Sicilia, principio degli anni Quaranta. A Roccazzelle, minuscolo paesino abbracciato dal mare, la povertà è di casa e la gente è abituata da sempre a contentarsi di quel che la terra o la pesca le offre. La guerra si sente da lontano, più come assenza di padri e di figli, striminziti in una divisa e spediti inconsapevoli al fronte, che come rivoluzione della vita quotidiana.
Qui vive Gesù, tredici anni passati da solo tra scogli e trazzere a offrire al sole la pelle. “Gesù, che non era alto e aveva poca carne sulle ossa, pur s’era ferrigno a vedersi, sembrava potesse prendere il volo da un minuto all’altro e per soffio di vento sollevarsi e svuliàre come tanti fogli di carta già svuliavano sulla statale, incapace di posare per assenza di peso”. Gesù, che non ha paura delle profondità del mare, e teme soltanto, come i maschi della sua età, la buffa, la femmina del rospo che, se uno la guarda negli occhi, gli fa l’incantesimo e non cresce più.
Ma ad incantesimarlo all’incontrario, d’una fattura che lo farà crescere quasi d’improvviso, è l’arrivo di Tea, misteriosa coetanea che in più, come se i capelli biondi non bastassero, tiene due occhi chiari, non celesti né grigi, o forse più vicini al grigio. Il segreto di quegli occhi è presto svelato – Tea è cieca per colpa d’una rara malattia -, ma ben altri sono i segreti che la ragazzina tiene chiusi in sé stringendosi al petto il violino, anzi la viola d’amore, che suona con incomparabile grazia: “Come il Vulcano quando prepara l’eruzione per pauroso boato s’annunzia, poi tace a un secondo dall’epifania, così tormento rabbia strazio dolore intanavano nelle viscere di Tea, ma non passavano mai oltre lo steccato di contenimento. Intrappolati, restavano sott’ossa sottopelle… Così quelle timide carni chiare, che a malapena lasciavano intuire la sagoma d’una ragazza, covavano granai di dolore».
L’incontro di due dolenti solitudini, tanto simili tra loro, si fa cammino di reciproca liberazione dai peccati subìti e incrocia, tra verità e fantasia, la storia della Liberazione del nostro paese, che inizia proprio da lì, dallo sbarco americano sulle coste di Sicilia. Raccontata con la straordinaria musicalità di una prosa spesso indistinguibile dalla poesia, l’avventura di Tea e Gesù forse incantesima anche noi, resi disavvezzi alle malie dell’immaginazione da una vita che corre su binari.
Silvana Grasso, L’incantesimo della buffa, Marsilio 2011
Federica Albini, laurea in filosofia. Ha insegnato negli istituti statali. Nel 1994 lascia il mondo della scuola per avventurarsi nell’editoria. È redattrice in uno studio editoriale. Vive a Piacenza, lavora a Milano.