PASSAVO DI LÌ – Ho l’impressione che il Padre Eterno stia scaricando il Cavaliere
29-11-2010
di
Ippolito Mauri
Negli ultimi giorni di Palazzo Chigi, il Cavaliere raggiunge il sogno che sembrava impossibile: finalmente protagonista dei destini del mondo. D’accordo, mondo di carta, pettegolezzi da scrivani di ambasciata, ma quel sorriso nelle prime pagine di ogni capitale corona l’ambizione decantata in solitudine dall’ottimismo dei Bonaiuti, Capezzone, Carlo Rossella; consacrata dal personale di servizio nei giornali di famiglia. Stipendiati di buona volontà, ma diciamola tutta: voci che arrivavano si e no a San Marino. Adesso, il trionfo firmato dal Pentagono. Nemmeno le zie suore (che pregavano per lui) riuscivano ad immaginarlo portavoce di Putin e stranamore dell’amore mercenario. Eppure non sono tutte rose anche se Fini non è la spina. Fa capire d’esserne ancora padre prodigo con la delicatezza di chi non gli dà del Giuda, scomunica riservata al povero Bossi quindici anni fa. Contento? Preoccupato. Incombe una sentenza dove gli avvocati possono far poco: la sfiducia di Dio. I suoi arcangeli si allontanano dal Popolo della Libertà che li aveva accolti con la riverenza dovuta ai messaggeri divini. Proprio da un messaggero, senatore del partito azzurro, arriva il segno della diffidenza eterna. Far votare per il governo Esteban Caselli, trentino di Buenos Aires, ormai é impresa sovraumana. Scalpita, non si fida, pretende una libertà di coscienza irrispettosa proprio lui, fino a ieri devoto nella sua nuvola d’incenso. Non é un arcangelo qualsiasi. Al quotidiano El Clarin, grande giornale di Buenos Aires, confessa di aver sempre obbedito alla volontà dell’altissimo; in subordine al fantasma di Giovanni Paolo II. Tre anni fa il papa gli è apparso in sogno con l’ordine di candidarsi a Roma accanto «allo statista più importante del mondo». Berlusconi, naturalmente. Esteban piega il cuore con l’umiltà del credente: eccolo a Palazzo Madama. Rinnoverà la fiducia all’ex adorato? Dipende dalla prossima apparizione. La penultima apre un distacco tra la missione Cavaliere e il dovere che il cielo pretende. Sempre intervista al Clarin; questa volta Dio arriva da solo: «Mi ha ordinato di presentarmi alle elezione presidenziali contro la signora Kirchner». Sta aspettando l’ apparizione che fissa il giorno del ritorno in Argentina. Sarà il primo a sapere se il Padreterno ha scaricato il Cavaliere e se la sua devozione non possa essere la stessa di qualche mese fa. La storia della vocazione del senatore è la storia di Zelig. Lobbista tra politica e Vaticano, confonde le parole del Vangelo con i governi militari mentre fanno sparire 30 mila ragazzi. Comincia come autista di Miguel Cardale, ufficiale senza debolezze. Al ritorno della democrazia si appoggia alla Chiesa preconciliare, cardinale Francisco Primatesta sospettato di aver passato elenchi di «sovversivi» alle divise senza pietà. Ben consigliato, il presidente Menem lo manda ambasciatore in Vaticano. Nei sacri corridoi l’ amicizia con Sodano, segretario di stato. Leggenda vuole sia lui a scegliere chi deve essere unto vescovo di là dal mare. E «vescovo» è il nome che gli incolla il credo popolare. Colleziona medaglie: ambasciatore anche dell’ Ordine di Malta, Gentiluomo di Sua Santità. Appena si propone al Senato gli italiani di Buenos Aires non sanno chi è ma mille schede pasticciate (denuncia di Pallaro, senatore non riconfermato) gli regalano il viaggio a Roma. Adesso torna portavoce di Dio: chissà se gli ordina di salvare il Berlusconi che non molla l’altare.