Per monsignor Fisichella, rettore della Pontificia Università Lateranense, vescovo ausiliare di Roma (della quale è vescovo papa Benedetto XVI) e “cappellano” della Camera dei Deputati, il diritto canonico considera il Berlusconi due volte sposato, una volta divorziato, adesso solo separato, un pentito che ha sciolto la permanenza col peccato Veronica. Gli è consentio confessarsi e comunicarsi come ogni cristiano dal cuore puro. Il peccato resta sempre di Eva. Quando Veronica Lario ha lanciato l’allarme invitando il marito a curarsi per sfuggire alla tentazione morbosa verso le minorenni, il quotidiano Libero, allora diretto da Vittorio Feltri, ha pubblicato in prima pagina una foto di Veronica attrice: il copione prevedeva si mostrasse a seno nudo. Non voglio ricordare il titolo.
Provo vergogna per chi fa il mio stesso mestiere anche se ha la scusante di essere uomo. Adesso che con Eva-Veronica sono cominciate faticosamente le pratiche del divorzio miliardario, l’anima del Cavaliere si è ripulita: quasi lontano dal peccato incarnato dalla seconda moglie, può fare quella comunione che la Chiesa proibisce ai divorziati. Per Berlusconi la Chiesa fa eccezione vista l’autorità?
«Nessuna eccezione», risponde monsignor Fisichella a Franca Giansoldati del Messaggero. «Capo del Governo non vuol dire privilegio: ci mancherebbe. La Chiesa non ha mai cambiato idea a tal proposito. I divorziati che si sono risposati una seconda volta civilmente non possono accostarsi a questo sacramento. Era ed è così, nulla è cambiato».
Ma Berlusconi…
«Se il presidente del Consiglio prima di accostarsi all’ostia consacrata era nelle condizioni di poterla prendere [cioè aveva confessato ed era stato assolto dei suoi peccati, ndr], nulla glielo vietava».
Perché mai? chiede la giornalista.
«Facciamo subito un po’ di chiarezza. Il presidente Berlusconi, essendosi separato dalla seconda moglie, la signora Veronica, con la quale era sposato solo civilmente, è tornato a una situazione, diciamo così, ex ante. È il secondo matrimonio [ancora valido: B si è solo separato, ndr] che dal punto di vista canonico creava problemi. È solo al fedele separato e risposato che è vietato comunicarsi, poiché sussiste stato di permanenza nel peccato. A meno che, ovviamente, il primo matrimonio non venga annullato dalla Sacra Rota. Ma se l’ostacolo viene rimosso, nulla osta», che il peccatore considerato ex, possa riaccostarsi ai sacramenti.
Quindi B non vive più in stato permanente di peccato? si meraviglia della giornalista Franca Giansoldati:
«Esattamente» risponde monsignor Fisichella.
Dalle sue risposta parte un suggerimento ai divorziati e risposati che vogliono fare la comunione. Risposarsi e successivamente separarsi per creare la situazione «ex ante». Ma se la coppia felice delle seconde nozze non ha intenzione di giocare burocraticamente con i sentimenti e la ragione, e rifiuta le sceneggiate della separazione ritenendola un’ipocrisia indegna di chi ha una fede sicura, queste persone leali restano per sempre escluse dai sacramenti? Monsignor Fisichella confermerebbe.
E se dopo il terzo matrimonio (sempre civile) il maschietto decide di separarsi, può godere dell’«ex ante». Il diritto canonico risponde di sì nella spiegazione di monsignor Fisichella. E a questo punto sarebbe gentile informare Elisabeth Taylor, otto matrimoni, otto divorzi. A 83 anni può godere dei privilegi della «ex ante» e fare la comunione con la benedizione del parroco, nel caso sia cattolica. Resta il problema della signora Veronica: avendo sposato un divorziato viveva il peccato permanente? E adesso, separata, ma non divorziata, gode degli stessi privilegi del marito o l’anima nera è sempre lei?