È tornata in campo quasi al completo l’armata dei talk show, che, con tutti i loro limiti, sono un importante strumento di informazione per milioni di italiani. E non si capisce perché (o magari si capisce benissimo) la Rai in particolare decida di silenziare il dibattito per intere stagioni, soprattutto quando le notizie, come è successo questa estate, divampano. Ma il dg Masi non si preoccupa affatto del vuoto di servizio pubblico; anzi, ha negato a Floris una puntata di Ballarò a ridosso del discorso di Fini a Mirabello. È chiaro che, potendo, Masi oscurerebbe anche Fini e tutto quanto dà fastidio a Berlusconi, ma per ora si accontenta di mettere i bastoni tra le ruote ai giornalisti. Lo strumento messo a punto è quello di filtrare collaboratori e ospiti dei talk show per controbilanciare interventi sgraditi (sempre al capo) con altri più graditi. Il prossimo passo sarà controllare anche il cervello dei giornalisti e il loro emisfero sinistro. Non è ancora il metodo Putin, ma comincia a somigliargli.
Amicone e i suoi amici, nemici dei Rom
Una pattuglia di giornalisti è arruolata in servizio permanente effettivo nelle file del berlusconismo. Di questi signori il più antipatico era Belpietro, che però di recente è stato raggiunto (se non superato) da Sallusti, uno che ormai parla sempre col «noi» e non certo (almeno speriamo) per sfoggiare il plurale maiestatis, ma per segnare la sua appartenenza governativa. Altri invece cercano di darsi un tono di oggettività citando cifre fornite dalla real casa (tipo il refrain: Berlusconi è al 70 %). E altri ancora, come Amicone, sono più fedeli al berlusconismo che alla loro Chiesa (di cui detestano in particolare don Sciortino). Amicone sostiene che è giusto espellere i rom. Anzi, così si fa loro un piacere. Infatti, un amico di Amicone gli avrebbe detto che molti nomadi si stanno spostando in Francia solo per prendere i soldi della taglia fissata da Sarkozy. Trecento euro ad adulto e cento per i bambini. Praticamente un tanto al chilo.
La svergognata prostituzione di un regime in disfacimento
Il povero Berlusconi, inteso come uomo che si è fatto da sé, si sta disfacendo sotto i nostri occhi e, quel che è peggio, sotto gli occhi delle telecamere. In un «bang!» ha perso quel po’ di faccia che gli era rimasta dopo i suoi intrallazzi libici. Gheddafi, con tanti baci e abbracci, gli spara addosso, mandando a quel paese, che poi è il nostro, tutte le balle razziste del ministro Maroni. Intanto, per non farsi mancare proprio niente in fatto di demolizione di una coalizione che naviga nel fango, ecco la scuola coi simboli leghisti stampati fin nella testa dei bambini. Ma, ovviamente, per la ministra Gelmini, non c’è scandalo. Non ci si può scandalizzare di niente, dopo che Stracquadanio (che sta cercando di fare le scarpe a Gasparri, tanto le spara grosse) ha detto che per un seggio, e figurarsi per un ministero, le belle donne si possono anche prostituire. Infatti, si comprano senza vergogna (ne parla perfino il Tg1), interi gruppi di onorevoli maschi, che oltretutto non sono neppure belli.
Le due facce della Lega “di lotta e di governo”: gestacci e fandonie a Venezia, poltrone a Roma
Non avevamo mai fatto esperienza diretta di un intero comizio di Umberto Bossi. Cosicché siamo ancora sotto shock per aver visto su Sky la manifestazione della Lega a Venezia. A parte i gestacci, i borbottii indistinti e, quel che è peggio, le parole chiaramente dette, a colpirci è stata la quantità di falsità storiche spacciate per vere davanti a un pubblico ormai assuefatto a tutto il repertorio. Qualcosa di simile, noi nati in epoca repubblicana, abbiamo visto solo nei filmati di Mussolini. Stavolta, anziché a palazzo Venezia, si era a Venezia, città del mondo prima ancora che fosse globale. Da qui Bossi ha rievocato alla sua maniera la battaglia di Lepanto, promettendo che la padania sarà liberata in tempi rapidi. E veramente c’è da sperare che Lombardia, Veneto e Piemonte si liberino di questi barbari, non privi di ingegno nel turlupinare, ma soprattutto bravi a occupare poltrone a Roma. Tanto che, fateci caso, sembra abbiano almeno due culi a testa.
Sono nata a Ghilarza (Oristano), ho studiato lettere moderne all’Università Statale di Milano, in pieno 68. Ho cominciato a lavorare all’Unità alla fine del 73, quando era ancora ‘organo’ del Pci, facendo esperienza in quasi tutti i settori, per approdare al servizio spettacoli negli anni 80, in corrispondenza con lo straordinario sviluppo della tv commerciale, ovvero con l’irresistibile ascesa di Silvio Berlusconi. Ho continuato a lavorare alla redazione milanese dell’Unità scrivendo di televisione e altro fino alla temporanea chiusura del giornale nell’anno 2000. Alla ripresa, sotto la direzione di Furio Colombo, ho cominciato a scrivere quotidianamente la rubrica ‘Fronte del video’, come continuo a fare oggi. E continuerò fino a quando me lo lasceranno fare. Nel 2003 è stato stampato e allegato all’Unità un volumetto che raccoglieva due anni di ‘Fronte del video’.