A volte sarebbe opportuno che i vari critici letterali “di grido”, quelli che scrivono sulle pagine di “Repubblica” o del “Corriere”, su “Tuttolibri” o su “Saturno”, si informassero un po’ di più e non si limitassero (non tutti, ma una buona percentuale di sicuro) a recensire i libri che vengono consigliati (cioè raccomandati) loro dagli uffici stampa delle case editrici. Il che vuole dire: casa editrice importante = forte ufficio stampa = recensione assicurata (e infatti, certe volte, non è poi così importante che il libro sia ben scritto…)
Se così non fosse qualcuno si sarebbe immediatamente accorto che una piccola ma coraggiosa casa editrice veneziana, la AMOS Edizioni, ha recentemente pubblicato, nell’ottima cura di Sebastiano Gatto, le Poesie complete di Julio Llamazares.
Llamazares è un autore spagnolo – o meglio, leonese – che ha scritto alcuni tra i più bei libri apparsi – oserei dire – in Europa negli ultimi decenni: dall’autobiografico, incredibile, “La pioggia gialla” (Einaudi 1995 e poi Passigli 2009), al diario di viaggio “Tras-os-Montes” (Feltrinelli 1999), dallo straordinario “Luna da lupi” (Passigli 2008), forse il più bel libro sulla Guerra Civile spagnola, ai racconti di “A metà di nessuna parte” (Passigli 2008).
Tutti titoli che consiglierei di acquistare subito a occhi chiusi.
Uscito in Spagna nel 2009 con il titolo “Versos y ortigas”, il libro raccoglie sostanzialmente tutta la produzione poetica dell’autore: “La lentezza dei buoi”; “Memoria della neve” (già a suo tempo pubblicato da Amos); “Ritratto di bagnista”; “Altri versi”.
Una produzione piccola (l’autore è del 1955) ma di altissimo livello; uno sguardo poetico attento, a volte dolcissimo, altre rabbioso, del mondo che gli sta intorno, ma anche del mondo che non c’è più, divorato dalla guerra, o dal “progresso”, o dall’incuria umana: “Ogni libro ha una dimensione testimoniale. Di più: penso che noi scrittori dobbiamo dare testimonianza del nostro tempo, della storia che abbiamo vissuto”.
Un autore schivo, riservato, lontano anni luce dai salotti letterari. E al quale, se per caso lo incontrate, non date mai dell’intellettuale. E’ lui, infatti, che nell’intervista che accompagna questo volume, dice: “Io non sono un intellettuale, io lavoro (scrivo) con le mani. Per altra parte diffido molto degli ‘intellettuali’: quando uno si proclama intellettuale si sta ponendo su un piano superiore agli altri. E nessuno ha il diritto di sentirsi superiore, men che meno per il tipo di occupazione o attività cui si dedica. In ogni caso uno scrittore è un privilegiato. Potersi esprimere e vivere di questo è uno dei maggiori privilegi cui possa aspirare una persona”.
Ce ne fossero come lui…
Paolo Collo (Torino, 1950) ha lavorato per oltre trentacinque anni in Einaudi, di cui è tuttora consulente. Ha collaborato con “Tuttolibri” , “L’Indice” e “Repubblica”. Ogni settimana ha una rubrica di recensioni su "Il Fatto Quotidiano". Curatore scientifico di diverse manifestazioni culturali a Torino, Milano, Cuneo, Ivrea, Trieste, Catanzaro. Ha tradotto e curato testi di molti autori, tra cui Borges, Soriano, Rulfo, Amado, Saramago, Pessoa.