Mastelloni: quando il magistrato dei misteri (risolti e non risolti) scrive un giallo
26-04-2010
di
Margherita Smeraldi
E noi che ci aspettavamo che finalmente ci avrebbe raccontato, nero su bianco, i misteri di Hyperion e la ancora più misteriosa morte dell’intellettuale Cesare Mondini. Oppure su come mai gli impiegati del Comune di Venezia si siano trovati a lavorare gomito a gomito, scrivania contro scrivania, con il brigatista rosso Antonio Savasta (dice nulla Dozier? Ufficiale americano rapito dalle Br che – per fortuna – fu poi rilasciato); e che fine abbia mai fatto Savasta. O che ci raccontasse di Sandro D’Alessandro ex-Feltrinelli, fondatore poi della casa editrice Anabasi. O l’enigma dell’Abbé Pierre (al secolo Henri Antoine Groues. Tutti coloro che si sono occupati delle brigate rosse sanno bene di che cosa parlo).
Invece Carlo Mastelloni, magistrato di famiglia altoborghese napoletana, ma veneziano di adozione, ha seguito il filone modaiolo, passato quello dei medici-scrittori, del magistrato-scrittore. E il magistrato sotto il cui sguardo non vorremmo mai finire tanto ci fa soggezione, ha pensato di distrarsi dal suo lavoro scrivendo a quattro mani con il francesista Francesco Fiorentino, anche lui napoletano e docente all’Univeristà di Bari, un libro dalla trama fortemente ansiogena: “Il Filo del male” edito dalla veneziana Marsilio e ambientato nella città metafisica per eccellenza:
Trieste.
Già non ci è mai stato chiaro come si possa scrivere a quattro mani un libro, ma nemmeno un articolo come fa quasi sempre la ditta Stella-Rizzo e non lo possiamo più chiedere al prolifico ex duo Fruttero-Lucentini ma solo a uno dei due (allampanato Fruttero, sopravvissuto al compagno di scrittura con la non curanza di fumare perfino nella Tv di Fazio) , ma che si possa scrivere un giallo da Bari a Venezia e viceversa deve essere complicatissimo: chi dei due decide le virgole? La trama si fa presto, ma le parentesi? Ah saperlo. Perché il magistrato Mastelloni, servitore dello Stato che mai troverete nei salotti di qualche damazza veneziana e la cui vita privata è avvolta nel mistero, si schermisce davanti alla nostra richiesta di un’intervista: “sono sommerso di lavoro”…
In effetti la sua scrivania è una pila immensa di carte in cui spicca la sua scrittura piena di annotazioni e numeri telefonici, frecce e freccette. Da qualche anno ha smesso di occuparsi di trame eversive, o così ci fa credere, e la sua attenzione si è concentrata su Venezia. Quindi via al sequestro del palazzo Ducale con conseguente danno economico alla città e via al setaccio delle irregolarità degli alberghi veneziani. Torniamo ai due autori: il primo l’ha scritto da magistrato e il secondo da
letterato: in Mastelloni ci ho ritrovato il lato dolente e l’occhio pietoso di Domenico Rea, nel secondo uno spleen malinconico e molto Kubrick. Entrambi hanno visto molti film polizieschi americani: “Tese la canna della pistola verso il volto di Pirro e sparò, la pistola aveva il silenziatore, pezzi di cervello pelle ossa schizzarono dappertutto”.
Il protagonista del giallo è Augusto Trani, servizi segreti, che si trova davanti all’omicidio di una bimba, figlia del sindaco di Trieste. Un caso politico? Siamo alla fine degli anni ’60: i servizi sono già deviati? Ci pare di sì, se fino all’ultima pagina rimarremo con il fiato sospeso a capire chi tradisce chi. Certo è che il nostro eroe si caccerà dentro un intrigo che lo porterà quasi alla morte. Vedremo in futuro se i nostri autori vorranno farlo morire e continuare a cercare il filo del male.
Margherita Smeraldi, veneziana, famiglia sefardita originaria di Salonicco, il nonno è stato il più importante presidente dei cantieri di Trieste e Monfalcone e il bisnonno materno il fondatore e proprietario de "Il Gazzettino". Ha lavorato per molti anni in un'agenzia giornalistica romana per approdare, felice, tra le braccia intelligenti di Domani/Arcoiris