“Io lo amo questo nostro Presidente così solo, così bisognoso di tenerezze. Non v’è giorno in cui, nel momento di coricarmi, non sfogli un mio album segreto dal quale LUI mi sorride e mi fa giochi con quelle sue agili dita che tutti han rallegrato con corna e lazi nei congressi e nei convegni. E quando, come dice il poeta, stanno per aprirsi le porte di corno e d’avorio del sonno, eccomi ascoltare i CD con impresse le alate parole delle italiche vergini che per LUI intonano peana tra vapori d’odoroso incenso. Fra tutte m’è cara la voce della Mara, la bruna ultrice che un dì sgominò la trucida Bignardi e le sue “barbariche invasioni”. Segue quella dell’etera Maria Stella che, novella pulzella d’Orleans, sciolse angelici peana all’arcoreo Duce in quel di “Ballarò”, or sono undici giorni appena. Vien poi, con aspro accento, la Michela Vittoria la cui voce di plauso risuona gagliarda nei Circoli della Libertà. E chiude il cerchio l’ardente Santanché che con voce or di velluto or scabra mille volte bollò d’infamia l’orrido, nonchè spocchioso, Michele.
Oh, voci veritiere e giuste, bastanti ad una gloria! Ma ecco che l’allobrogo invidioso vuole unirsi, se pur incolto e barbaro, al plauso del nostro Nume. E a gara fanno, nell’oscillar dei turiboli, le gazzette transalpine. V’è chi, con delicato gioco di parole, ci mostra il Meneghino Amato coprir di gioie tutti e tutte (Ruby sur l’ongle, cantano Libération, e Le Canard enchaîné 22/01/2011). Oppure esaltar famiglie che spingon liete le figlie ad esser grate (Rubygate: des jeunes filles incitées par leur famille à fréquenter Berlusconi, Libération, 20/01/2011). O anche inneggiare a Colui che nel soccorrere il derelitto sente il cuore smarrirsi (Berlusconi ébranlé par Ruby, Libération, 19/01/2011). V’è chi, più colto e fine, vede nel Nostro il gran scoliaste di Baudelaire per cui “prostituzione” era “dono di sé” (Prostitution: enquête sur Berlusconi, Le Figaro, 14/11/2011). V’è chi ancora vede nel “dono di sè” quasi un martirio perché l’amoroso vincolo che lo stringe al “minore” lo stritola come un “étau”, come una “morsa” (Prostitution de mineures : l’étau se resserre autour de Berlusconi, Le Monde, 18/01/2011). V’è chi, profondo e acuto, vede in quella “jeune femme participant à des soirées libertines au domicile de Silvio Berlusconi” un’anima libera perché questo era nel Gran Secolo il significato di “libertin” e questo sa l’illustre Cavaliero, preclaro chiosatore del buon Erasmo. (Le « rubygate », La Croix, 15/11/2011). V’è infine chi giustamente sorride di questa favola bella (Rubygate: Berlusconi est “serein”, il “s’amuse”, L’Express 19/01/2011) e chi ne fa il paradigma di gran gioia ed allegrezza folle: (Les folles nuits de la Villa San Martino, Pais Match, 21/01/2011 – 06:59:14), oppure (ah, il simpatico burlone) chi trasforma il tutto in ricetta culinaria (Berlusconi, Ruby sur canapé, Paris Match, 18.11.2011)
Ma ciò non è bastante a mostrar la gloria del Nostro. Vi sono ancora, a suffragare i lieti incensamenti delle garrule vergini già nomate, altre gazzette d’ostro e borea , d’espero e d’occaso. Ma qui ne basti una sola, una per tutte, il cui melodioso nome, “Poti Starehe”, ci porta in lidi lontani dove si danza il “bongo flava” e il “dansi” e dove si suona l”orutu”, il “niatiti” e l”oporo” . Sì, nella lontana terra di Tanzania ecco il “Poti Starehe” dar di turibolo in lingua Swahili in onor del Nostro. Eccolo mostrare, in piena copertina, la popputa Ruby, generosa di cosce vellutate e straripante di mal celate chiappe. E poi vien Lui, il Sivio, in sè chiuso e pensoso, intento a guardare, in preda alla vertigine, il miracolo delle carni. Fan da corona queste parole arcane più dolci del miele dei monti Iblei. “Berlusconi adaiwa kuwunja amri ya sita na mcheza shoo” . Ah, perché a noi sì smisurato onore?!? “Non nobis domine, non nobis domine!”, troppo arduo è per noi sopportare il peso di tanta gloria. Accoglilo nell’Empireo, Dio del Cielo e degli Abissi, fa che tutti i popoli godano della SUA luce mentre su di noi scende, a a molcere il cuore, la tenebra profonda”.
(Gino Spadon che non mente)
Gino Spadon vive a Venezia. Ha insegnato Letteratura francese a Ca' Foscari.