Nel vocabolario dei popoli africani non esiste la parola "superfluo". Con i milioni di Sanremo e dell'Isola dei Famosi potrebbero vivere un anno, ma spogliare le nostre Tv da certe emozioni è l'ipotesi terrificante che fa tremare chi li spende. Nessuno vuole la rivoluzione degli spettatori privati dai piaceri del niente
E i neri invidiano le nostre immondizie
04-03-2010
di
Ippolito Mauri
Quando le luci riaccendono, gli spettatori mantengono il silenzio di chi si rifugia nell’oscurità per nascondere un peccato del quale era inconsapevole. Non pensavano a una certa vergogna prima di aver visto il film di Marco Ghiretti e Gigi Dall’Aglio, “L’uomo che cerca parole”. Che è anche un libro pubblicato dall’Emi. Racconta di Antonio Melis, saveriano in Africa per fissare in un vocabolario il linguaggio di 100 mila analfabeti Masa dispersi nella steppa senza colori tra Cameroun e Chad. Nessuno ha salvato le parole che ne accompagnano le abitudini. Non una lingua morente: allegra, vivace. Non una novità perché un miliardo di analfabeti di carta restano fuori dal nostro mondo. E nuove esclusioni contemplano tre miliardi di analfabeti elettronici isolati in un pianeta (diciamo in via di sviluppo) col quale non riusciremo mai a incrociare un discorso. Se arrivano, come possiamo capirci? Ma il turbamento è un altro. Il cacciatore di parole non trova certe parole. La fatica del vivere dei Masa le esclude dai 1200 vocaboli sui quali costruiscono amori, affari, malinconie. Melis vuol sapere come si dice “ superfluo “. Silenzio. Sollecita con esempi pratici: quando il riso è impestato dai vermi diventa immangiabile, quindi inutile custodirlo nel sacco. Da buttare. Elenca altri superflui ma gli occhi di chi ascolta continuano a non capire. Il riso bolle coi vermi ed è un buon pasto al ragù. Nei mercati poverissimi e coloratissimi vendono scarpe destre e scarpe sinistre. Chi ha bisogno solo di un destro o solo di un sinistro, compra solo una scarpa e discute sul prezzo fino allo sfinimento. Eppure la loro vita non è triste. Ordinata, laboriosa. Pascolano gli zebù, intagliano flauti, giocano coi cani. Non so se prima di finire arrosto le galline “fanno compagnia alle donne”, passatempo delle indie d’Amazzonia. Dedicano venti parole per spiegare l’uso dell’acqua: il tesoro. Eppure trascurano il verbo “nuotare” considerato superfluo. Nel fiume si pesca, ci si lava, si va ogni mattina con le brocche da far bollire. Mellis insiste: qualcosa di superfluo ci sarà. Ridono: non c’è perché non buttiamo via niente. Non sono trasandati, né incivili anche se la loro civiltà non contempla l’inutile. Sette giorni fa gli spettatori del documentario si accorgono di essere spettatori temerari: hanno preferito la storia lontana al caravanserraglio di Sanremo. Tornati a casa accendono in tempo per ascoltare Jennifer Lopez arrivata dall’America con aereo privato, troupe di 30 persone, albergo cinque stelle a Montecarlo. Canta pochi minuti immersa nello sterminio di luci considerate indispensabili alla grandeur. Quante migliaia di euro è costata la sua presenza superflua per mezzo mondo, irrinunciabile per noi? I Masa non avrebbero capito; non credo abbiano capito gli operai sui tetti e in piazza perché senza lavoro trascinati sul palcoscenico, curiosità da zoo che regala un brivido di umanità al presentatore Mediaset-P2. Lo spettacolo li trasforma in comparse esotiche fra le Jennifer Lopez coperte d’oro per puntellare il carnevale dei telefonini che votano. Superfluo che imperversa nell’Anno Zero del Santoro pastorizzato, quell’angoscia per Morgan esiliato dalla Rai matrigna. La plastica dell’inutile riparte nell’Isola dei Famosi. Viene in mente Sergio Endrigo quando l’ Italia faceva i conti; palcoscenico con un po’ di fiori, lui solo con la chitarra: “C’è gente che ha avuto mille cose…”. Adesso ne vuole un milione e fischia se non gliele danno tutte. E vota per chi le promette. Nelle Afriche dimenticate, anima e ombra sono la stessa parola. La pena di chi è uscito dal documentario e incretinisce nelle Tv, diventa il dubbio di vivere nell’ombra. L’anima degli italiani inutile cercarla: chissà dov’è.