Per riscuotere il successo elettorale. Per punire chi osava criticarlo. Per azzerare l’opposizione interna. Il repulisti di Augusto Minzolini procede: la rimozione di Massimo De Stroebel dall’ufficio centrale era un avvertimento, l’allontanamento dalla conduzione di Piero Damosso, Paolo Di Giannantonio e Tiziana Ferrario è la (definitiva) prova di forza. Un implicito messaggio dal direttore generale Mauro Masi, immobile (e un po’ connivente) dinanzi al potere di Minzolini. Il presidente della Rai Paolo Garimberti ha scritto proprio al dg: “Il direttore può organizzare il lavoro della testata. Ma non possiamo tollerare discriminazioni. Mi aspetto che i giornalisti abbiano uno spazio adeguato. Minzolini valorizzi tutti”.
Il mancato sostegno
Le epurazioni al Tg1 seguono una logica ben precisa: a braccia conserte – retribuito, ma inoperoso – chi s’è rifiutato di firmare il documento inneggiante l’ex squalo della Stampa. E i quattro castigati avevano ritirato la penna, indifferenti alle pressioni di Filippo Gaudenzi e Francesco Giorgino. Il foglietto con i cognomi serviva per fare la conta: dividere la redazione in amici e nemini, premiare e bocciare. Consumare la vendetta contro chi – assieme al comitato di redazione – aveva denunciato a Masi e Garimberti il danno d’immagine per la falsa notizia di David Mills (assolto anziché prescritto). Il piano di Minzolini è illustrato alla perfezione tra chi compare e scompare dal video: nell’edizione delle venti, la più influente, via la Ferraro per Giorgino; fuori Damosso e Di Giannantonio, dentro due fedelissime (Chimenti e Grimaldi).
Il “direttorissimo” un uomo di parola: iperattivo nella raccolta delle firme, il caporedattore Gaudenzi guadagna il coordinamento del sito internet. L’opa di Minzolini sarà completata con la nomina di due vicedirettori: uno di destra, uno di sinistra (trattative in corso con i Dalemiani). La foglia di fico del Pd sarà un sedativo per Garimberti, così indotto a votare in consiglio d’amministrazione.
Strategie
Le critiche di consiglieri, politici, sindacati e reporter senza frontiere temprano Minzolini: “Questo è un ricambio generazionale: sono stati assunti – e per giustificarsi cambia discorso – diciotto precari e per dare un segnale di cambiamento al Tg1 bisogna mostrare volti nuovi. Sono decisioni prese da tempo e i documenti a favore e contro non c’entrano assolutamente niente. Sono liturgie che non mi appartengono”.
E poi c’è una virtù sconosciuta di Minzolini: “la delicatezza”, dice un inviato del Tg. La segretaria del direttore aveva chiamato la Ferrario per comunicarle una “nota di servizio”. In vacanza all’estero, la giornalista aveva chiesto di aspettare. Ma lunedì sera, infuriato, Minzolini ha usato tre parole tre: “non presenti più”. Damosso, Di Giannantonio e Ferrario hanno affidato il caso all’avvocato Domenico D’Amati: “Ora posso solo dire che un’azienda – corretta e giusta – deve ricollocare i suoi dipendenti in una posizione equivalente”.
Il comunicato del Cdr, stavolta, segna una rottura insanabile: “Un precedente che riteniamo molto grave, anche alla luce dell’intenzione manifestata dal direttore di continuare nell’opera di ‘rinnovamento’ delle conduzioni che – ha detto – ‘diventerà fisiologica’. Anche quest’ultimo pacchetto di provvedimenti sembra confermare la volontà di penalizzare colleghi che non si sono schierati al suo fianco. Minzoli ha confermato il suo interessamento per Roberto Fontolan che, ex del Tg1, vanta già esperienze a viale Mazzini”.
Voci
La Federazione nazionale della stampa italiana prepara la reazione: “Questa è una rappresaglia, non staremo a guardare”, rassicura il presidente dei giornalisti, Franco Siddi. E il sindacato della Rai (Usigrai) insiste per la cacciata di Minzolini: “La Rai non è in grado di porre un argine, ma quando il contratto di lavoro e le norme del codice civile vengono violati, dopo le inevitabili cause, il conto non potrà essere presentato alla collettività. Minzolini – dice Carlo Verna – appare accecato dalle note vicende che lo riguardano, stretto tra tapiri e scatolone di firme contro una clamorosa scivolata (Mills). Non è sereno. Masi deve intervenire”.
I consiglieri Rizzo Nervo e Van Straten scuotono i vertici dell’azienda: “Avevamo chiesto al direttore generale di fermare il disegno di annientamento dei valori, delle culture e delle autonomie professionali portato avanti con determinazione stalinista dal direttore del Tg1 e pertanto lo riteniamo corresponsabile. Ora deve intervenire il presidente per difendere i giornalisti della testata”.
Prevedibile scambio incrociato tra destra e sinistra, maggioranza e minoranza. Paolo Gentiloni (Pd): “Vuole trasformare l’informazione pubblica nel Tg4 pagato dai contribuenti”. Pancho Pardi (Idv): “Va fermato subito”. Cambia colore di partito, cambia lettura dei fatti. Alessio Butti (Pdl): “Sta ammodernando l’azienda”. Il governo è con Minzolini. E viceversa.
(Questo articolo è stato pubblicato su “Il Fatto Quotidiano” del 1 aprile 2010)
Carlo Tecce è un giornalista e lavora per "Il Fatto Quotidiano".