Immaginiamo di trovarci davanti a uno specchio “molto speciale” in cui i lettori possano osservare cosa accade a persone che pensano al lavoro come ad un’utopia. Gli studenti disabili vivono spesso la realtà dell’ateneo sentendosi una voce “fuori”, affiancata alla realtà delle altre matricole. Il giovane studente disabile prima di fare una scelta deve, infatti, controllare quali possibilità logistiche la città gli offra per studiare in tranquillità. Stiamo parlando delle accessibilità alle aule didattiche, la comodità di servizi igienici in cui chiunque possa entrare, l’accessibilità ai servizi di ristoro, la possibilità di accedere alle biblioteche e, non meno importante, la possibilità di potersi svagare nel tempo libero. Tutto questo oggi è possibile?
Diamo uno sguardo al passato: fino al 1968 chi era diversamente abile non era in pratica ammesso nelle scuole e non poteva neanche lavorare, venivano così lesi diritti civili fondamentali ad una parte della popolazione che era costretta ad entrare negli “istituti di riabilitazione” dove si lavorava al recupero della parte deficitaria. Il futuro dei ragazzi era precluso dall’istituto e solo la convivenza gli ha donato la forza di cercare un futuro al di fuori. Nel 1968 si creò nel tessuto sociale il collocamento e l’assunzione dei disabili, inseriti dal Governo in una lista separata composta da coloro considerati appartenenti alla cosiddette “fasce deboli”, anche se alcune disabilità erano escluse (ciechi, sordi, disturbi psichiatrici).
Nel 1975 anche il mondo dell’istruzione subì importanti cambiamenti permettendo ai bambini e ai giovani di essere accettati nelle scuole che però non erano ancora pronte sia strutturalmente, sia sul piano educativo ad accoglierli. La Legge 1O4/1992 dette molto spazio all’istruzione e integrazione (non più inclusione) delle persone disabili nelle scuole di ogni ordine prescrivendo precise modalità di gestione delle molteplici problematiche e prevedendo insegnanti specializzati, strumenti e adeguamento delle strutture. Si assistette quindi ad un reale cambiamento legislativo che tentò di “integrare” tutte le persone in una società accogliente e unita per obbiettivi comuni: questa legge rappresenta una “svolta epocale” perché in un documento di ben 44 disposizioni favorisce il pieno sviluppo della personalità del soggetto che si inserisce nel mondo sociale, come garantito dalla Costituzione della Repubblica (art. 2) riguardo il diritto del cittadino [inviolabile] di partecipare attivamente alla definizione di scopi comuni per la città.
Come si può comprendere, il percorso d’integrazione nel mondo dell’istruzione dei giovani disabili non è stato privo di difficoltà ma guardiamo avanti: oggi ogni giovane può iscriversi all’università al pari dei colleghi senza difficoltà. Esistono adesso in molte università nuove figure di sostegno, nella mia Università, Parma, il Rettore dell’Ateneo ha nominato la figura del Delegato per le fasce deboli che offre, agli studenti disabili che ne fanno domanda, varie forme di Sostegno: Servizio di Sostegno, tutor alla pari o con l’affiancamento di docenti del corso, di trasporto nelle Facoltà e nella città a titolo gratuito; Assegnazione di personale qualificato [Operatore Soci-Sanitario] pagato dall’Ateneo in appalto ad agenzie di servizio cittadine, Alloggi universitari idonei, Fornitura di materiali per permettere agli studenti di seguire le lezioni; fornitura di libri di testo in braille con cui il Delegato ha dato modo ad un gruppo di giovani del suo staff di formarsi al linguaggio dei segni LIS.
Questo gruppo di lavoro, denominato le Eli-Che, di fatto mantiene i rapporti tra gli studenti disabili e dell’università che spesso non sono né facili, né amichevoli. Questi servizi nel 1996 non erano attivi e gli studenti cercavano dialoghi con i docenti per presentare i loro problemi, ma non venivano ascoltati. Non solo in quegli anni ma ancora oggi, esistono barriere culturali che impediscono l’empatia, l’accoglienza e l’altruismo. I primi studenti hanno dovuto “fare la voce grossa” per poter continuare a vivere al meglio l’università.
Grazie alle fatiche delle prime matricole ora gli studenti disabili hanno possibilità prima impensabili: si possono concordare modalità e tempi per sostenere ogni esame, gli studenti vengono messi in grado di vivere l’ambiente universitario con meno ostacoli. In conclusione sono diminuite le barriere architettoniche e strutturali e talvolta il livello comunicativo è migliorato, rimangono tuttavia le barriere culturali di una società che ancora considera i disabili una minoranza. Al pari dei nostri colleghi, anche noi disabili, cari lettori, siamo in ansia per il lavoro futuro perché la società del nuovo millennio ha valori basati sull’avere e il bell’essere. Qual è l’alternativa all’integrazione? Scomparire ancora? Lascio le conclusioni ad ognuno di voi.
Lavoro e disabilità
Una persona diversamente abile, dopo essersi laureata, ha possibilità di svolgere il lavoro per cui ha studiato? Al pari dei colleghi trova difficoltà ad assumere un ruolo lavorativo attivo nella società. Diversamente da quanto si può pensare, gli ostacoli da superare non sono solo di natura occupazionale, ma anche legislativa: con la Legge n.82 del 1982 il collocamento e l’assunzione dei disabili viene sì stabilito ma in numero ristretto poiché basato sulle percentuali di deficit assegnate dalla commissione che esclude matematicamente i disabili “gravi” dalla possibilità di un lavoro regolare. Questa visione culturale ha portato gli amministratori comunali a domandarsi come occupare il tempo di questi giovani adulti simpaticamente chiamati “ragazzi”, i quali non hanno attività da cui trarre soddisfazione. Il passaggio dalle idee alle azioni diventa quindi un “salto nel buio”: l’impegno e la volontà non garantiscono la validità dei progetti se costruiti su basi culturali non ancora solide.
Perché nel mondo costituzionale esiste ancora la paura nel predisporre condizioni che favoriscano il cammino delle persone disabili verso il futuro? Per trovare la risposta è necessario osservare ogni volta il clima economico, politico, sociale e culturale in cui viviamo. I lettori forse non sanno che spesso le leggi in favore delle fasce deboli sono frammentarie ed incomplete e che portano a deresponsabilizzare le istituzioni. La prima forma di occupazione offerta ai disabili “gravi” è stata l’inserimento in cooperative sociali a scopo lavorativo, in cui i ragazzi facevano piccoli lavori manuali in modo da essere partecipi al mondo produttivo.
Un’altra è quella garantita dai comuni (settori sociali per la disabilità) che hanno creato piccole convenzioni con aziende e varie attività produttive, chiamate borse lavoro, in modo da garantire un piccolo compenso per il lavoro svolto dai neo-assunti disabili che sperano che il contratto si tramuti in un lavoro a tempo indeterminato con retribuzione fissa, ma questo non accade poiché richiede ai datori di lavoro di modificare le regole dell’azienda o le aree strutturali. Tra le persone disabili dell’organico ci sono laureati e diplomati che non vengono assunti per le loro conoscenze, ma solo per l’obbligo imposto dal comune. La legge sul collocamento obbligatorio esiste da molti anni, ma se si presentano due persone con un grado di deficit diseguale, sicuramente il presidente dell’azienda assumerà colui o colei che presenta un minor grado di disabilità e che possa garantire una buona capacità lavorativa autonoma.
Data la situazione, la persona disabile, cari lettori, può sperare in un futuro lavorativo? Spesso non è la laurea a portare qualche vantaggio, è invece il grado di invalidità a pesare sul futuro di una persona.
=========================================
BOX 1 - LA GIORNATA DI UNA RAGAZZA COSÌ
Giornata di una ragazza disabile studentessa universitaria alla seconda laurea:
- H 7.00 mi aiutano a vestirmi, mi preparano la colazione, sistemo le ultime cose
- H 8.00 arriva il pulmino sociale che da casa (abito fuori città) mi porta in facoltà, l'autista mi porta in aula cerco di togliere la giacca senza disturbare
- H 9.00-12.00 sono in dipartimento o in aula e negli spostamenti mi arrangio, se chiedo qualcuno dà una mano
- H 12.00 una persona specializzata risponde alle esigenze private
- H 13.00 vado in mensa sempre con qualcuno, per scegliere i piatti mangio
- H 16.00 il trasporto mi riporta a casa
=========================================
BOX 2 - COME LA SOCIETÀ CI AIUTA
- Convenzione di NY col Governo Italiano Legge n. 183/09
- Delegata del Rettore Università degli Studi di Parma iniziative rivolte a studenti / studentesse disabili e fasce deboli
- Nominativo: EmiliaWanda Caronna
- Titolo universitario: docente, biologa, naturalista
- Mail emiliawanda.caronna@unipr.it
La professoressa, una donna colta, molto informata sulle Leggi del Comune e su quelle dei diritti alle persone disabili, è una donna dal carattere forte che fa valere ciò in cui crede, come la salvaguardia della dignità della persona e di ogni essere vivente. Si prende carico delle situazioni, combattendo fino ad ottenere il meglio per gli studenti.
=========================================
(PROSSIMA PUNTATA: com’è violento l’impatto tra l’università e il mondo del lavoro)
L’AUTRICE DI QUESTA INCHIESTA
Laura Lentini
Laura Lentini frequenta il Corso di Laurea Magistrale in Giornalismo e Cultura Editoriale all'Università di Parma.