Sembrerebbe che negli anni Ottanta e primi Novanta le cose fossero più lineari. O almeno così deduciamo da Jana Hensel e il suo Zonenkinder: «I ragazzi polacchi, pigiati in cinque su una Fiat Polski, si riconoscevano dai marsupi fatti in casa con i loghi taroccati dell’Adidas, le toppe Sandra o le rose dei Depeche Mode. Le ragazze russe portavano grandi fiocchi rosa tra i capelli, indossavano uniformi scolastiche marroni ed erano spesso accompagnate da tizi con visi spigolosi. I cechi amavano le scarpe da ginnastica di stoffa a strisce rosse e blu, mangiavano le loro tipiche cialde e giravano in Škoda, mentre l’ungherese era elegante d’aspetto e non manifestava alcun interesse per il blocco orientale.» Al contrario adesso, causa il mondo unipolare e l’inevitabile globalizzazione, tutto è più complicato e riconoscere un trentenne ceco da un coetaneo polacco – così come da uno di Dresda o un viennese – parrebbe faccenda rischiosa forse persino per Fräulein Hensel. Mi ricollego a quanto scrive Angela de Gregorio in La Repubblica Ceca:
Il trauma del mutamento è stato rapidamente assorbito dalla società (ceca) anche grazie a una opera di purificazione (o lustrace) che rispetto ad altre realtà dell’ex mondo socialista è risultata alquanto incisiva, consentendo la chiara riappropriazione delle proprie tradizioni democratiche, ancora vivide nella memoria di un popolo che si è sempre sentito orgogliosamente parte d’Europa.
Dunque riappropriazione della propria natura continentale dopo l’uscita dall’«ombrello sovietico» e sempre minori differenze sia con i coetanei dei paesi confinanti che con quelli provenienti dalla (termine orrendo) «vecchia Europa». Ecco a grandi linee un quadretto dei trentenni in Repubblica Ceca, prima generazione ad affermarsi nel mondo del lavoro dopo una bella fetta di esistenza trascorsa in democrazia e con ampie possibilità – spesso sfruttate – di gironzolare in Europa e nel mondo. Ma quali sono le priorità che chiedono alla politica? Domanda quanto mai complicata ed a enorme rischio generalizzazione, tuttavia attuale visto che tra quaranta giorni circa ci saranno le elezioni e tutti a Praga e dintorni saranno chiamati a esprimersi.
Breve riassuntino, forse necessario, della situazione in zona: al momento in Repubblica Ceca governa un esecutivo guidato dal tecnico Jan Fischer, che ha sostituito il primo ministro Mirek Topolánek durante lo sgangherato semestre di presidenza europea, mentre al Pražský hrad siede come presidente quel Václav Klaus che l’Europa non la può vedere nemmeno in cartolina. Topolánek e la sua Ods – Občanská demokratická strana, il partito civico democratico di centrodestra – ha vinto le passate elezioni battendo assieme ai verdi del Demokratická strana zelených i socialdemocratici del ČSSD di Jiří Paroubek.
Il tentativo di chiarirmi le idee avviene in una birreria di Dejvická, prima periferia della capitale. I miei interlocutori sono tutti giovani professionisti più o meno stabili da un punto di vista lavorativo; principalmente architetti, designer e pubblicitari con mansioni che fingo di capire, nessuno di loro ha perso il lavoro con la crisi. E certo la tendenza a screditare la politica è faccenda piuttosto diffusa anche qui, ossia in pochi si aspetterebbero un futuro migliore dalla elezione di questo o quest’altro individuo, e molti si trovano d’accordo su quanto alla fine sia possibile andare avanti solo per spinte e spintarelle (ebbene la cosa accadrebbe anche fuori dall’Italia.) Tuttavia – per quanto debba specificare che si tratti di un campione piuttosto ristretto e reduce da molte pinte – è possibile notare una certa uniformità di pensiero nelle risposte alla mia prima domanda: «quali dovrebbero essere le priorità del partito da votare?» Risposta: ricambio generazionale, maggiore presenza di donne (ovviamente ad affermare ciò le signorine in sala, ma anche i ragazzi paiono onestamente convinti) e soprattutto un deciso cambio di marcia nelle politiche estere, con conseguente maggiore peso, prestigio e responsabilità della Repubblica Ceca in seno all’Unione Europea. Successivo quesito, anch’esso piuttosto scontato ma inevitabile: «e quali partiti o movimenti meglio rappresentano ciò?» La risposta contiene elementi interessanti.
Breve salto oltre il confine. Nella vicina Germania si è assistito di recente a ciò che comunemente viene chiamato «il lento declino dei Volksparteien», vale a dire dei maggiori partiti che hanno segnato la storia della nazione pre e post-unificazione: la Spd e la Cdu, capaci di prendere il novanta percento dei consensi nel settanta, l’ottanta negli ottanta, il sessanta nei novanta e via a scendere. Al momento sembrerebbe che la stessa cosa stia verificandosi anche in Repubblica Ceca attraverso la netta preferenza che i miei interlocutori concederebbero a due nuovi movimenti guidati da una coppia di individui diversissimi tra loro, per quanto entrambi abili a capire gli umori di una buona fetta di elettorato: i nomi dei partiti sono Top 09 e Věci veřejné, quest’ultimo traducibile più o meno con «la cosa pubblica, l’amministrazione di tutti».
I rispettivi leader si chiamano Radek John e Karel Schwarzenberg, tizi agli opposti sia da un punto di vista fisico-mediatico che di storie personali: il primo infatti è un giovanilistico scrittore/giornalista/sceneggiatore con trascorsi da attivista in difesa di tossicodipendenti e prostitute, mentre il secondo un esperto ex ministro nonché Sua Altezza Serena (il nome completo di Karel Schwarzenberg è Johannes Nepomuk Karl Josef Norbert Friedrich Antonius Mena Wratislaw zu und von Schwarzenberg.) Fattori che premierebbero i loro programmi – pur con la consapevolezza che imporsi in solitaria sarà impossibile e servirà accordarsi con i fratelli maggiori – appunto un ventilato rinnovamento generazionale, maggiore presenza di donne nella dirigenza nonché lo sguardo più europeista in politica estera di cui sopra.
E sebbene cosa ciò voglia dire nello specifico resti ancora un po’ fumoso nella bocca di molti, è ben delineata l’assoluta necessità di non ripetere i recenti errori screditanti di Klaus e Topolánek nei mesi appena trascorsi, i continui rinvii alla ratifica del Trattato di Lisbona, le frasi fuori posto e il conseguente scetticismo nel confronti della Repubblica Ceca da parte di gran parte della stampa – e non solo – estera. Chi è cresciuto in una Europa diversa si aspetta ora un diverso approccio con l’Europa; è la nuova generazione sulla quale molto si è scritto, drammatizzandoci e ricamandoci a dovere, capace di mischiare i ricordi d’infanzia delle vacanze sul Baltico a quelli di qualche anno dopo in Spagna o in Italia, e le file ai posti di blocco con quelle al gate Ryanair; che ha saputo scoprire un mondo diverso senza cadere nella facile trappola del nazionalismo, come invece è accaduto in stati vicini e vicinissimi, e che con la propria ottima educazione sta contribuendo al progresso scientifico e culturale non solo nazionale ma di tutta Europa.
Affrontare e comprendere il passato, ma anche superarlo e guardare avanti; in tedesco c’è una parola per questo, un po’ complicata tuttavia dal suono elegante: Vergangenheitsbewältingung. In ceco non so. Ad ogni modo gli zonenkinder della Hensel piano piano iniziano a ricoprire incarichi di rilievo in Repubblica Ceca, votano e talvolta il voto lo chiedono. È la prima volta che accade e sarà interessante seguirne gli sviluppi.
Gabriele Merlini ha trentuno anni, lavora nell'editoria e collabora con testate e riviste online, occupandosi principalmente di tematiche inerenti l'Europa centrale e orientale. Cura dal duemilasette il sito Válečky: http://eastkoast.wordpress.com/