La signora Marcegaglia si è dichiarata parzialmente scontenta delle misure adottate dal governo dell’amico Berlusconi che la vorrebbe al ministero dell’industria e per questo si è esposto ad una figuraccia all’assemblea della Confindustria. Dichiararsi scontenti è per la Confindustria una tecnica lungamente e ampiamente sperimentata. Se esaminano le sue risoluzioni approvate negli ultimi trentacinque anni basta leggerne una per leggerle tutte. Sono tutte identiche! Si chiede flessibilità per assicurare maggiore produttività al sistema e sopratutto “riforme strutturali”.
Per riforme strutturali si intende, in soldoni, cancellare le voci di spesa permanenti destinate a reiterarsi di anno in anno. Queste spese riguardano il welfare: scuola, sanità, pensioni. Le uniche spese che non si mettono in discussione sono quelle per le forze armate e le relative forniture e le forze di polizia. Se lo Stato si riducesse soltanto a gestire l’Esercito e la Polizia e cancellasse tutto il resto o lo riducesse a proporzione miserella (come negli Usa) gli industriali italiani sarebbero assai contenti.
Nel corso degli ultimi dieci anni si è intensificata l’erosione dei diritti dei lavoratori non soltanto con le leggi ma anche con l’uso della contrattazione sindacale. In verità questa tendenza è stata inaugurata all’epoca del governo di Giuliano Amato con gli accordi sottoscritti purtroppo anche da Trentin sulla abolizione della scala mobile e poi allargati alla dinamica dei salari un anno dopo con il governo Ciampi.
Nel 1975 si era realizzato l’ultimo accordo dell’era keinesiana dell’economia italiana con il punto unico pesante di scala mobile firmato da Agnelli e Lama. Un folto stuolo di commercialisti dei diritti insidiati al Ministero del Lavoro e nelle Commissioni di Camera e Senato coltivano l’ossessione della “modernizzazione” del giuslavorismo. Se osservate quante cose riescono ad introdurre di soppiatto o più o meno apertamente in leggi-omnibus, nelle finanziarie, nei cosiddetti collegati vi rendete conto che ci troviamo dinanzi al più grande svilimento del diritto del lavoro mai perpetrato in Italia: l’ultimo obiettivo che questi legulei si sono dati è quello di rendere quasi inagibile ai lavoratori la magistratura. Dai diritti conclamati e riassunti magistralmente nella Costituzione e nello Statuto dei Lavoratori si sta gradatamente passando agli “obblighi” ed ai “divieti” fino a rendere la figura del lavoratore meno titolata di diritti di quella dei comuni cittadini.
La Marcegaglia, lavorando di contrappunto con Sacconi che pratica l’apartheid della Cgil e vuole andare avanti soltanto con “i complici” Cisl e Uil, ha proposto alle confederazioni dei lavoratori la convocazione di una grande assise per la crescita. La Cisl ha immediatamente aderito alla proposta e credo che anche la Uil non si farà pregare. L’assise per la crescita ha un solo scopo: fare prigioniera la Cgil, costringendola dentro lo schema iperliberista di una ulteriore perdita di salari e diritti. La differenza tra la scaltra Marcegaglia ed il brutale Sacconi consiste non in diversi ascolti di quanto ha da dire la Cgil, ma soltanto se farla prigioniera magari con l’aiuto del PD o discriminarla e relegarla nel ghetto in cui sono stati rinchiusi i sindacati di base ed i partiti comunisti. Il fatto che la Cgil abbia una dottrina e si comporti come una grande forza moderata che subisce più che proporre non conta niente.
La Marcegaglia non si fida. Sa che la Cgil è il sindacato per antonomasia, l’incarnazione dello spirito di lotta e che spesso è animata da profonde pulsioni e da ribellioni della sua base sociale alla ingiustizia. Non si può escludere che la spinta dei lavoratori possa collocare la Cgil anche contro la volontà collaborazionista dei suoi gruppi dirigenti in posizione ancora più nettamente contrapposta al regime.
Mentre la Marcegaglia faceva la sua proposta altri cinque lavoratori lasciavano la loro vita sul posto di lavoro. Riprova che nonostante la legge sulla sicurezza (che non viene rispettata) l’olocausto umano al Dio Profitto continua e continuerà in futuro. Il congelamento delle retribuzioni previsto dalla manovra sarà una glaciazione dal momento che dal 1993, tranne per gli stipendi della dirigenza e del manageriato oscenamente superpagato, si è in regime di quasi congelamento. Non a caso siamo al quaranta per cento in meno della media europea.
La Confindustria non ha alcuna voglia di aprirsi ai problemi della società italiana legati alla depressione in cui vivono venti milioni di lavoratori. Non vuole dialogare. Vuole soltanto rafforzare un dispositivo di sicurezza che blocca i lavoratori in fondo al pozzo dove li ha cacciati. Vuole anche continuare ad usare il mercato parallelo del precariato che,garantisce salari inferiori anche della metà dei minimi contrattuali. Oltre sei milioni di persone sono sfottute da contratti a progetto, da partite Iva e da altri marchingegni della Biagi.
Mi auguro che la Cgil respinga l’invito e che a Bonanni che le rimprovera sarcasticamente di aver fatto tanti scioperi generali inutili risponda aggiustando il suo tiro. Non basta fare uno sciopero generale. Bisogna anche vedere che cosa si propone di denunziare e di ottenere. Se lo sciopero è dirottato per interventi “moderatori” del PD soltanto sul fisco o su richieste marginali che non toccano le questioni fondamentali del contendere si dà ragione al sarcasmo di Bonanni. Bisogna che lo sciopero generale della Cgil abbia chiarezza e venga preceduto dalla recessione dagli accordi sulla concertazione, dagli accordi del luglio 2007 e dalla richiesta di ritiro del collegato lavoro sullo articolo 18 e della abrogazione della legge Biagi.
Con la possibilità che si profila di uno scatenamento della inflazione sarebbe anche opportuno chiedere una protezione dei salari e delle pensioni con la reintroduzione di una indicizzazione legata al costo della vita.
Già membro dell'Esecutivo della CGIL e del CNEL, Pietro Ancona, sindacalista, ha partecipato alle lotte per il diritto ad assistenza a pensione di vecchi contadini senza risorse, in quanto vittime del caporalato e del lavoro nero. Segretario della CGIL di Agrigento, fu chiamato da Pio La Torre alla segreteria siciliana. Ha collaborato con Fernando Santi, ultimo grande sindacalista socialista. Restituì la tessera del PSI appena Craxi ne divenne segretario.