. L’Albania è il punto di arrivo ( per curdi, turchi, cinesi) e punto di partenza verso l’ovest. Ed è la tragedia di Otranto del 28 di marzo 1997 dove perdono la vita 142 persone. Violeta ha perso i suoi due suoceri, i due cognati, il marito e i loro due figli. Hanno avuto un risarcimento materiale (in denaro), ma lei commenta: “Alcuni ci hanno detto di accontentarci, alla fine è una somma considerevole, ma mi fanno tanta rabbia. Quando ho dovuto firmare i documenti mi sono sentita ancora peggio. È come se avessi firmato il prezzo delle loro vite, è il rimorso che mi porterò per tutta la vita perché siamo stati io e mio marito a convincerli a lasciare il paese per una vita migliore”.
Poi c’è Edmond, Artur, Anna, Flavio, Alessandro, Leo insieme con le loro famiglie, ognuno con la propria esperienza, c’è chi vuole tornare in Albania e c’è chi non ci pensa neanche. Oggi loro sono gli extracomunitari in possesso di un permesso di soggiorno. Un giorno mi trovavo in biblioteca, la segretaria casualmente ha visto i miei dati personali e, quasi allibita mi dice: “Ah però , non si direbbe che sei albanese”. In quel momento ho provato disagio, imbarazzo, non sapevo se prenderlo come un complimento o un’offesa.
Posso solo dire che quattro intensissimi anni trascorsi in Italia, li ho accumulati e metabolizzati molto, presa quasi totalmente dal modo di vivere che ho trovato qui. Oramai “la costa di fronte” è l’Albania, e straniera mi sento lì. Fare un ritratto dell’Italia attraverso lo sguardo di una straniera, vuol dire per me mettere sui piatti di una bilancia quelli che erano i miei sogni prima di vivere qui e le mie aspettative dopo un po’ di anni vissuti in questo paese.
L’Italia è il bel paese: il sole, il buon cibo e la moda. Sono cresciuta studiando la storia,la lingua, la musica: tutto quello che era possibile diventava letteralmente una sfida per una dittatura tanta repressiva e primitiva come quella di Enver Hoxha. Proprio cosi, l’unico ponte di comunicazione con l’Occidente era l’Italia quasi una mitizzazione di questo paese. Il nome più bello italiano era Marina, come il titolo della canzone di Rocco Granata che ci accompagnava tutte le estati al mare, quel mare che bastava attraversare per conquistare la libertà. Mi attirava quel carattere mite degli italiani, molto creativi ed amichevoli tanto che qui basta dire solo “Ciao!” e hai già guadagnato un sorriso.
L’altra faccia della medaglia è la corruzione, il razzismo strisciante, gli scandali sessuali che coinvolgono anche la politica e lo stupore che tutto è tollerato e metabolizzato. Ogni tanto mi riesce difficile inquadrare gli italiani. Li vedo corretti quando si tratta di rispettare la cultura degli stranieri e la presenza dei posti di culto di varie religioni e non impongono costrizioni per modificare l’identità culturale di una persona. Basta, però, un fatto di cronaca nera dove per un errore uno straniero viene indagato per un sequestro e subito si mobilitano contro gli stranieri. Oggi nei programmi televisivi si discute su quesiti del tipo: è giusto o sbagliato far studiare i figli degli italiani nella stessa classe con i figli degli stranieri?
Diverse indagini statistiche mostrano che agli italiani l’immigrazione clandestina fa paura e si invoca un pugno duro, invece nei confronti dell’immigrazione legale si dimostrano tra i più tolleranti: il 53% di loro è favorevole ad estendere il diritto di voto amministrativo agli immigranti con il permesso di soggiorno.
L’immigrazione ha costruito il mondo, ma oggi il fenomeno visto da un’altra ottica si definisce problematico e pericoloso e porta con se un po’ di razzismo. Gli stessi italiani sono stati protagonisti del più grande esodo migratorio della storia moderna e i fenomeni dell’immigrazione e dell’emigrazione non si sono ancora esauriti.
Descritti come coloro che davano un contributo alla crescita del fenomeno della delinquenza nelle città americane, le statistiche censivano separatamente italiani del Nord e del Sud alimentando, cosi, il giudizio antimeridionale. “Made in Italy” è la garanzia all’estero, nei prodotti alimentari, nella moda, nella produzione artistica. Questa breve storia d’Italia non può fare giustizia per i numerosi meriti che compongono la storia di una nazione. È la storia che si ripete, solo i nomi sono cambiati!
Per quanto riguarda più specificamente quello che sento dire dai i miei amici o compagni dell’università su come vedono loro gli albanesi e l’Albania le opinioni sono diverse: si passa da chi non conosce neanche la posizione geografica dell’Albania a quelli che guardano con curiosità questo piccolo paese così vicino, ma anche lontano per certi versi. Sono tante le cose in comune che si condividono, mentalità e punti di vista.
“Abbiamo gli stessi valori e ideali per la famiglia e l’amicizia”, mi risponde Giorgia. “Bisogna conoscere cose c’è aldilà del mare. Personalmente preferisco un’Italia multi colorata e non monotona e grigia. Gli immigranti sono una risorsa per il paese e non una minaccia”, dice Roberta, un’altra compagna del corso.
Sicuramente non cerco di fare uno studio di antropologia o di sociologia, semplicemente voglio raccontare con lo sguardo di una straniera, non più di passaggio, ma oramai da cittadina di questo paese.
(Enisa Gordani)
L’esperienza di Wang
Mi chiamo Wang Xiaojun vengo dalla Cina dove ho studiato all’università NORD-OVEST. Mi sono specializzato in giornalismo e sono venuto in Italia per approfondire il mio studio. La cultura italiana mi attira tanto. In Italia c’è più libertà di espressione ed è interessante conoscere il sistema democratico e sociale.
L’Italia, come la Cina, è un paese con una grande storia, per questo vorrei conoscerla. La differenza tra l’Italia e la Cina sta nell’informazione. Il mio futuro lavoro vorrei che fosse in Cina e vorrei essere pronto a tornare con la preparazione acquisita qui in Italia. La Cina è in rapido sviluppo e per questo voglio contribuire a migliorare il sistema dell’informazione.
Ho scelto di studiare in Italia per molte ragioni. In primo luogo, condivido e apprezzo la cultura italiana e siccome la cultura è lo specchio della società vorrei portare determinati valori anche nel mio Paese. In Italia io sono uno studente di giornalismo,vorrei lavorare in futuro nel settore dei media. Il ruolo dei media è fondamentale in una società perché hanno un impatto diretto sull’opinione pubblica. In secondo luogo, credo sia necessario un rapporto più diretto tra Cina e Italia. Per esempio molti cinesi, anche se vengono in Italia, non conoscono a fondo la penisola ma conoscono solo la capitale o Milano che è la seconda città più grande. Analogamente, in Italia, molte persone pensano che la Cina sia solo Pechino o Shanghai
Quindi, visto che voglio lavorare nel mondo della comunicazione e dell’informazione, spero ci sia la possibilità di maggiori scambi culturali tra i due Paesi. Spero che in futuro ci sarà anche una cooperazione economica e non solo un’immigrazione cinese in Italia esclusivamente per cercare fortuna e ricchezza. In terzo luogo, rispetto al Regno Unito e Stati Uniti, in Italia i costi dell’istruzione sono minori e per me che provengo da una famiglia discreta è una buona soluzione. Quindi per me l‟Italia, sotto ogni punto di vista, rappresenta un’ottima meta. Quando sono arrivato in Italia ho capito che la maggior parte degli immigrati cinesi provenivano da Wenzhou e hanno scelto di vivere, lavorare, stabilirsi in questo Paese.
Ho indagato sui motivi per i quali i cinesi migrano qui e ho capito che lo fanno perché ci sono molte opportunità di lavoro, soprattutto nel settore del commercio anche grazie alle merci cinesi. L’Italia è un Paese con un elevato tasso d’immigrati rispetto a molti altri. Questo accade, secondo me, anche perché le leggi sull’immigrazione sono molto solide e favoriscono in qualche modo il benessere sociale. La popolazione cinese, essendo molto numerosa costituisce un’abbondante forza lavoro che in Cina rende poco mentre in Italia c’è più possibilità di guadagnare. Negli ultimi anni c’è stata una forte crescita dello sviluppo economico della Cina e allo stesso modo anche i media cinesi continueranno a crescere. TV, giornali, ogni tipo di mezzo di comunicazione aumentano gradualmente la qualità dell’informazione. L’unica costante fissa è sempre la “voce del partito”.
Il problema è che l’informazione cinese è gestita dal governo e per questo non esistono dissensi e questo non favorisce la formazione di un’opinione pubblica forte. L’informazione italiana è invece differenziata e da spazio a più voci e adempie al ruolo primario di informare il cittadino su ciò che accade intorno a lui, favorendo la formazione di un’opinione pubblica più consolidata di quella cinese. Per questo penso che in Italia ci sia più libertà di stampa. Il mio intento è di tornare in Cina con questi valori e cercare di migliorare il sistema d’informazione del mio Paese. Oggi la Cina ha fatto grandi progressi rispetto al passato. Anche se ci sono ancora molti problemi, la situazione generale è buona: da cinese che ama profondamente il suo Paese sono sicuro che in un prossimo futuro i problemi esistenti verranno risolti in Cina. Tra l’ascesa e la caduta, ognuno è responsabile.
Probabilmente significa che la prosperità del paese dipende dalla responsabilità di ogni persona, così in futuro farò mia la capacità di fare della Cina un migliore sviluppo.
(Wang Xiaojun)
(PROSSIMA PUNTATA: terroni)
GLI AUTORI DI QUESTA INCHIESTA
Enisa Gordani
Wang Xiaojun
Enisa Gordani e Wang Xiaojun sono gli autori della ricerca svolta nel corso di Laurea Magistrale in Giornalismo e Cultura Editoriale all'Università di Parma.