Forse siamo vicini ad una svolta: Berlusconi è in grave difficoltà. Ma nel centro-sinistra si continua a litigare: Veltroni vs. D'Alema, Casini e Letta vs. Di Pietro, Vendola vs. Diliberto, Grillo contro tutti (e tutti contro Grillo). Le prossime elezioni saranno l'ultima spiaggia per chi non vuole rassegnarsi al declino dell'Italia
Se i falegnami dell’opposizione continueranno a prendersi a legnate resteremo il paese di Pinocchio
13-09-2010
di
Norberto Lenzi
Sembra possibile nel paese una svolta. Bossi parla di pantano, ma questa volta pare che nella melma si trovino loro. Per la prima volta Berlusconi non ottiene quello in cui era sempre riuscito nel passato. Alla fine, dopo qualche svogliata battaglia, qualcuno aveva sempre ceduto e qualcuno sempre firmato. Oggi una legge liberticida come quella sulle intercettazioni giace dimenticata, il famigerato processo breve sembra finalmente essere diventato indigesto ai finiani (che evidentemente hanno uno stomaco più delicato alla Camera rispetto agli struzzi del Senato). Il ponte tibetano di Vietti per il legittimo impedimento potrebbe crollare prima che Berlusconi sia riuscito a percorrerlo tutto. E lui non è Indiana Jones che può rimanere appeso a lungo sul precipizio. Questo almeno è quanto appare, ma ricordiamo che le apparenze a volte ingannano: per questo le chiamiamo apparenze.
Non sappiamo se l’audacia di Fini corrisponde ad un rigurgito adolescenziale per la X Mas (Memento Audere Semper) o, sperabilmente, alla consapevolezza di essere supportato da poteri che lo spalleggeranno. La Chiesa potrebbe ritenere di avere già succhiato tutto il miele possibile da Berlusconi e rivolgersi ad altri alveari. La Confindustria potrebbe rendersi conto che la equazione Governo amico – Governo efficiente è troppo difficile da decifrare. La spregiudicata liason con Gheddafi (al quale la Santanchè non ha ritenuto opportuno ricordare che Maometto era pedofilo) potrebbe avergli creato qualche problema con le democrazie occidentali.
Anche la opposizione comincia quindi a credere in un risultato positivo delle elezioni. Ma puntualmente, come sempre accade quando alla sinistra si apre uno spiraglio per la vittoria, cominciano le sue supponenze e le sue divisioni, per non parlare della iettatoria vendita della pelle dell’orso. Le gioiose macchine da guerra hanno presto messo il broncio, le bicamerali e gli sgambetti a Prodi hanno ridato ossigeno ad un imprenditore in affanno, le vocazioni maggioritarie di Walter l’Africano hanno fatto il resto.
Ora comincerà un convulso lavoro di falegnameria per la costruzione degli steccati. È vero che in politica ci sono sempre stati: quello per difenderci dal comunismo al tempo del bicameralismo imperfetto, quello (dimostratosi più valicabile) nei confronti del MSI. Oggi si comincia ad innalzarne dappertutto. C’è quello reciprocamente eretto da Casini e di Pietro, quello di Enrico Letta contro Di Pietro e Vendola, quello di Vendola contro Diliberto, quello di tutti contro Grillo, che invece non ritiene di costruirne nessuno avendo la pretenziosa intenzione di saltarli tutti.
Bisogna invece cercare le maggiori intese possibili nella consapevolezza che le prossime elezioni potrebbero essere veramente l’ultima spiaggia. Certo mirando alla maggiore omogeneità e linearità possibili, ma impedendo frazionismi e tatticismi dettati da egoismi di politicanti che non tengono conto degli interessi generali ma perseguono in modo non più accettabile il loro “particulare”. Lo slogan potrebbe essere, parafrasando il Maestro, “chi è senza steccato scagli la prima pietra”.
Poi però bisognerà veramente aprire ad un rinnovamento della classe politica da più parti ritenuto non più rinviabile. Sarà un gran giorno quello in cui Fassino e D’Alema anziché dire “abbiamo una banca” potranno esclamare con lo stesso senso di soddisfazione “abbiamo una panca” (ai giardinetti).
Norberto Lenzi, magistrato in pensione. Pretore a San Donà di Piave e a Bologna fino all'abolizione delle Preture (1998), è stato giudice unico del Tribunale e consigliere della Corte di Appello di Bologna.