Antonio Bassolino ‘o governatore, cosí come Cirino Pomicino era ‘o ministro, si lamenta su un importante quotidiano che la spazzatura a Napoli ieri feceva scandalo mentre la spazzatura a Palermo oggi non indigna nessuno. Avrà pure ragione, ma il fatto di essere caduto nella trappola della monnezza, diventata pretesto per rivelare le troppe mistificazioni, inefficienze, e trastole (come si dice in buon napoletano), non lo esime certo dalle sue responsabilità e, soprattutto, dalla enorme delusione che il fallimento del suo governatorato ha generato nella parte migliore della società napoletana. Era stato un sindaco efficiente, pieno di iniziative, attento a dare ascolto a tutti gli strati della società. Poco a poco, passando alla presidenza della regione e soprattutto dopo un breve passaggio al Ministero del Lavoro durante il governo D’Alema, il suo ascolto si è ristretto a una corte di amici, agli imprenditori e commercianti e a quel settore indistinto in cui confluisce l’imprenditorialità e la delinquenza organizzata. Tutte le speranze di noi napoletani che vedevamo crescere la rete della metropolitana –ferma da secoli ad una sola linea arcaica-, prendere vita i grandi progetti per gli spazi lasciati liberi dall’Italsider a Bagnoli, la bonifica di Napoli Est, deindustrializzata e abbandonata alla sua marginalità, l’abbattimento simbolico di due Vele nel territorio drammaticamente autonomo di Scampia, piazze e piazzette ridisegnate, zone pedonali (ben presto riconquistate dalle automobili), un incremento del turismo che aveva abbandonato la città dannata dalla sua fama di città insicura, delinquenziale, carente di alberghi, di caffè e ristoranti, sono franate dolorosamente. Il Rinascimento napoletano non è durato a lungo e nelle mani ci è rimasta l’ennesima delusione.
Il vecchio nucleo operaio dell’Italsider di Bagnoli ha voluto festeggiare, con una cerimonia piuttosto triste, i cento anni del loro Circolo che oggi resiste nell’inefficienza generale per cui il vasto territorio che si affaccia sul golfo di Pozzuoli con Nisida da un lato e Capo Miseno dall’altra, uno spazio di futuro di grande bellezza, da più di tre lustri giace inutilizzata. Ermanno Rea ha descritto il canto del cigno degli altiforni, la fine di un mondo di operosità e di salda coscienza civile ne La dismissione. Da allora presidiano quel vasto spazio il Museo della Scienza, il Circolo Operaio e una serie di stabilimenti balneari e di discoteche di dubbia regolarità. Una lunga passerella si infila nel mare diretta verso il tramonto a ricordo dell’imbarcadero a cui attraccavano le navi che caricavano e scaricavano ferro e cemento. Noi napoletani ci andiamo spesso a passeggiare e a correre, una corsa davvero simbolica che finisce nel nulla. Una volta percorsa la distanza dall’inizio alla fine della passerella ci si trova di fronte al nulla e si è costretti a tornare indietro.
Come gli operai del Circolo, anche Bassolino resiste; nessuno è riuscito a schiodarlo dal suo posto di Governatore della regione e forse conviene a tutti che sia lui a togliere le molte castagne dal fuoco. Intanto le nostre province vivacchiano malamente: quella di Avellino ancora saldamente nelle mani di De Mita, da Nusco, quella di Benevento all’ombra dei Mastella di Ceppaloni, quella di Salerno –indubbiamente la più virtuosa- con il grande patrimonio del Parco del Cilento praticamente immobile dai giorni della sua fondazione, e le province di Napoli e Caserta ormai nelle mani della delinquenza organizzata.
Adesso, al posto di Bassolino da Afragola, ci propongono Nicola Cosentino da Casal di Principe, sottosegretario con ordine di carcerazione. Come avrebbe detto l’amatissimo e rimpianto Massimo Troisi, non ci resta che piangere.
Alessandra Riccio ha insegnato letterature spagnole e ispanoamericane all’Università degli Studi di Napoli –L’Orientale. E’ autrice di saggi di critica letteraria su autori come Cortázar, Victoria Ocampo, Carpentier, Lezama Lima, María Zambrano. Ha tradotto numerosi autori fra i quali Ernesto Guevara, Senel Paz, Lisandro Otero.E' stata corrispondente a Cuba per l'Unità dal 1989 al 1992. Collabora a numerosi giornali e riviste italiani e stranieri e dirige insieme a Gianni Minà la rivista “Latinoamerica”. E’ tra le fondatrici della Società Italiana delle Letterate.