Diario di Daniela Miotto che “non ce l’ha fatta” guardare dalla finestra bandiere e proteste contro le elezioni truccate. Si è mescolata, sfilando nel corridoio dei “soldatini infreddoliti” costretti all’obbedienza al vecchio potere
Sette giorni a Mosca fra la folla che infiamma le piazze: chissà se Putin ha preso appunti
12-12-2011
di
Daniela Miotto
Mosca – Sabato 10 dicembre, non ce l’ho fatta a starmene a casa. Dopo due anni di vita a Mosca mi sono sentita in dovere di scendere in piazza contro Putin.
Tutto è cominciato una settimana fa, alla proclamazione dei falsi risultati elettorali. La voce che girava era di un secco 26% a favore del partito Russia Unita e non il 49% millantato dal Cremlino. Il popolo di internet ha cominciato ad interrogarsi, i blogger hanno contestato dati, notizie e verità: susseguirsi di voci, appuntamenti, tanta indignazione. Nella tarda serata di lunedì nasce la prima protesta a Christie Prody un gruppetto di ragazzi fedeli al blog di Alexei Navalny anima una riunione spontanea. Alexei resta su un marciapiede lontano da tutti, volutamente fuori dalla mischia e protetto dal “box” , servizio d’ordine di amici che non permettono a nessuno di avvicinarsi. Di colpo la carica della polizia contro i ragazzi che urlavano slogan ormai stanchi della farsa elettorale. E’ bastato un attimo e Alexei è stato portato via con forza assieme ad un gruppo di manifestanti, altri ragazzi vengono colpiti, cadono a terra, cominciano pestaggio ed arresti. Il blog Navalny che a Mosca seguiamo per avere notizie fuori dal coro della nomenclatura tace per due giorni. Finalmente Julia racconta che Alexei è stato trascinato in una stazione della polizia in periferia: interrogato e condannato a 15 giorni di prigione. Julia pubblica la fotocopia della sentenza. Da quel momento esplodono rabbia, indignazione, voglia di verità. Nascono pagine di facebook e hashtag di twitter per organizzare la protesta contro tutte le menzogne che il Cremlino continua a raccontare. Interviene il vecchio Gorbaciov: “ Elezioni da annullare “. In un lampo facebook raccoglie più di 35.000 adesioni, tutti promettono di andare alla manifestazione di sabato, non è più possibile fare finta di niente. Le voci cominciano a prendere forza, la città si friempie di poliziotti. Elicotteri sorvolano strade e boulevard. Dalla finestra del mio studio vedo atterraggi atterraggi nell’eliporto del palazzo vicino alla Lubianka. Rumore assordante, gente che sale e gente che scende, non era mai successo. Internet va e viene, riesco a collegarmi poche ore al giorno e poi il segnale misteriosamente sparisce. Il governo finalmente parla: siamo in un paese democratico quindi la gente può manifestare dissenso. Ecco che il popolo “riceve” il permesso di contestare. Bene! Ma arriva subito la doccia fredda: la manifestazione in Piazza Rivoluzione ( mai nome così adatto) è autorizzata per 300 persone. E le altre 34.700 dove vanno? Internet esplode: “Andremo TUTTI in Piazza della Rivoluzione e non solo i trecento fortunati”
In Russia il potere fa le cose perbene, sono bravi a combattere il dissenso, anni e anni di allenamento. Nella notte di giovedì l’acquedotto di Mosca “misteriosamente” va uin tilt proprio in Piazza della Rivoluzione, grandi scavi e transenne ovunque. Ecco fatto i contestatori sono serviti. Ma l’imbroglio dell’acquedotto però non scoraggia nessuno e con un giro di twitter ( potenza della tecnologia..) viene cambiato posto: tutti in Piazza Bolotnaya. Sabato due del pomeriggio, cielo grigio che di più non si può. Nevischio gelido, città che sembra occupata dalle forze del male. Piazza Rossa e Cremlino inaccessibili, strade sbarrate da camion dell’esercito messi di traverso e la piazza immensa resta isolata dal mondo con le sue cupole colorate di San Basilio. Per raggiungere la piazza della manifestazione sono ho attraversato un chilometrico corridoio umano lungo le strade della città : soldati in tenuta antisommossa, casco integrale nero e manganello in mano, noi un’interminabile processione di uomini, donne, anziani e ragazzi col fiocco bianco in segno di protesta. Un lungo cordone in marcia su questa strada obbligata, senza possibilità di variazione, eppure tutti tranquilli, nessuna voglia di cercare guai. I soldati controllavano coi metal detector ma senza arroganza. Moltissimi i tweet rivolti anche a loro per chiedere solidarietà e comprensione. Devo dire che mi sembravano soldatini infreddoliti, caricati e scaricati da camion militari parcheggiati ovunque. Non ho mai visto così tanta polizia nella mia vita. La manifestazione di Mosca è andata bene ( ma si parla di molti arresti a San Pietroburgo). Tantissima gente, ponti pericolosamente gremiti, strade che traboccavano di persone di ogni tipo, infinite le bandiere colorate, cartelli, striscioni tanti anziani con attaccate al collo fotografie e scritte di protesta. Ho ascoltato molti discorsi, la gente applaudiva,gridava e sembrava veramente felice di poter dire – finalmente – ciò che pensava. Non so se tutto questo porterà a qualcosa ma la prova di democrazia è riuscita in un paese dove normalmente “ democrazia “ resta una parola sconosciuta. Il Cremlino non potrà fare finta di niente, questa volta la gente si è espressa in modo civile ma fermo. Spero che Alexei dalla sua prigione abbia saputo e sia pronto a tornare carico più che mai per denunciare ancora tutto ciò che non va. Infine spero che Putin abbia visto e sentito bene le urla di rabbia della gente. Sarebbe bene avesse preso appunti. E soprattutto capito lo slogan che faceva da leitmotiv:”Let us show that we are not a CROWD, we
Daniela Miotto insegna a Torino, dove vive quando suo marito non la trascina in giro per il mondo. Attualmente abita a Mosca senza conoscere una parola di russo. Sbircia il mondo a volte senza capirlo, ma è convinta che curiosare sia una delle attività più stimolanti e divertenti che si possano fare