Alla presentazione del libro di Emanuele Macaluso eravamo solo noi dai capelli bianchi: ogni comunicazione tra presente e passato sembra bloccata. Dopo la discontinuità annunciata da Occhetto alla Farnesina la nostra sinistra vive senza radici e senza storia, privata della sua identità
Sciascia e i comunisti che non hanno diritto alla memoria
16-12-2010
di
Pietro Ancona
A Palermo hanno presentato il libro di Emanuele Macaluso Leonardo Sciascia e i comunisti. Lo illustravano Peppino Di Lello, Michele Figurelli, Gioacchino Lanza Tomasi. Presenti pool antimafia, le figlie di Sciascia e tanti “compagni” in parte canuti e quasi nessun giovane come se la “discontinuità” proclamata da Occhetto alla Bolognina abbia occluso ogni comunicazione tra passato e presente; abbia cancellato o addirittura colpevolizzato il passato.
Oggi viviamo in un tempo-non tempo che non ha radici, non ha storia, non produce storia e non sembra avere un futuro. La fine delle ideologie e cioè l’adesione della sinistra italiana al pensiero unico del capitalismo ha privato ognuno di noi e l’Italia stessa della sua identità. Per questo sento gratitudine profonda per la ricostruzione-rievocazione che Macaluso ha fatto nel suo libro della storia della sinistra siciliana e della vicenda nazionale come la storia di noi quando c’eravamo ed eravamo vivi. La Bolognina per i comunisti ed il craxismo per i socialisti sono stati causa di due guerre perdute quasi per sempre dalla sinistra e dalla cultura italiana ed oggi viviamo in una palude mefitica e siamo nelle mani di personaggi come Marchionne, la Marcegaglia, Berlusconi, Fini…
Macaluso ha scritto un libro sul grande eretico pervaso di nostalgia e commozione. Nostalgia per una stagione della nostra vita in cui si è combattuto il fascismo e si è lottato nella zolfara e nel feudo per riscattare non solo minatori e braccianti, ma il popolo siciliano. Sciascia e i valori di cui era portatore intransigente vengono recuperati pienamente uno ad uno, polemica per polemica. Ne viene fuori la straordinaria attualità di un maestro di libertà e di laicità.
Le polemiche di Arlacchi, Cammilleri, Amendola, del Comitato Antimafia vengono tutte contestate ad una ad una e la “verità” sostenuta da Sciascia sulla politica, sul compromesso storico, sulla magistratura, sul caso Moro, sulla scomparsa di Majorana viene non solo recuperata ma difesa. Macaluso è stato uno dei più importanti dirigenti del PCI. E’ stato nella segreteria con Palmiro Togliatti. Anche se era a sua volta eretico non mi aspettavo da lui una adesione così ragionata, così convincente alle battaglie a suo tempo combattute da Sciascia. Il suo riconoscimento dell’opera di Sciascia è stato accompagnato da una affettività ed una sorta di gratitudine commoventi.
Il punto essenziale di conflitto tra Sciascia e il PCI è stato il compromesso storico inventato da Berlinguer in uno sviluppo particolare del pensiero togliattiano. Il compromesso storico ancor prima della Bolognina è stato causa del disarmo ideologico culturale e alla fine anche morale del partito comunista italiano ancora prima della fine della URSS accettata acriticamente come “fallimento” del comunismo. Il compromesso storico scaturito da una riflessione sul Cile è la dichiarazione di resa del socialismo: non si può governare senza la borghesia. Oggi, nell’era della globalizzazione, sappiamo bene che cosa è la borghesia in quanto classe e di quanto sangue e di quante lacrime sono intrisi i cosidetti valori occidentali che scacciarono il comunismo ed il comunitarismo.
Ecco: sono della opinione che dobbiamo giungere ad una netta nostra separazione dal compromesso storico e dalla Bolognina e naturalmente dal craxismo oggi degenerato in berlusconismo e nell’infame degradazione del sistema politico italiano. Recuperare le ragioni non solo di Marx ma della esperienza del comunismo nel mondo. Spero che ci si voglia dedicare anche a questo. Una rottura con la discontinuità, un recupero pieno dei fili della nostra storia, della nostra identità, del nostro passato che è il nostro solo possibile futuro se vogliamo continuare a credere in un destino migliore dell’umanità.
Già membro dell'Esecutivo della CGIL e del CNEL, Pietro Ancona, sindacalista, ha partecipato alle lotte per il diritto ad assistenza a pensione di vecchi contadini senza risorse, in quanto vittime del caporalato e del lavoro nero. Segretario della CGIL di Agrigento, fu chiamato da Pio La Torre alla segreteria siciliana. Ha collaborato con Fernando Santi, ultimo grande sindacalista socialista. Restituì la tessera del PSI appena Craxi ne divenne segretario.