Ma avete visto con che piglio rivoluzionario Angelino Alfano ha impugnato davanti alle tv l’arma della nuova legge elettorale? Scamiciato, congestionato e perfino vagamente minaccioso, sembrava dire: non provate a fermarmi perché faccio uno sfracello. E un marziano venuto dallo spazio avrebbe pensato che al povero Angelino l’atroce legge vigente (forse la peggiore al mondo) l’abbia imposta il feroce Saladino comunista. Invece no. Il dannato porcellum l’hanno voluto Berlusconi e Bossi e lo hanno imposto a tutto il Paese per i loro porci interessi, gli unici di cui, del resto, si occupino da sempre. Ad avere un po’ di memoria (e di spazio) si potrebbero rievocare i trucidi argomenti con i quali hanno fatto votare alle Camere l’imbroglio che ha privato gli elettori del loro diritto e ha consentito a una relativa maggioranza di diventare “la più grande maggioranza della storia repubblicana”. Senza peraltro riuscire a governare e ottenendo di risolvere alcuni schifosi problemi personali del premier solo con l’aiuto mercenario di Scilipoti.
Il fumo della persecuzione: vale solo per alcuni
Che brutta giornata quella di giovedì. La maggioranza del Parlamento ha detto no ai giudici che volevano arrestare Milanese, senza curarsi affatto del famoso “fumus persecutionis”. Come ha detto sfrontatamente Bossi, è stato salvato il governo e basta. E siccome giovedì è stata una giornata televisiva tra le più affollate di dibattiti, dichiarazioni, interventi ed esondazioni, ne abbiamo sentite di tutti i colori su fatti di cui, personalmente, come milioni di italiani e perfino di padani, ci vergogniamo da morire. C’erano i soliti noti (come Belpietro) del dibattito con frustino, che giravano da una rete all’altra per fustigare la nuda verità. Urla strepiti e insulti, dai quali abbiamo tratto la convinzione che, essendosi il Parlamento costituito in tribunale, qualunque cittadino può pretendere di ricorrere ad esso per sfuggire al carcere. A meno che non sia richiesta la Ferrari come unica prova di innocenza. E, ovviamente, chiunque avrà pure diritto a mezz’ora in video da Bruno Vespa per insultare i suoi giudici. Privilegio che, del resto, non è stato negato neanche ai peggiori assassini.
Galan fuori dalla storia: dove trova il coraggio di dire questo è il miglior governo?
Una domanda sorgeva spontanea dopo la visione, mercoledì, di “Otto e mezzo”: ma il ministro Galan, ci è o ci fa? Di fronte alla plateale, scandalosa nullità del governo nel contrastare la crisi, mentre Confindustria chiede a Berlusconi di non far vergognare gli imprenditori all’estero, Galan ha sostenuto che l’esecutivo insediato nel 2008 è stato il migliore della storia repubblicana. Esterrefatti gli intervistatori Lilli Gruber e Stefano Folli, come crediamo la maggior parte degli spettatori. L’uomo che sovrintende al più grande patrimonio artistico del mondo e che, in un Paese normale, dovrebbe essere una grande personalità intellettuale, da noi si presenta in tv per sparare risibili balle e per confermare il suo berlusconismo fuori tempo massimo. Pur riconoscendo che la promessa rivoluzione liberale non si è avverata e che il premier, come vorrebbe Giuliano Ferrara, dovrebbe chiedere scusa a quelli che ha deluso, il ministro ha continuato a farcire il suo discorso di elogi spropositati a Berlusconi, un povero ricco circondato da cortigiani, cortigiane e Scilipoti.
Sono nata a Ghilarza (Oristano), ho studiato lettere moderne all’Università Statale di Milano, in pieno 68. Ho cominciato a lavorare all’Unità alla fine del 73, quando era ancora ‘organo’ del Pci, facendo esperienza in quasi tutti i settori, per approdare al servizio spettacoli negli anni 80, in corrispondenza con lo straordinario sviluppo della tv commerciale, ovvero con l’irresistibile ascesa di Silvio Berlusconi. Ho continuato a lavorare alla redazione milanese dell’Unità scrivendo di televisione e altro fino alla temporanea chiusura del giornale nell’anno 2000. Alla ripresa, sotto la direzione di Furio Colombo, ho cominciato a scrivere quotidianamente la rubrica ‘Fronte del video’, come continuo a fare oggi. E continuerò fino a quando me lo lasceranno fare. Nel 2003 è stato stampato e allegato all’Unità un volumetto che raccoglieva due anni di ‘Fronte del video’.