Probabilmente san Rocco, nel suo trecentesco pio peregrinare in giro per l’Italia a curare gli appestati, non chiedeva ai poveri ammalati quali fossero i loro gusti sessuali; probabilmente cercava di assistere in egual misura uomini, donne, vecchi, bambini; probabilmente non pensava che l’omosessualità fosse “indice di disordine morale”, ma che, piuttosto, fossero la povertà, la fame, l’indigenza “indici di disordine sociale”.
Ma lasciamo tranquillo il santo di Montpellier. E pure Augusto Del Noce (1910-1989), il filosofo che se sentisse le uscite del suo allievo Rocco Buttiglione probabilmente si rivolterebbe nella tomba.
Sì, perché al nostro povero Paese non bastavano i commenti omofobi e reazionari del signor Giovanardi a proposito di un’ormai famosa pubblicità dell’Ikea. E allora per la serie scemo-più-scemo questa volta si è aggiunto – è sceso in campo, direbbero loro – il signor filosofo Rocco Buttiglione il quale, sintetizzando, ha sentenziato (ma questi signori pensano prima di far prendere aria alla bocca?) che alla fin fine “sono le famiglie etero a pagare le pensioni ai gay”.
L’ondivago filosofo di Gallipoli – ondivago perché, come forse sapete, in nemmeno molti anni è riuscito a passare dalla DC al PPI (segretario di partito) poi dal CDU all’UDR, quindi al PPE e infine (ma ci sarà mai una fine?), dal 2006, all’UDC – l’ondivago filosofo di Gallipoli, dicevo, non è però nuovo a simili esternazioni, che, ad esempio, gli hanno già garantito una sonora esclusione nel 2004 dal ruolo di commissario europeo per le sue posizioni sull’omosessualità. Questo dopo essere stato trombato alle elezioni a sindaco di Torino con un sonoro 67% (Chiamparino) a 29% (Buttiglione).
Ma dove vive il signor Buttiglione? Crede ancora alla famigliola italiana col papà che lavora, la mamma che fa la casalinga, due simpatici e studiosi figli che fanno i compiti sul tavolo della cucina, la nonna che cuce col gatto sulle gambe e il rosario tra le dita e il nonno che fuma la pipa e legge il quotidiano sportivo?
E’ forse di questo che parlava il suo mirabile saggio del 1978 “Dialettica e nostalgia”? (La domanda è lecita, visto che non l’ho letto, né mai, a Dio piacendo, lo farò).
Ma cos’ha in testa?
Non sa che la realtà è completamente diversa?
Che quel mondo non esiste più?
Gli hanno detto che non è il Sole a girare attorno alla Terra?
Eppure vive – credo – a Roma, insegna all’università (e quindi i giovani li vede e li conosce), ha la sua brava auto blu, la guardia del corpo, i suoi bravi ventimila (più o meno) euro al mese pagati da tutti noi per togliersi qualche sfizio, e via dicendo.
E invece di ringraziare e, soprattutto, invece di pensare prima di aprire bocca (lo so, non è facile, ma con un po’ di applicazione può arrivarci anche lui…) riesce a dire: “Ci sono famiglie tradizionali che fanno crescere i bambini e li educano. Questi quando sono grandi pagano tasse e contributi anche per le pensioni e l’assistenza sanitaria di quelli che i bambini non li hanno avuti”.
A parte il fatto che i bambini non ce li hanno – o non li dovrebbero avere – nemmeno i preti o le suore, e che pure loro godono di pensione e assistenza sanitaria, la domanda che viene spontanea è un’altra. Ma perché questi signori Giovanardi o Buttiglione o Santanchè o Borghezio ce l’hanno tanto con il mondo omosessuale maschile e femminile? Credono in questo modo di rafforzare la virilità del loro partito? della società? la loro? quella del loro indiscusso Capo col trapianto in testa e il Viagra in tasca?
Non pensano, facendo queste esternazioni, di poter venir facilmente accomunati a quanto c’è di più becero, ignorante, incivile, antistorico, reazionario, oscurantista?
Che abbiano qualche problemino?
Non c’è niente di cui vergognarsi.
Siamo uomini di mondo, noi (noi che abbiamo fatto il militare a Cuneo…).
Paolo Collo (Torino, 1950) ha lavorato per oltre trentacinque anni in Einaudi, di cui è tuttora consulente. Ha collaborato con “Tuttolibri” , “L’Indice” e “Repubblica”. Ogni settimana ha una rubrica di recensioni su "Il Fatto Quotidiano". Curatore scientifico di diverse manifestazioni culturali a Torino, Milano, Cuneo, Ivrea, Trieste, Catanzaro. Ha tradotto e curato testi di molti autori, tra cui Borges, Soriano, Rulfo, Amado, Saramago, Pessoa.