Se mi chiedessero quanti anni ha l’Italia, io risponderei che ne dimostra molti meno di quelli che ha. L’Italia è un Paese giovane ma la sua terra è ormai schiacciata dal peso dei 150 anni. Qualcuno vorrebbe alleggerire questo peso, altri non vogliono evitare l’affossamento totale. Non verremo solo inghiottiti dal mare e surriscaldati a causa dei problemi climatici, peggio ancora moriremo di solitudine e di nostalgia. Un sud sempre più diviso dal Nord, un Nord sempre più lontano dal Sud e un Est lontano dall’Ovest: l’Italia non mai sembrata più stretta e lunga di ora. Il tacco sprofonda ma lo stivale resta in piedi perché è stato costruito e rifinito meglio. Il problema è proprio questo. Quali sono le cause di questa abnorme differenza? Perché c’è differenza? Perché dove si legge sud si legge degrado, ignoranza, malavita, disoccupazione e soprattutto rassegnazione? Perché, invece, dove si legge Nord si legge produttività, legalità, benessere, autonomia?
Sono queste le domande che mi sono posta e che abbiamo posto ai protagonisti di questa inchiesta che non sono gli unici perché quando si parla d’Italia, si parla di noi tutti.
Sono italiana, ma mi hanno insegnato che prima di tutto sono del sud Italia. Che si tratti di geografia o di storia fin da piccola sapevo di far parte di questa parte della penisola ma non sapevo cosa comportasse. Solo nel corso degli anni e studiando ho capito che se spezzassi l’Italia a metà e la piegassi facendo toccare i bordi le due parti alle estremità non combaciano perfettamente. Qualcosa nella mia terra non va e non si tratta di certo del caldo o del traffico. Quando ho finito il liceo mi sono trasferita al cosiddetto nord dal cosiddetto sud: non sapevo cosa mi aspettasse ma non avevo paura di schiantarmi in luoghi comuni ormai abusati. Forse al nord le strisce pedonali sono più rispettate, al sud non ce ne sono molte. Ai semafori del nord le file sono quasi ordinate, ai semafori meridionali non c’è sempre coda al rosso: non è solo una questione di stereotipi.
Quando sono andata via dal mio paesino campano, la gente pensava che io partissi chissà per quale Paese sperduto, credevano avessi una valigia chiusa con lo spago e una manciata di soldi contanti nelle tasche. Ancora oggi mi chiamano la “forestiera” ma sanno bene che sono andata via per studiare al nord e non mi chiedono neanche più come è lassù. Perché lassù è come laggiù. Il problema è solo come le persone amministrano la stessa identica cosa: un sistema, una società. Il sistema e la società meridionale presentano problemi profondamente legati al territorio e radicati nella sua storia: la delinquenza e la disoccupazione in primis.
Nessuno mi ha obbligata a lasciare la mia terra neanche questi stessi problemi. Ciò che mi ha spinto è la convinzione secondo la quale solo con un buon esempio si può migliorare. Il nord rappresenta, in questo senso, quel modello di cui il sud ha bisogno per riscoprire il suo valore e la sua bellezza. Non ha bisogno di rassegnazione, dell’accontentarsi e del “male minore”, non deve essere la terra del “si è sempre fatto” scusa con la quale le più banali operazioni quotidiane scadono nell’illegalità pura. Tutto questo si combatte stando uniti e avendo voglia di riscatto per un Paese unito.
(Roberta Picano)
Da Nord a Sud
Solitamente mi trovo più a mio agio nel lasciare parlare gli altri, intervistarli, analizzare le differenti opinioni e ricomporle in un quadro unitario e che permetta di definire, pur se per sommi capi, la cosiddetta “opinione pubblica”. Eppure oggi farò un lavoro diverso, e darò la mia opinione in pasto alle cronache altrui.
Il mio rapporto Nord/Sud. Premesso che arrivo da una piccola città emiliana, dove i rapporti tra le comunità non hanno mai registrato particolari contrasti, sono tuttora convinto che l’integrazione tra gli italiani delle due macroaree geografiche e politiche, Nord-Sud per l’appunto, abbia ancora margini di miglioramento. Specialmente per quanto riguarda i giovani: siamo rimasti così in pochi, noi under 25, che non possiamo fare a meno di stabilire buoni rapporti, quando le occasioni della vita ci fanno incontrare.
Personalmente, le mie prime amicizie con ragazzi meridionali si sono realizzate durante il periodo Erasmus a Parigi, dove ho potuto conoscere una discreta quantità di ragazzi e ragazze provenienti da Napoli. Prima di allora, avevo sempre viaggiato in modalità “protetta”, al riparo di mamma e papà nelle varie camere d’albergo. Dopo l’Erasmus, ho avuto una maggiore facilità nell’instaurare relazioni, e con questa sono arrivate amicizie imprevedibili e distanti. Adoro mettermi in ascolto di un accento diverso dal mio, e sono favorevolmente attratto dalla grande energia che molti miei coetanei del Sud Italia, spesso provenienti da situazioni famigliari e sociali più complicate, dimostrano nell’affrontare la vita.
Nuvole in arrivo al Nord. Quello che mi spaventa è la generale incapacità, diffusa negli abitanti del settentrione, di convivere con culture nuove e di saper gestire ingenti flussi migratori. Nell’intervista con Ottavio Navarra, riportata in questa inchiesta, ho realizzato come gli abitanti del meridione siano da secoli attrezzati, psicologicamente e culturalmente, a far fronte agli spostamenti di popolazioni sul loro territorio, a relazionarsi con culture del tutto estranee e saperne ricavare il miglior modo di coesistenza. Per il Nord Italia è sempre stato più difficile, e se dovessero realizzarsi i desideri più inconfessati delle “camicie verdi”, un Nord del tutto isolato dal resto del mondo, penso che a farne le spese saremmo prima di tutto noi cittadini dell’Italia “sviluppata” e “ricca”.
Un consiglio ai miei amici del Sud so che le bellezze del Gargano e di Napoli, l'”aria “unica” che si respira per le vie delle città meridionali hanno una carica nostalgica forte e permettono di non “perdersi tra le vie del mondo, tuttavia mi piacerebbe vedervi aprire gli occhi su quanto di buono esiste nel resto d’Italia e d’Europa, e che voi cercaste di portarlo nel vostro luogo d’origine. Rifletteteci: se un bel giorno avete preso un treno verso Nord, questo è successo perché avevate dentro di voi una strana inquietudine, la consapevolezza che in qualche parte del mondo la vita potesse essere migliore. La vostra terra d’origine è uno dei posti più incantevoli del mondo, vi ha generato e vi ha fatto conoscere esperienze uniche nei primi anni di vita: tuttavia, si può fare ancora molto per migliorarla. Qualcosa si potrebbe restituirle. Che senso avrebbe sennò viaggiare?
Lasciatevi coinvolgere dalle città in cui siete andati ad abitare, siano esse Parma, Milano o Parigi, e portate a casa un po’ di quello che vi avete trovato: non andrà perduto.
(Jacopo Franchi)
GLI AUTORI DI QUESTA INCHIESTA
Roberta Picano
Jacopo Franchi
(PROSSIMA PUNTATA: terroni)
Roberta Picano e Jacopo Franchi frequentano il Corso di Laurea Magistrale in Giornalismo e Cultura Editoriale all'università di Parma.