Matteo, 16 anni, frequenta il Liceo Copernico (liceo scientifico bolognese con un credito di 150 mila euro nei confronti dello stato) da ormai tre anni. Matteo è uno degli ultimi studenti a beneficiare della maxi-sperimentazione a 34 ore: presto, grazie alla Gelmini, scomparirà. Nelle sue parole percepisco l’orgoglio e la forza di una generazione che non vuole arrendersi. Davvero la generazione 2.0 è solo Facebook, tv e telefonino? O forse quella dei giovani italiani è una realtà più complessa, che a molti sfugge? Mettiamo in dubbio i nostri pregiudizi: mettiamoci in ascolto.
Raccontaci la tua esperienza di studente.
«Sono entrato in questa scuola pieno di speranze e desideri, col sogno di crescere e far crescere la scuola insieme a me; questi obiettivi sono validi ancora oggi, ma ora sento di dover lottare per far sì che le cose rimangano come sono».
Infatti, oltre a studiare e praticare ogni sorta di attività tipica della sua giovane età, Matteo fa parte di un coordinamento di studenti, attivo da due anni nella zona bolognese. «Credo sia necessario difendere il “diritto allo studio”,» dice, «se necessario scendendo anche nelle strade della mia città».
Davvero credi che la scuola così com’era (prima della riforma Gelmini) fosse una “buona” scuola?
«Non ho detto questo. I problemi c’erano anche prima. Intendo dire che non mi sta bene che la scuola sia sempre più un capro espiatorio e, di conseguenza, parte lesa nel momento in cui le difficoltà economiche imperversano in Italia. Della riforma Gelmini mi infastidisce in particolare il fatto che già dal prossimo anno gli studenti non avranno più il diritto di iscriversi al mio stesso indirizzo: verranno limitati nella possibilità di scelta, così come nella disponibilità di crescita all’interno della scuola».
Cosa significa per “crescere nella scuola”?
«Quella della crescita è, si sarà ormai capito, la mia grande battaglia: sogno una scuola diversa da quella attuale, vorrei una scuola dove gli studenti siano liberi di vivere e formarsi in maniera indipendente, ragionando e discutendo insieme dei più svariati temi di attualità».
Questa tua battaglia è condivisa dai tuoi compagni di scuola?
«Attualmente sì. Non a caso è in corso una piccola lotta interna che coinvolge gli studenti del Liceo Copernico, da una parte, e la preside dall’altro. Gli studenti stanno rivendicando uno spazio autogestito, come previsto da un decreto del Presidente della Repubblica, per creare al suo interno un’aula libera dove, per l’appunto, creare spazi autonomi di crescita e di creatività e un punto di incontro tra gli studenti. Dagli uffici della presidenza non arriva il consenso che ci aspettavamo e per questo ora la tensione sta aumentando».
Pensi davvero che gli studenti italiani possano fare qualcosa per “salvare” la scuola?
«Certo. Gli studenti hanno il vero potenziale che consentirebbe di abbattere un sistema malato che da anni mira a un impoverimento dell’istruzione e della cultura pubblica. Devono solo prendere coscienza di ciò».
Se la preside vi concedesse quegli spazi di autogestione, come vorresti usarli, quali attività avreste in mente? E, nel caso, sareste disposti a passare più ore, anche al pomeriggio, all’interno della scuola?
«Il piano che è stato presentato negli uffici della presidenza è piuttosto chiaro; scuola aperta quattro pomeriggi che saranno in questo modo organizzati: due giorni dedicati all’approfondimento scolastico auto-organizzato (creazione di una banca ore grazie alla quale gli studenti potranno venirsi incontro fornendosi a vicenda ore di recupero scolastico); una giornata dedicata alla riunione del neonato collettivo interno; un giorno per l’approfondimento socio-culturale (gli studenti più volenterosi intratterranno gli altri per un giorno alla settimana trattando temi di cultura ed attualità). Credo che solo in questo modo gli studenti possano riacquisire fiducia nella istituzione scolastica e al contempo possano formarsi per diventare un giorno degli “onesti e coscienti cittadini del mondo”».
Com’è organizzata la tua giornata di studente? So di molti ragazzi che, appena arrivano a casa da scuola, si attaccano a Facebook e non studiano. Tu quanto tempo passi davanti al computer?
«La mia giornata di studente non lascia spazio a frivolezze e al malato ozio cibernetico del ventunesimo secolo. Tra allenamenti, laboratorio teatrale, studio e collettivi, la mia giornata è un’eterna corsa. Ad ogni modo, il mio rapporto con il computer è ottimo. Ritengo infatti che sia il web il nuovo mezzo di informazione, l’unico in grado di fornire un’informazione libera; per questo ho deciso qualche tempo fa di contribuire a questo buttandomi con un amico in un progetto dal nome Inarrestabile che si propone di fornire ai più giovani una pagina ricca di informazioni, opinioni e pareri».
Cosa vorresti fare dopo la scuola? Oltre al lavoro, pensi che il tuo impegno per migliorare le cose proseguirà anche dopo gli studi?
«Il mio impegno proseguirà quasi certamente, questo è quello che spero. Personalmente, ritengo che esistano tre modi di affrontare la realtà quando essa non va come vorresti: subire, reagire e fuggire. La prima ho deciso di escluderla a priori; per quanto riguarda le altre, penso che io abbia il dovere di lottare fino a quando ce ne sarà la possibilità e solo quando anche questa svanirà, forse, sarà il momento di fuggire».
Ci sono professori che vi ascoltano e che mostrano sensibilità verso i problemi che sollevate?
«Purtroppo la mia sfiducia nei confronti di questa categoria cala anno dopo anno, sebbene non escludo l’esistenza di ottime persone in grado ancora di combattere per i propri diritti. Ma l’annichilimento creato dal parziale benessere (degli scorsi anni) e dalla corrosione delle menti probabilmente ha fatto sì che la voglia di rivalsa della categoria sia svanita e sia purtroppo divenuto fanatismo quello che questi nutrono nei confronti di un sindacato obsoleto che troppo spesso agisce per i propri interessi più che per quelli dei suoi membri. A ogni modo, il loro consenso arriva quasi sempre, ma si limita alle belle parole. Per questo l’invito che io da sempre rivolgo ai professori è un invito all’azione spontanea dettata da un bisogno effettivo che a mio parere esiste».
Un’ultima domanda: a tuo parere nel tuo liceo c’è una sufficiente sensibilità per i problemi del risparmio energetico e della salvaguardia dell’ambiente? Voi studenti vi occupate di questi temi?
«Penso che un certo tipo di sensibilità ci sia, ma penso non sia ancora sufficiente. Nel mio liceo come in tutta Italia. La crisi energetica che tra qualche anno ci colpirà, sarà molto più violenta dell’attuale crisi economica e un paese che non ha saputo innovarsi è un paese che non vede oltre l’oggi, ed è quindi destinato al fallimento. Detto questo, gli studenti (o quanto meno quelli più attivi) hanno sempre agito anche in questa direzione fornendo alternative per cambiare nel loro piccolo l’andamento delle cose ed aderendo a molte iniziative tra cui “m’illumino di meno”. Noi studenti ci occupiamo a pieno del nostro futuro, cosa di cui lo Stato spesso si dimentica. Come spesso si dimentica di noi».
Matteo Lupoli, Coordinamento Studenti Medi Bolognesi (Csmb)
Rivolto ai più o meno giovani attivisti del web: Inarrestabile è una pagina gestita da Matteo Lupoli in collaborazione con Federico Olivieri e altri giovani bolognesi.
Riccardo Lenzi (Bologna 1974) è redattore e free lance. Ha scritto due libri: "L'Altrainformazione. Quattro gatti tra la via Emilia e il web" (Pendragon, 2004) e, insieme ad Antonella Beccaria, "Schegge contro la democrazia. 2 agosto 1980: le ragioni di una strage nei più recenti atti giudiziari" (Socialmente, 2010)