Care donne, svegliamoci, la piazza non basta: prendiamo in braccio politica e società
12-12-2011
di
Giancarla Codrignani
Credo che le donne scontino la volontà di “esserci” nei momenti “storici”, ma di limitarsi a denunciare le loro difficoltà senza accorgersi che, invece, debbono tornare ad avanzare proposte politiche precise ai governi e ai Parlamenti, affrontando le difficoltà dell’essere scomode e le dissolvenze delle loro iniziative se si fermano solo sulle piazze. Forse anche il 13 febbraio abbiamo fatto azione di supplenza: negli uomini che ci hanno seguite, ma forse anche in noi c’era una gran voglia di “manifestare” e non solo di denunciare le offese al nostro genere da parte di Berlusconi.
Se avete visto “Libere” di Cristina Comencini, dovrebbe apparire strano che la ragazza “che ha avuto tutto” in termini di parità e competitività con gli uomini, sia in una sala d’attesa ginecologica perché teme di essere incinta: dov’è finita la contraccezione? le vecchie femministe l’avevano richiesta come giusta prevenzione contro quell’aborto che la società continua a caricare sulle spalle delle donne, senza cambiamenti culturali neppure nella Chiesa, pugnace solo contro il permissivismo e incapace di “evangelizzare” i maschi, nel senso di dare loro la “buona notizia” (traduco la parola Vangelo) che si può vivere meglio.
Il veterofemminismo potrà essersi espresso in diverse scuole di pensiero, utilissime a far pensare anche quando conflittuali; ma ha imposto alcune questioni dirimenti al legislatore. Poi, è vero che i contenuti non erano quelli voluti e, per esempio, i consultori sono stati condannati alla superfluità da una medicalizzazione contraria alla richiesta originaria. Che chiedeva un luogo in cui discutere la ragioni pratiche della differenza, dalla giustizia (la consulenza giuridica se una pensa al divorzio o all’adozione) all’educazione sessuale dei figli nelle scuole. Ma l’iniziativa aveva fatto discutere e crescere.
Oggi la crisi del politico fa ritenere superfluo il Parlamento, secondo la prassi imposta dal testé caduto “silenziatore delle istituzioni”. Come donne potremmo aiutare la società a ridare senso allo stato. Da più di vent’anni le economiste femministe denunciano l’assurdità dell’attuale concetto di Prodotto Interno Lordo: comprendere nel Pil solo la produttività è del tutto inadeguato (la crisi attuale lo dimostra ampiamente) e gli stessi economisti lo hanno già denunciato. Ma le economiste hanno avanzato la proposta di comprendervi la riproduzione, intendendo la riproduzione non come componente demografica o addirittura alimentare. Sarebbe infatti decisivo per il futuro se il Pil assumesse la “cura”, attualmente femminilizzata al biologico-familiare, come modalità strategica, per farla diventare una filosofia economica per tutte le strutture e gli individui. Certamente sarebbe necessario articolare la proposta, ma sarebbe anche bello pensare che diventasse politico prendersi in braccio la società, riordinare le priorità (prima l’esercito o i nidi?) e risollevare la democrazia in crisi.
Proporlo a “big Mario” e alle forze politiche in Parlamento oggi divise fra apocalittici (volgarmente detti indignados) e integrati?
Giancarla Codrignani, docente di letteratura classica, giornalista, politologa, femminista. Parlamentare per tre legislature