Specifichiamo, a scanso di equivoci, che questo pezzo è stato scritto a 4 mani da una milanese residente a Milano e da un siciliano residente a Catania, entrambi mai iscritti ad alcun partito, militanti di nessuno se non di una società civile che si vuole rendere responsabile e partecipe del proprio futuro. Questo per far capire che l’esigenza che ha mosso questa analisi non ha uno scopo prettamente politico ma più pratico, semplicemente dalla parte del cittadino; sia esso abitante della zona in questione, sia che disponga di una panoramica più ampia, visto da lontano, che permette certamente una valutazione meno viscerale e più obiettiva.
L’elettore non ha bisogno di conoscere le illazioni di una parte politica contro l’altra, ma più semplicemente ha la necessità di sapere “cosa” veramente i pretendenti alla carica di Sindaco di una grande città come Milano farebbero in caso di investitura di questo prestigioso ruolo.
Questo intento non è certo facile da portare a termine in un periodo come quello che stiamo vivendo, che ha tolto a tutti gli onesti cittadini la voglia di credere in qualcosa o qualcuno e men che meno di pensare alla sopravvivenza, nel 2011, di concetti quali “ideali” o “merito”.
Vorremo quindi contribuire lucidamente non parlando di promesse e parole date, che sempre più spesso nella politica odierna lasciano lo spazio che trovano, ma più di fatti. E possiamo farlo tentando di analizzare l’operato di 5 anni di governo meneghino targato Moratti.
Letizia Brichetto Arnaboldi, coniugata Moratti, è nata a Milano il 26 novembre 1949. Si laurea, presso l’Università degli Studi di Milano, in Scienze Politiche e, dopo il matrimonio con il famoso imprenditore Gianmarco Moratti, si dedica al lavoro nel mondo finanziario.
Nel 1994, durante il primo governo Berlusconi, ottiene la nomina a presidente della RAI, incarico che ricoprirà per due anni e, dal 2001 al 2006, assume la carica di Ministro dell’Istruzione, varando la famosa e controversa “riforma Moratti” della scuola.
Scalzata dal ruolo di Ministro dell’Istruzione, nel 2006 si presenta alle elezioni amministrative del 28 e 29 maggio per la carica di Sindaco di Milano, sostenuta dalla Casa delle Libertà.
Viene eletta al primo turno con il 52% di consensi ed una campagna elettorale costata 6.335.000 €. Una follia già per l’epoca.
In questi anni, pur di constatare come vivesse la sua città, abbiamo saputo per sua stessa voce che ha girato travestita la sera per capire la realtà cittadina (ma non ha sempre vissuto nella città? O forse gli ambienti da lei frequentati fino a quei giorni non avevano nulla in comune con la realtà condivisa dalla normalità della cittadinanza?). Sembra però che questo suo aggirarsi come un eroe mascherato le abbia fatto capire tante cose. Ha capito infatti che per la sicurezza è indispensabile illuminare le strade. Ed ecco che allora impegna il comune di Milano a inviare corposi fondi per finanziare l’illuminazione pubblica … ma nel paradiso fiscale di Antigua, isoletta nei Caraibi che – guarda caso- ospita cinque ville del premier-padrone Silvio Berlusconi. I milanesi le saranno sicuramente grati di poter così usufruire di una migliore panoramica nelle cartoline by-night dell’isola da sogno.
Ma non è l’unico caso di “irrazionalizzazione” delle spese a carico dei milanesi. Appena eletta il Sindaco licenzia una decina di dirigenti comunali, e questa è sempre cosa buona – di passacarte i comuni ne sono sempre troppo riforniti. Il problema è che li sostituisce con 54 consulenti “esterni” che in molti casi non hanno neppure i requisiti per ricoprire i ruoli che gli vengono affidati. Non paga, assume ulteriori 63 persone selezionate rigorosamente secondo una sua personale visione del merito; vengono assunti politici di area Lega, PdL e UdC trombati nelle elezioni, il suo fotografo personale, alcuni uomini che già ricoprono la carica di consiglieri regionali e che così si trovano ad assumere un doppio incarico e un numero di addetti all’ufficio stampa che poi la magistratura non esita a definire in quantità “giustificabile solo per un giornale”.
La Moratti quindi viene condannata dalla Corte dei Conti per illecito amministrativo ad un ammenda, da pagare di tasca sua, di 361.000 €. Multa pagata ma gli illegittimamente assunti, tranne rare eccezioni, rimangono al loro posto, causando un danno erariale al comune quantificato in 8 milioni di euro l’anno
Sfogliando avidamente il programma di Letizia Moratti ci soffermiamo a pag. 18 dove si prevede il potenziamento di strade e piste ciclabili. Un clone delle promesse elettorali del 2006. Infatti in questi cinque anni le cose promesse da fare erano tante, talmente tante da giustificare un progetto, finanziato con 5 milioni di euro, che prevedeva la costruzione di 53 Km di piste ciclabili cittadine in più, 2.385 nuovi parcheggi bici e un sistema di bike sharing con la disponibilità di 5.000 bici in 250 diversi punti della città. Data di ultimazione del progetto inizio 2011. Progetto bellissimo, ambizioso. Peccato che… Peccato che ad oggi solo un terzo delle bici di bike sharing siano state messe a disposizione e i punti in cui poterne usufruire sono circa la metà di quelli preventivati. Anche sulle piste ciclabili ci sarebbe da puntualizzare qualche cosa. Ne sono state costruite, certo, solo che ad oggi la maggior parte sono ancora soltanto scavi nell’asfalto e quelle già realizzate siano un po’ poco, come dire, utili. Milano infatti si è guadagnata un posto nel guinness dei record con la pista ciclabile più corta del mondo. In via Paolo Sarpi si può ammirare il prodigio lungo 20 metri esatti che comincia e finisce … nel nulla!
Ma Milano non è solo incarichi e bici, che tanto fanno per l’ambiente. L’ambiente da tutelare è ben altra cosa, così nel 2008 entra in vigore l’Ecopass. Un sistema di regolamentazione del traffico nel centro della città talmente controverso da provocare le immediate dimissioni dell’allora assessore Carla De Albertis e che già dal settembre 2009, visto i non sperati risultati ottenuti, non pubblica più i dati sull’impatto sulla qualità dell’aria. Eppure l’ecopass rimane in vigore, se ne ricomincia a parlare solo in questi giorni in cui la madre putativa di questo intervento, la Moratti, promette di sopprimerlo se venisse rieletta. In effetti il dazio imposto ai milanesi non ha portato alcun beneficio. Se pur il portale istituzionale non fornisce più da tempo i dati, li si può ricavare ugualmente dai rapporti forniti dall’ARPA in merito alle polveri sottili. Rapporti che dicono che, nell’area ecopass, si è passati dai 48 microgrammi di pm10 del 2008 ai 64 microgrammi del 2011.
Però ci sembra male smentire Letizia Moratti che al primo punto del suo programma (pag. 2) dice testualmente: “Il primo impegno con i milanesi: anche per i prossimi cinque anni non ci sarà nessun aumento di tasse o di tariffe”. Anzi, ci viene da aggiungere, toglierà pure quelle inutili a cui ci ha obbligato fino ad oggi!
La legalità. Punto forte di ogni amministrazione è certamente, ce lo si augura, la priorità del Moratti-pensiero. Pattuglie di quartiere, ronde, smantellamento di tutti i campi rom, aumento esponenziale del sistema di videosorveglianza cittadina, vigili in borghese sui mezzi pubblici, illuminazione delle targhe cittadine, 8,000 nuovi punti luce. Peccato che la Polizia di Stato denunci che a Milano sono in servizio soltanto 100 agenti di quartiere contro i 500 previsti. Ma di richiedere nuovo personale al premier proprio non se ne parla. Come non si dice dell’effetto quantomeno nullo del coprifuoco imposto nella zona di via Padova lo scorso 25 marzo. Coprifuoco che imponeva la chiusura anticipata di tutti i negozi della zona, rendendola nei fatti ancora più buia e meno sicura.
Si potrebbe dire ancora del piano regolatore, della situazione delle vie e del dissesto stradale in alcune periferie, della raccolta differenziata dei rifiuti che a Milano copre appena il 34,3% del totale contro il 55% della provincia (dunque non un problema logistico legato al territorio ma solo strategia sbagliata) e della non raccolta della frazione umida. Si potrebbe parlare del verde promesso ma sempre disatteso a favore di una cementificazione sempre più selvaggia, della non bonifica delle acque, della discarica di amianto presente tra via Bonfadini e via Toffetti ancora non bonificata,.
Senza dimenticare che “a Milano non esiste un problema mafia”. Che per l’amministrazione uscente l’affare Expo non rappresenta il più grande business per la ‘ndrangheta, come confermano le recenti inchieste delle forze dell’ordine e pure i mafiosi intercettati. Niente commissione antimafia allora, per Milano. Questo pentolone è bene che non venga scoperto … occhio non vede, cuore non duole.
Ma sono i numeri a contare. E i numeri se li è dati la stessa Moratti. Da sola. Col suo Bilancio. Solo grazie all’alienazione di beni immobili comunali nell’ultimo anno non è stato chiuso in negativo il bilancio per ben 22,8 milioni di euro. Ma la liquidità immediata non può coprire ulteriori dissesti. E le dismissioni di beni immobili, pur producendo liquidità immediata, tolgono valore a un patrimonio che da quest’anno non c’è più. Un patrimonio che non è del comune di Milano, ma dei milanesi tutti. Oggi, in effetti, solo di alcuni.
Lasciamo poi stare l’affare della bat-casa del bat-figlio che è stata sanata con una piccola variante al piano regolatore che ha fatto perdere alle casse milanesi circa 1 milione di euro. Cosa non farebbe una madre per i suoi figli.
Forse ai milanesi basterebbe avere un sindaco che conoscesse la città che amministra, un sindaco che non sia presente in Consiglio comunale solo quando il parrucchiere gli da buca (per la cronaca Letizia Moratti ha presenziato 6 volte nel 2008 e 3 volte nel 2009; alle votazioni del consiglio ha partecipato il 5% delle volte totali).
Forse Milano si meriterebbe di più, o forse solo qualche cosa di diverso.
Chissà. Certo è che con le promesse e gli spot pubblicitari la Moratti non è mai stata tirchia. A queste elezioni ha investito addirittura 15 milioni di euro per convincere i milanesi che negli ultimi cinque anni hanno vissuto in una città da sogno.
Speriamo solo di non doverci svegliare un giorno accorgendoci che “da sogno” stanno solo le pantegane che ancora scorazzano per la Darsena.