Ho ricevuto da diverse parti il seguente testo a cui ho dato un titolo che a me pare appropriato. Il testo circolava senza fonte, ma solo con il nome dell’autrice Elsa Morante. Sembrava troppo cucito su misura per correre il rischio di divulgarlo senza essere certi e sicuri della sua origine. Ho chiesto a chi me l’ha inviato e dopo qualche ricerca, mi è stata data la fonte bibliografica che faccio mia e che pertanto pubblico. Inutile dire lo sdegno e l’amarezza per una ripetizione di condizione e di comportamenti che condannano l’Italia all’estinzione. Ho sempre creduto che la vita fosse responsabilità di chi la vive e di come la vive, di fronte a questo testo devo rassegnarmi all’ineluttabilità del “fato”, cioè una condanna ancestrale che ha sanzionato in qualche anfratto infernale che l’Italia non merita di essere né libera né democratica. A meno che… insieme non facciamo la rivoluzione, ribellandoci, scioperando e principalmente sussultando di orgoglio e indignazione in nome della dignità di uomini e donne liberi, oggi brutalizzati da un governo e un parlamento che hanno svuotato l’Italia della sua anima e forse anche del suo riscatto.
Ecco il testo di Elsa Morante:
«Il capo del Governo si macchiò ripetutamente durante la sua carriera di delitti che, al cospetto di un popolo onesto, gli avrebbero meritato la condanna, la vergogna e la privazione di ogni autorità di governo. Perché il popolo tollerò e addirittura applaudì questi crimini? Una parte per insensibilità morale, una parte per astuzia, una parte per interesse e tornaconto personale. La maggioranza si rendeva naturalmente conto delle sue attività criminali, ma preferiva dare il suo voto al forte piuttosto che al giusto. Purtroppo il popolo italiano, se deve scegliere tra il dovere e il tornaconto, pur conoscendo quale sarebbe il suo dovere, sceglie sempre il tornaconto. Così un uomo mediocre, grossolano, di eloquenza volgare ma di facile effetto, è un perfetto esemplare dei suoi contemporanei. Presso un popolo onesto, sarebbe stato tutt’al più il leader di un partito di modesto seguito, un personaggio un po’ ridicolo per le sue maniere, i suoi atteggiamenti, le sue manie di grandezza, offensivo per il buon senso della gente e causa del suo stile enfatico e impudico. In Italia è diventato il capo del governo. Ed è difficile trovare un più completo esempio italiano. Ammiratore della forza, venale, corruttibile e corrotto, cattolico senza credere in Dio, presuntuoso, vanitoso, fintamente bonario, buon padre di famiglia ma con numerose amanti, si serve di coloro che disprezza, si circonda di disonesti, di bugiardi, di inetti, di profittatori; mimo abile, e tale da fare effetto su un pubblico volgare, ma, come ogni mimo, senza un proprio carattere, si immagina sempre di essere il personaggio che vuole rappresentare».
ELSA Morante, Opere, vol. I, Meridiani Mondadori (oggi proprietà di Berlusconi), Milano 1988.
Post Scriptum: Qualunque cosa abbiate pensato, il testo è del 1945 e si riferisce a Mussolini.
Paolo Farinella, biblista, scrittore e saggista, è parroco nel centro storico di Genova in una parrocchia senza parrocchiani e senza territorio. Dal 1998 al 2003 ha vissuto a Gerusalemme "per risciacquare i panni nel Giordano" e visitare in lungo e in largo la Palestina. Qui ha vissuto per intero la seconda intifada. Ha conseguito due licenze: in Teologia Biblica e in Scienze Bibliche e Archeologia. Biblista di professione con studi specifici nelle lingue bilbiche (ebraico, aramaico, greco), collabora da anni con la rivista "Missioni Consolata" di Torino (65.000 copie mensili) su cui tiene un'apprezzata rubrica mensile di Scrittura. Con Gabrielli editori ha già pubblicato: "Crocifisso tra potere e grazia" (2006), "Ritorno all'antica messa" (2007), "Bibbia. Parole, segreti, misteri" (2008).