Tutti i ragionamenti politici sono destinati a cadere di fronte alla logica di una legge elettorale, votata formalmente dalla maggioranza (ma la cui filiazione culturale è toscana) e che nei principi (soglia di accesso e premio di maggioranza, cioè bipolarista con tendenza bipartitica) è veltroniana.
Walter l’ha usata scientificamente per distruggere l’area riformista e di sinistra. C’è quasi riuscito. Ma il successo della parte destruens non ha avuto lo stesso esito in quella construens, perché l’amalgama nel PD non è riuscito. Così, il leaderismo fondato sui bagni di folla delle primarie si è rovesciato contro il PD appena le primarie diventano minimamente competitive. Finché il candidato è interno, ce ne sono più di uno, se è un esterno (per es. Boeri a Milano) non mobilita il partito.
Vendola si è accorto del vuoto e si è reso interprete di pulsioni di sinistra del popolo delle primarie, che rappresenta una parte dell’elettorato, ma non tutto l’elettorato. L’OPA sulle primarie, però, può funzionare soltanto se le elezioni sono anticipate, anzi imminenti, ma rivela tutte le contraddizioni quando si tratta di passare dalla vittoria alle primarie alla vittoria nelle urne vere.
Se l’alleanza PdL-Lega, anche dopo la defezione di Fini, restasse il blocco di maggioranza relativa, a questo spetterebbe il premio di maggioranza del 55% dei seggi alla Camera dei Deputati (a meno che non riesca l’Union sacré o, con terminologia antifascista, il CLN).
Tuttavia, la legge elettorale richiede che una coalizione di liste debba non soltanto avere un programma comune, ma anche un capo della coalizione. In violazione dell’art. 92 della Costituzione viene imposto un candidato premier eletto dal popolo. Sui simboli di liste, non in tutte per fortuna, appare un nome con la qualifica di “presidente”.
Qui la forma di governo parlamentare delineata dalla nostra Costituzione è stato stravolto da una legge elettorale, cioè ordinaria. Tutto sommato, il golpe era riuscito senza colpo ferire. Avete sentito di mobilitazioni per l’abrogazione almeno del premio di maggioranza, a parte un recente conato del PSI?
Al contrario, si sono raccolte le firme per i referendum Guzzetta, che assegnava il premio di maggioranza non più alla coalizione, ma addirittura alla lista di maggioranza relativa. Ma proprio in sede di ammissibilità dei referendum elettorale la Corte Costituzionale ha lanciato il suo avvertimento con le sentenze n. 15 e 16 del 2008. Ma è scattata la protezione dell’ordine giudiziario, che ha deciso che le leggi elettorali per il Parlamento nazionale non sarebbero soggette al controllo di costituzionalità perché l’unico organo competente sarebbero le Giunte delle elezioni delle Camere. . . elette con la legge di sospetta costituzionalità, a elezioni avvenute!
Veniamo al CLN. Per vincere deve avere un capo. Se questi sarà Casini, Montezemolo, Mario Monti (ci manca solo Marchionne) oppure, sull’altro versante, Vendola o Saviano, ebbene allora non si farà il pieno dei voti.
Conclusione: o non si vota con questa legge elettorale ovvero bisogna usarne strumentalmente le particolarità (uso parziale e alternativo). Ma ciò richiederebbe una spregiudicatezza disinteressata, cioè una qualità non diffusa nella nostra classe politica.
In tal caso si dovrebbe individuare un capo della coalizione non candidato/a al Parlamento, che non metta il nome su nessuna lista e che dichiari di non essere candidato/a alla presidenza del Consiglio, perché ama e rispetta la Costituzione nonché le prerogative del Presidente della Repubblica, che pour cause è quel galantuomo di Giorgio Napolitano. Se questo capo della coalizione fosse una donna, ancora meglio, e una casalinga di Voghera sarebbe il massimo.
L’altra soluzione starebbe, invece, in un giudice avesse finalmente il coraggio civile di rinviare la legge elettorale alla Corte Costituzionale. Questo giudice potrebbe esserci, non a Berlino e nemmeno a Strasburgo, dove pure pende un ricorso contro la legge elettorale italiana, ma a Milano. E potrà decidere in tempi rapidi.
La discussione in udienza pubblica è fissata per il 16 marzo 2011.
Se fosse dichiarato incostituzionale il premio di maggioranza, si potranno allora costruire coalizioni tra affini, facendo attenzione soltanto alle soglie di accesso, che al Senato restano elevate a livello regionale. E dopo le elezioni si potranno formare governi di coalizione.
Torneremmo alla Prima Repubblica? E’ un rischio. Ma meno pericoloso che vivere in questa permanente agonia della Seconda.
Dice un proverbio turco: Le notti sono incinte, ma il giorno che partoriranno, nessuno lo conosce.
Felice Carlo Besostri è avvocato e docente di Diritto pubblico comparato all'Università di Milano (facoltà di Scienze Politiche). Sindaco socialista di Borgo San Giovanni dal 1983 al 1988, senatore dal 1996 al 2001. È condirettore de “L'Avvenire dei Lavoratori” di Zurigo.