Piero Marrazzo, l’ex presidente della Regione Lazio, travolto dallo scandalo-trans, per due anni aveva fatto la cosa giusta: era stato zitto.
Ma a quanto pare la voglia di riapparire, di “tornare in campo” è più forte di qualsiasi altra cosa al mondo. E perciò ha accettato di rilasciare a Concita De Gregorio una lunga intervista apparsa sulla “Repubblica” di lunedì quindici agosto.
Peccato.
Lo consideravamo una persona che aveva fatto una scelta – quella del silenzio – giusta e onorevole, “con stile”, si potrebbe dire.
Non aveva nessuno bisogno di raccontarci un’altra volta dei suoi pentimenti, dei suoi errori, delle sue debolezze. Di monasteri, comunità monastiche e lettere al cardinal Bertone. (E di cedere, soprattutto, alle squallide voglie di scoop ferragostano del quotidiano romano).
E invece ha accettato di comparire, e con tanto di foto a mani giunte stile Bernadette – più altre fotografie varie di via Gradoli, del megatrans Brenda, del papà Joe Marrazzo che ha sempre sfidato le mafie in Tv, del pusher Cafasso, delle copertine dei libri che sta leggendo (guarda caso Le confessioni di sant’Agostino…)
E dicendo anche curiosità del tipo “I trans sono donne all’ennesima potenza” o “Il fatto che abbiano attributi maschili è irrilevante” (contento lui), o ancora “Mi era capitato in passato di avere rapporti con prostitute, come a volte agli uomini accade, specie se oberati dal dovere di essere all’altezza delle aspettative, pubbliche e private” (ma che vuol dire? che se non sei “oberato” non vai a mignotte?)
Insomma, l’ex presidente della Regione Lazio si fa accompagnare con l’auto blu d’ordinanza da un transessuale a dir poco incredibile (labbra tipo canotto pneumatico, tette da fumetto hard, eccetera), viene scoperto, nega tutto, poi conferma tutto, dato che intanto sta girando per le redazioni dei giornali un video compromettente (cosa di cui viene informato dal “nemico” Berlusconi).
E ora, di fronte a un’intervistatrice morbida-morbida ci viene a dire che per metà quella faccenda era un complotto ordito ai suoi danni, e che per l’altra metà lui andava con i trans perché aveva bisogno di riposare, di calma e calore materno (?), perché si sentiva “triste, solitario y final” (come direbbe Osvaldo Soriano).
Non solo, ma aggiunge, patetico come un ragazzino colto a rubare dal borsellino di casa: “E’ stata in molti anni la prima volta che è successo” (ma per favore!).
No, caro Marrazzo, potevi proprio continuare a startene zitto.
Con stile.
Paolo Collo (Torino, 1950) ha lavorato per oltre trentacinque anni in Einaudi, di cui è tuttora consulente. Ha collaborato con “Tuttolibri” , “L’Indice” e “Repubblica”. Ogni settimana ha una rubrica di recensioni su "Il Fatto Quotidiano". Curatore scientifico di diverse manifestazioni culturali a Torino, Milano, Cuneo, Ivrea, Trieste, Catanzaro. Ha tradotto e curato testi di molti autori, tra cui Borges, Soriano, Rulfo, Amado, Saramago, Pessoa.