Non in Iraq, ma in Germania. Nelle omelie la “Papessa” protestante chiedeva la pace in Afghanistan, rispetto alla natura, attenzione ai giovani trascurati. Linguaggio chiaro che infastidiva i politici di Berlino. Ed è diventata una sorvegliata speciale. Al primo errore – un bicchiere in più prima di guidare l’auto – portata in caserma come straniera sconosciuta. Ha rinunciato al vescovado e a guidare la Chiesa protestante tedesca: “Non avrei più la libertà di dare indicazioni etiche”
Anche se a lei certamente il paragone non piacerebbe, provate a immaginare Benedetto XVI° attraversare un semaforo rosso alla guida di un’automobile. E, se ci riuscite, fate uno sforzo e pensate che dietro all’angolo ci sia la polizia pronta a verificare il grado alcolico presente nel sangue del Papa. Ora immaginate che le analisi diano un chiarissimo responso: 1, 54 per mille, ben oltre il limite previsto. Insomma, un Pontefice ubriaco in giro per Roma a tarda sera.
D’accordo, terminiamo qui l’esperimento d’immaginazione e torniamo al reale. I fatti descritti non riguardano il Papa cattolico, ma Margot Käßmann, la “Papessa” (anche questa è una qualifica che la farebbe inorridire!) della Chiesa protestante tedesca, Vescova di Hannover, eletta pochi mesi fa alla massima carica prevista nel mondo protestante.
Di gente ubriaca che gira in macchina a tarda sera ce n’è tanta, in Germania come in Italia. A volte si tratta di politici o di personaggi dello spettacolo, che quasi sempre riescono a far dimenticare in breve tempo i loro palesi errori, sempre che la storia emerga e non ci sia qualche funzionario disposto a chiudere entrambi gli occhi per accondiscendenza verso l’illustre fermato.
Il caso di Margot Käßmann è in molti sensi diverso. Innanzitutto la Vescova è stata non solo fermata, ma accompagnata al posto di polizia come fosse una perfetta sconosciuta, mentre la sua notorietà in Germania è paragonabile a quella dei politici di primo piano. Ad Hannover poi è di casa. La correttezza istituzionale della polizia è quindi il primo elemento positivo in una storia che certo edificante non è.
Interrogata dalla polizia, la Vescova ha subito ammesso di aver bevuto un bicchiere di vino, mentre le analisi, inesorabili, hanno poi segnalato un consumo più elevato. “Sono sconcertata del mio comportamento”, ha dichiarato alla stampa quando martedì il fatto è divenuto pubblico. “Sono consapevole di quanto sia pericoloso e irresponsabile guidare in stato d’ebrezza. Ovviamente mi farò carico di tutte le conseguenze giuridiche della mia azione”.
Dopo giornate tormentate, lacerata tra gli attacchi dei media, che biblicamente (e cinicamente) le rimproveravano di versare acqua e di bere vino, e le moltissime manifestazioni d’affetto espresse dalla popolazione, Margot Käßmann ha deciso di assumersi le proprie responsabilità ed ha dato le sue dimissioni sia da Presidentessa della Chiesa protestante tedesca (EKD) che da Vescova della diocesi di Hannover. Continuerà invece a svolgere il ruolo di pastore.
Mercoledì, in una sala stampa gremita di cronisti, di fronte a molti collaboratori vicini al pianto, Käßmann ha ripetuto di essere consapevole dell’errore commesso e si è detta estremamente dispiaciuta di aver danneggiato il suo ufficio e la sua stessa autorità ecclesiale. “Non avrei più la libertà che ho avuto finora d’indicare le sfide etiche e politiche e di valutarle”, ha spiegato.
Le sue dimissioni, che il consiglio della Chiesa protestante aveva espressamente dichiarato di non volere, hanno gettato nello sconforto moltissime persone, credenti e non, che guardavano a lei con rispetto e speranza. Non a torto era stata definita la “pop star del protestantesimo”, non solo per l’impatto mediatico che ogni sua iniziativa riusciva ad avere, quanto per la sua carismatica capacità d’intervenire su temi controversi ma di rilevanza sociale e di farlo sempre con un linguaggio accessibile a tutti. Le sue omelie non erano mai banali, riuscivano a trattare con umanità e senza supponenza ogni grande questione del nostro tempo: dal dissesto ecologico alle ingiustizie sociali, dalle disuguaglianze nello sviluppo sociale dei vari paesi ai conflitti armati. Lo faceva con coraggio e all’interno di una linea pastorale orientata all’umano, ben sapendo che nessuno è perfetto, e al tempo stesso al messaggio evangelico, che aveva particolarmente sottolineato. Lei stessa, d’altra parte, non aveva esitato a mostrare, peraltro senza alcun esibizionismo, anche la sua umanità anche in situazioni difficili: come quando aveva annunciato di essere stata colpita da un tumore al seno o allorché aveva divorziato dal marito, anche lui pastore protestante, dopo 27 anni di matrimonio e la nascita di quattro figlie. La sua popolarità non ne aveva risentito; al contrario la sua ammissione di fallimento matrimoniale le aveva procurato l’affetto di molti. La sua parola era sempre credibile e piena di umanità ed era riuscita persino ad invertire la tendenza che vedeva da anni, anche nel mondo protestante, diminuire il numero dei credenti. Larga parte del mondo politico la guardava con diffidenza, soprattutto da quando recentemente aveva concentrato la sua attenzione sulla presenza di soldati tedeschi in Afghanistan.
“Nulla va bene in Afghanistan”, aveva detto durante l’omelia natalizia. “A quanto pare le armi non sono in grado di creare la pace. Abbiamo bisogno di più fantasia per la pace, per altre forme capaci di eliminare i conflitti”. Queste semplici affermazioni – inserite in un contesto generale in cui parlava anche dei problemi climatici, dell’aumento della povertà minorile e della diffusione delle depressioni (con un accenno al suicidio del portiere dell’Hannover 96, Enke) – erano state oggetto di critiche sia da parte del governo tedesco che di esponenti del partito socialdemocratico. Anche in quella occasione, come nel passato, Margot Käßmann aveva cercato il dialogo, senza paure e reticenze, anche con i massimi responsabili del ministero della difesa o con semplici soldati.
“Tutto è nelle mani di Dio”, aveva concluso la sua predica, “e sono fiduciosa di non poter cadere più in basso che nelle mani di Dio”. Queste sono state anche le sue ultime parole prima delle dimissioni con le quali la Germania perde una voce libera, forte e veritiera. E non è poco in un mondo di sepolcri imbiancati.
Antonio Umberto Riccò, ex dirigente scolastico, si è occupato per molti
anni della scolarizzazione dei figli di emigrati italiani in Germania
Hannover. Cura con altri amici il sito www.aussorgeumitalien.de. Ha
pubblicato presso l'editrice alpha beta di Merano i romanzi "Biscotti al
cardamomo" (sui profughi afgani in Italia, 2009) e "C'era in Germania un
Girasole" (sulla dittatura nella Germania Orientale, sett. 2010). Web:
www.antonioricco.it e www.antonioricco.eu