Una manifestazione delle nonne di Plaza de Mayo
Buenos Aires – Il 10 dicembre Horacio Pietragalla Corti entra nel parlamento argentino. Naturalmente dalla parte di Cristina Kirchner, la signlra presidente riconfermata: è stato eletto deputato col sostegno delle Nonne di Piazza di Maggio raccolte attorno ad Estella Carlotto. Sono state loro a ricostruire il suo passato e a cambiargli la vita. Horacio è uno dei bambini che i militari della dittatura si sono portati a casa dopo aver ucciso il padre e la madre. Come tutti è cresciuto nella casa degli assassini. Da appena 8 anni ha scoperto la vera identità. “ Sono felice di contribuire a rafforzare la democrazia che mia madre e mio padre hannio sognato; ehanno combattuto dfino alla morte per ottenerla.. Non sono entrato in politica per caso. E non mi sono interessato di politica solo dopo aver scoperto chi davvero sono. La politica è l’inquietudine che ha accompagnato la mia giovinezza. Nel barrio dove vivevo si parlava di calcio, giocavo al pallone ma appena in un angolo del caffè sentivo qualche signore che ricordava le paure del passato e discorrevo di politica stavo in piedi alle loro spalle e ascoltavo. Non mi ritrovavo nella famiglia dove vivevo. Non sopportavo l’ombra del “ padrino “, militare che mi aveva adottato e poi abbandonato alle cure amorevoli di una donna di servizio: lei mi ha voluto bene , ma non bastava.“.
Scoperto chi era, Horacio incontra parente, amici dei genitori. Uno anche a Roma quando è arrivato nel 2008. Claudio Tognonato è un “ non desaparecido “ come ama ripetere. I militari che lo avevano arrestato si sono per un momento distratti ed è riuscito a fuggire. Studiava ma si mesciolava da volontario nelle Villas Miserias, favelas di Buenos Aires. Che un ragazzo di famiglia borghese frequentasse la povertà disperata veniva considerata “ pericolosa sedizione “ dalle polizie della dittatura. E così lo hanno catturato e per fortuna subito perduto. Laureato in sociologia vive da anni a Roma. Collabora con l’università Roma 3 e scrive su Il Manifesto “. Ecco il racconto di quando ha abbracciato il figlio degli amici assassinati.
Horacio Pietragalla Corti
Figlio di Horacio Pietragalla e Liliana Corti, militanti di Montoneros, desaparecidos. Uccisi, i loro corpi occultati per anni. Ora le loro ossa sono stati ritrovate. Horacito ha scoperto a 25 anni di chiamarsi come suo padre. In realtà ha pure scoperto di averne 27, nel falsificare i documenti i militari gli avevano tolto due anni per rendere più difficile il riconoscimento.
Racconta con grande serenità la sua storia. È un lungo ricostruire un mosaico, aiutato da altri, che come noi gli forniscono piccoli o grandi ricordi. Lui non sa che Graciela gli ha dato il biberon. Non sa che sua madre ha vissuto a lungo a casa sua quando era incinta e ogni mattina si alzava presto a comprare i giornali per cercare qualche indizio sulla sorte di Horacio. Non sa che Liliana diceva che non avrebbe mai abbandonato né la lotta né suo figlio. Noi non sappiamo che quando i militari hanno circondato la casa e hanno cominciato a sparare con ogni tipo di arma, Liliana ha messo Horacio al riparo dentro la vasca da bagno dove è stato ritrovato. Il gruppo di archeologia forense che ha analizzato la salma di Liliana ha identificato segni di 16 colpi. Pochi anni fa Horacito è tornato in quella casa e ha parlato con un vicino che era stato testimone di tutta la scena, la sparatoria, i cadaveri e quel bimbo ancora vivo che i militari si sono portati dietro.
Da quella casa fu portato in ospedale perché aveva una lieve ferita all’orecchio. Poi non si seppe più nulla di lui. I nonni, i familiari, si sono dati da fare senza successo. Come i suoi genitori, anche lui desaparecido. Nemmeno la salma di Liliana è stata consegnata ai loro cari. Era la prassi. Horacito cresceva ignaro del suo passato. La signora che si era presa cura di lui era la domestica del tenente colonnello Hernán Tefzlaff. Un giorno ha sentito che il militare discuteva con il cognato perché questo, che gli aveva chiesto un bimbo, ora non lo voleva più. Non sapevano cosa farne di lui e lei, Lina Frias, disse che poteva prenderselo. Il militare è rimasto come padrino, quindi lo andavano a trovare. Lui non glielo perdona. Quando ha scoperto tutto non voleva rompere con Lina e sua sorella, ma poi si ha cominciato ad allontanarsi e ad arrabbiarsi per le menzogne. Finita la dittatura Tefzlaff è stato processato e detenuto per sequestro di bambini, ma non per il bimbo consegnato a Lina.
Horacito dice di essersi sentito sempre diverso dalla famiglia di adozione: «A 11 anni ero già più alto di tutti loro». Aveva dubbi sulla sua identità, cercava le fotografie della madre incinta e le tracce del suo passato, faceva domande ai vicini, ma solo a 27 anni decise d’indagare. È andato a trovare le Abuelas e si è sottoposto all’analisi del Dna. Loro erano già sulle sue tracce, avevano altre documentazioni e fotografie che confermavano la sua vera identità. Racconta che i primi anni sono stati molto duri: «Ancora oggi ho delle ricadute. Mi ricordo una volta che sono andato ad un concerto rock. Tutti saltavano e io pensavo solo a questa storia, sono uscito credendo di impazzire. Sono cambiato molto dopo la scoperta. Ma la verità non ti rovina la vita: la vita me l’avevano rovinata prima».
Molte persone gli hanno raccontato diversi episodi della biografia dei suoi. Lui ascoltava, assimilava e cercava di riempire quell’ immenso vuoto. «Ero sempre triste, con la consapevolezza e l’angoscia di sentire che non li avrei mai conosciuti.» Un giorno una giornalista gli consiglia di vedere un film per bambini, «Il Re Leone». «Uno strano consiglio, ma dopo qualche settimana, incuriosito, ho affittato la cassetta e me lo sono visto a casa». Il film racconta la storia di un re leone ucciso in una congiura. Il figlio del re scappa e, ignaro della sorte dei suoi, è allevato da una specie di cinghiale e una mangosta. Poi arrva il giorno in cui, andando a bere in un lago, si sorprende, vedendo riflessa nell’acqua l’immagine di un altro. Era lui, ma ora percepiva in se stesso l’immagine del padre. «Anch’io ho incominciato a cercare loro in me. Cerco di conoscermi meglio per capire loro. Queste somiglianze mi rendono felice. Molte persone mi parlano bene di mio padre, hanno bei ricordi, mi dicono che era una persona magnifica, affettuosa, sensibile, coerente. Sicuramente anche lui aveva dei difetti, come tutti. Ma sono contento di somigliargli». «Mia madre l’immagino simile a mia zia, che mi fa crescere in libertà. L’immagino molto affettiva e aperta, come sono molte donne oggi». Mi racconta che ha ricostruito tutto a partire dalle conversazioni con amici, parenti e dalle poche fotografie rimaste.
Non tutto è però così facile: «A volte questo identificarmi con loro mi fa molto male. Ci sono stati momenti in cui mi sono chiuso in me stesso, non volevo vedere nessuno. Ho pianto molto, forse per questo oggi sento gli occhi asciutti, ho consumato tutte le mie lacrime». Nel 2003 le Abuelas annunciano il ritrovamento di Horacito nel corso di una conferenza stampa. Lui è lì, è la prima volta che il figlio di un desaparecido decide di affrontare la stampa. Riconosce che Nestor Kirchner ha appoggiato la lotta delle Madri e delle Nonne ed ha annullato le leggi che impedivano l’apertura ed il proseguimento dei processi ai militari, ma pensa che si potrebbe fare di più. «Il governo ha fatto tante cose importanti in materia di diritti umani, ma noi chiediamo di più. Devono realizzare quella società per la quale i miei genitori sono stati uccisi. I miei genitori non sono scomparsi per avere oggi un monumento o un posto nel Museo de la Memoria. Le loro rivendicazioni oggi sono ancora più legittime di allora».
Adesso, deputato: Juklian Bruschtein lo intervista a Buenos Aires per Pagina12. “La sua vita è cambiata, addirittura deputato….”. “Ma non dimentico com’ero, cosa pensavo e dove abitavo fino al 2001: le pagine della storia sono cambhiate ma io non devo cambiare. L’inmpegno imparato dalle Nonne di Piazza di Maggio mi accompagnerà per la vita. Asdesso posso dar corpo alle illusioni e ai sogni. Posso parlare, proporre e forse essere ascoltato ed esaudito. Bisogna rafforzare la dignità delle persone e fabbricare ostacoli insormontabili per chi immagina ancora uno stato autoritario. Ripeto: la politica mi affascinava, ma non la immaginavo né come ambizione, né come modo di vita. Ed eccomi qui col proposito di contribuire al disegno di un’Argentina mai più violenta, mai più nelle mani di militari”.